“Per affrontare e contrastare una fase straordinaria sono necessarie politiche coraggiose. La crisi ci impone una rivoluzione delle priorità, un cambiamento collettivo che ponga al centro delle politiche la persona e i suoi bisogni primari - a partire dalla salute- il territorio e l’ambiente.” 
Dall’emergenza ad un nuovo modello di sviluppo. Documento approvato dal Direttivo nazionale Cgil, luglio 2020. 

Per affrontare la fase economica e sociale che sta attraversando il nostro Paese continuiamo a pensare che sia necessario cambiare profondamente le politiche pubbliche messe in campo in passato. Le trasformazioni e i processi determinati dalla crisi pandemica e contestualmente da quella climatica e dalla digitalizzazione determinano nei fatti una cesura. È quindi compito del nostro paese saper cogliere i bisogni ma anche le opportunità con interventi lungimiranti e pensati per dare risposte ai bisogni delle persone, del territorio e dell’ambiente. Ma c’è di più. È indubitabile che tutto ciò sarà possibile solo se il sistema della conoscenza sarà valorizzato e rafforzato, perché giocherà un ruolo essenziale sia per quanto riguarda la costruzione di nuove competenze e conoscenze nel lavoro sia per sostenere lo sviluppo. 

Partiamo da un quadro problematico per quello che riguarda la spesa in ricerca sul Pil dell’Italia (1,4%) contro la media Ocse del 2,4% e la condizione di elevata precarizzazione e la bassa retribuzione del settore. Questi due aspetti sono fondamentali per qualificare e sostenere il sistema della ricerca pubblica che, nonostante il colpevole impoverimento messo in campo dalle politiche sconsiderate degli ultimi vent’anni, ha eccellenze diffuse nelle oltre cento quaranta istituzioni che fanno ricerca tutti i giorni e che sono gli enti di ricerca e le università italiane. Dalla ricerca in campo sanitario, agli ambiti legati al territorio e alla sua difesa, agli ambiti umanistici fino agli orizzonti legati alla dimensione digitale e alle frontiere dell’intelligenza artificiale, l’elenco non esaustivo dimostra un patrimonio diffuso di conoscenze e scoperte scientifiche fondamentali per sostenere un nuovo modello di sviluppo e allo stesso tempo sostenere e indirizzare la specializzazione produttiva del Paese. 

Spesso c’è da chiedersi se il decisore politico conosca questo grande valore e perché in questi anni abbia sottovalutato quanto importante sia per lo sviluppo del paese la ricerca pubblica a differenza di quanto avvenuto negli altri paesi europei, se vogliamo volgere lo sguardo solo attorno a noi. 
Il piano nazionale di ripresa e resilienza riconosce la ricerca scientifica tra le priorità di investimento pubblico e colloca circa 12 miliardi in questa componente. Il problema che ci sembra tutto molto spostato sul versante del trasferimento tecnologico e ancora molto poco sulla ricerca di base, oltre ad ignorare altri ambiti della ricerca pubblica. Inoltre, rimangono ancora insufficienti per incentivare i giovani ricercatori, soprattutto in assenza di un rilevante piano di assunzione di giovani ricercatori e di stabilizzazione del precariato. 

Non vogliamo sottovalutare l’importanza del trasferimento tecnologico e della necessità di maggior collegamento con il sistema produttivo del paese (che investe poco in ricerca) ma su questo punto c’è un rilevante vulnus che riguarda il governo e la definizione delle politiche industriali del Paese. Infatti per affrontare le trasformazioni e le opportunità determinate dalla transizione green oltre che dalla digitalizzazione serve, è indispensabile un coordinamento e un forte indirizzo dello Stato. