La ripresa del settore turistico, le nuove regole su coprifuoco e piscine, l’investitura di Conte come capo politico del Movimento 5 stelle, il piano del Tesoro sul fisco: questi i temi che dominano le prime pagine dei maggiori quotidiani nazionali di oggi (lunedì 7 giugno).

“Sette regioni senza divieti. Coprifuoco a mezzanotte in tutta Italia. Visco: la ripresa sarà difficile, nuove tutele per il lavoro. In zona bianca riaprono piscine e parchi a tema. Domani si decide sulle discoteche” titola il Corriere della Sera, mentre Repubblica apre con “Il turismo esce dal virus. Le prenotazioni per le vacanze sono aumentate del dieci per cento rispetto allo scorso anno. Roma chiede a Bruxelles di anticipare il green pass al 15 giugno. Altre quattro Regioni in bianco. Da oggi coprifuoco a mezzanotte, pressing per il sì alle discoteche”. 

Tema diverso per la Stampa: “Casaleggio e l’addio al 5MS: ‘Violate le regole, basta così’. ‘Rousseau resta spazio laico per tutti, mio padre se ne sarebbe andato prima di me’. Intervista al figlio del fondatore: anche Conte premier grazie al ‘mio’ movimento”. E anche per il Messaggero: “Il piano del Tesoro sul fisco: debiti cancellati dopo 5 anni. Flop riscossioni, allo studio nuove regole per concentrare gli sforzi nei recuperi. Ancora inevasi circa mille miliardi tra multe, imposte e contributi non pagati”. 

Apertura differente per il Giornale: “Follia sinistra: vogliono farci cantare ‘Bella ciao’ per legge. Proposta Pd-Leu-M5s: alle cerimonie del 25 aprile la canzone partigiana suonata dopo l’inno”. Ed ecco il titolo di Libero: “L’asse Lega-Forza Italia spaventa: sinistra terrorizzata. I progressisti fanno a gara per sminuire il progetto di federazione tra Carroccio e Fi. Pd e compagni temono di perdere peso nel governo Draghi e nei giochi per il Colle”. 

Il Fatto Quotidiano apre con “Conte, prime sfide a Draghi: licenziamenti, green e Anac. Nuovo capo 5 stelle: dopo 100 giorni di afasia al governo, il referente è lui”. Infine, il Sole 24 Ore: “Affitti e Covid: case e negozi puntano sui bonus. Vacanze, forti rialzi. La pandemia spinge il canone agevolato. Caso per caso il nuovo tax credit. Estate da tutto esaurito, prezzi +2-5%”. 

Le interviste
“Licenziamenti, il blocco duri fino a ottobre”: questo il titolo dell’intervista al segretario generale della Cgil Maurizio Landini, pubblicata sabato 5 giugno sul Corriere della Sera. Il leader sindacale annuncia che, al Comitato direttivo della Confederazione, è stato deciso di “proseguire la mobilitazione unitaria con Cisl e Uil per ottenere il tavolo di trattativa che abbiamo chiesto a Draghi per cambiare la decisione presa sullo sblocco dei licenziamenti, avviare la riforma degli ammortizzatori sociali e discutere di nuove politiche industriali legate al Pnrr”. Una mobilitazione che potrebbe anche sfociare nello sciopero generale: “Nulla può essere escluso. Lunedì e martedì incontreremo i gruppi parlamentari. Dipenderà dalle risposte che arriveranno dal governo e dalle forze politiche”.

Per il leader sindacale il problema è “il troppo lavoro precario e senza tutele, non il blocco dei licenziamenti. Invece di cambiare le leggi che hanno favorito precarietà e bassi salari, ce la vogliamo prendere col blocco dei licenziamenti”. Riguardo il resto d’Europa, dove questo blocco non c'è, il segretario generale Cgil ricorda che “negli altri Paesi hanno ammortizzatori sociali e politiche attive del lavoro che noi non abbiamo. E poi, se l'economia riparte, preoccupiamoci di creare posti di lavoro di qualità, non di licenziare”. Al presidente Draghi, dunque, i sindacati chiedono “la proroga del blocco per tutti, almeno fino alla fine di ottobre, tanto più che in questa fase le aziende possono usare gratis la cassa integrazione. Siccome si stanno dando tanti finanziamenti alle imprese, questi dovrebbero essere condizionati almeno al mantenimento del lavoro”.

Per uscire dal blocco dei licenziamenti, spiega il leader sindacale, occorre “incentivare i contratti di solidarietà, non vincolandoli più al fatto che l’azienda abbia perso almeno il 50% del fatturato; estendere il contratto di espansione; avere un sistema funzionante di politiche attive del lavoro e di formazione e una riforma per ammortizzatori sociali universali, non solo quindi per i lavoratori dipendenti, ma per tutti”. Adesso, aggiunge, è il momento di concentrarsi sul “far ripartire gli investimenti e i consumi, anziché sullo sblocco dei licenziamenti. Creiamo posti di lavoro”.

Il segretario generale Cgil risponde anche a quelle aziende che lamentano di non riuscire a trovare la manodopera di cui hanno bisogno: “In alcuni settori, penso in particolare al turismo, c'è il problema di pagare di più i lavoratori (…) ci sono sia contratti scaduti da troppo tempo sia contratti che non vengono applicati. Per anni si è teorizzato che flessibilizzare il lavoro avrebbe risolto tutto e ora ne paghiamo il prezzo”. Landini evidenzia che in Italia “la massa salariale è calata in un anno di 37 miliardi e ci sono tanti poveri che sono tali pur lavorando, basti pensare a coloro che fanno il part time involontario. Non si può essere poveri lavorando. Bisogna aumentare i salari. Salari migliori significano consumi e ripresa”. Il segretario generale Cgil così conclude: “Noi abbiamo chiesto di dare validità generale per legge ai contratti, cancellando così i contratti pirata. E poi ci vuole una riforma del fisco che aumenti il netto in busta paga e le pensioni”.

Gli editoriali
L’allarme sulla scarsità di mano d'opera: parte da qui la riflessione dell’ex premier Romano Prodi sul Messaggero di domenica 6 giugno. “In primo luogo si tratta di segnali di scarsità che colpiscono i più diversi livelli di specializzazione”, spiega: “Al piano più elevato non sono disponibili ingegneri, né esperti di computer, né operatori sanitari, né specialisti di tanti altri settori. Le imprese del Nord continuano a rivolgersi alle università del Sud ma, in molte specializzazioni, anche questa risorsa sta dimostrando i suoi limiti”. Prodi segnala anche la forte ripresa dell’edilizia, ma “gli immigrati romeni, albanesi o marocchini faticano a ritornare e la mobilità interna è resa più difficile da un combinato disposto di alti costi di trasferimento, bassi salari e sussidi pubblici che rendono meno conveniente rientrare nel mercato del lavoro”.  

Nello stesso tempo “quasi nessuno dei nostri emigranti ritorna in Italia dall'estero: non gli scienziati o i medici, ma nemmeno i cuochi o i baristi. La ragione è assai semplice: in Germania, Svizzera e Francia essi hanno migliori possibilità di carriera e, soprattutto, sono pagati molto di più (…) Pensiamo alle decine di migliaia di docenti meridionali che insegnano al Nord e che da sempre premono per ritornare nelle loro regioni di residenza. Lo fanno anche per ragioni personali, ma soprattutto perché, sommando le spese dell'alloggio e dei trasferimenti, non rimane denaro sufficiente per mantenersi e, ancora meno, per mantenere la famiglia”. 

Ancora più problematico si presenta il quadro “dei milioni di persone che operano con contratti precari nei settori nettamente sottopagati, come i servizi alle persone, le pulizie o le altre infinite mansioni ausiliarie. Non è pensabile che una persona faccia un lavoro il cui salario non gli permette nemmeno di uscire dalla lista di povertà. Il problema dei lavoratori sottopagati e degli squilibri salariali esiste quasi ovunque nel mondo e ovunque si è aggravato negli ultimi tempi, ma in Italia ha assunto una dimensione e una pesantezza molto superiore a quella dei Paesi con i quali dobbiamo confrontarci, come la Francia, la Germania o la Gran Bretagna”. 

Per Romano Prodi occorre “diminuire le imposte sul lavoro, in modo da lasciare ai lavoratori qualche soldo in più. Decisione che attrae un consenso totalitario ma che, per avere una certa efficacia, deve raggiungere una misura elevata e richiede quindi un aumento di altre imposte. Questa logica decisione, in un Paese in cui solo il parlare di imposte ti fa perdere le elezioni, trasforma un obiettivo doveroso in un traguardo quasi impossibile”. L’unica possibilità di procedere in questa direzione è che si entri “in una fase di crescita economica. Ora tutti gli elementi ci spingono a concludere che questa fase stia cominciando (…) È perciò ora di cominciare a riflettere sugli strumenti da adottare perché questa ripresa si sposi con un progressivo miglioramento della giustizia distributiva”.

“La supertassa contro gli egoismi”, questo il titolo dell’economista Francesco Guerrera, pubblicato sulla Repubblica di oggi (lunedì 7 giugno).  “L'accordo raggiunto sabato a Londra dai ministri delle Finanze del G7 sulle imposte alle multinazionali è solo una tessera nel puzzle di come tassare grandi aziende, dannare i paradisi fiscali e punire quelli che Lucio Dalla chiamava ‘i troppo furbi’. Ma in senso lato, l'intesa (…) è un potentissimo ripudio delle politiche populiste, egoiste ed egemoniche che hanno caratterizzato le relazioni internazionali degli ultimi anni”. È dunque tornato il “multilateralismo, dopo gli anni bui di Donald Trump”, ma l'Europa “non può scagliare la prima pietra, vista la recente proliferazione di ‘tasse digitali’ (in Paesi come l'Italia, la Francia e la Spagna) create esclusivamente per colpire le grandi di Silicon Valley”. 

Il giornalista finanziario evidenzia che “tutti i protagonisti del summit hanno dato credito a Janet Yellen, il ministro del Tesoro di Joe Biden, per aver negoziato l'accordo. Anche questa è una caratteristica fondamentale della diplomazia multilaterale: sta al Paese più forte fare i compromessi più significativi. Solo così può chiedere alle altre parti di fare dei sacrifici. In questo caso, gli Usa hanno accettato che i colossi del Web (da Apple a Google, da Microsoft a Facebook) dovranno pagare più tasse ai governi dei Paesi in cui operano e generano profitti. La decisione ha placato i ‘grandi’ dell'Unione Europea (Germania, Francia, Italia e Spagna) che ora dovranno persuadere membri come l'Irlanda a mettersi in riga. In cambio, Biden ha ottenuto un'intesa su un'aliquota globale minima del 15%. È una concessione che permette al presidente Usa di alzare le tasse sulle società americane senza temere che ‘scappino’ nei paradisi fiscali”. 

La Cgil
L’apertura di Collettiva è dedicata a LAW, l’Osservatorio della Cgil Emilia Romagna sulla criminalità organizzata nella regione, di cui oggi è prevista la presentazione in diretta streaming su Collettiva.

Da non perdere sono la storia di discriminazione subita dalla transgender marchigiana Francesca, l’editoriale della vicesegretaria generale Cgil Gianna Fracassi sulle politiche pubbliche e sulla necessità della riconversione ecologica, gli articoli del nuovo numero di Idea Diffusa dedicato ai temi della ricerca e dello sviluppo sostenibile, il nuovo progetto “Modello Matera” messo a punto dai sindacati territoriali, la morte sul lavoro di due operai in un’azienda vinicola di Cuneo, il presidio sindacale a Bologna sul tema della sicurezza sul lavoro.

Da sottolineare sono anche il reportage sulla libreria indipendente Bertoni di Venezia, la petizione online della Flai Cgil per la protezione dei pescherecci italiani dalle aggressioni della guardia costiera libica, la denuncia della Filcams Cgil sulla situazione dell’occupazione nel turismo, l’impegno della Cgil per la Giornata mondiale dell’ambiente, la “Settimana dell’emergenza lavoro” organizzata dalla Fiom Cgil Sardegna, la legge della Regione Toscana sulla salute e sicurezza dei rider.

Per la rubrica “Buona Memoria” il ricordo dell’ultima giornata del segretario del Pci Enrico Berlinguer, colto da malore il 7 giugno 1984 durante un comizio a Padova.

L’agenda degli appuntamenti
Per il quadro completo di tutti gli appuntamenti Cgil, vedi l’agenda di Collettiva.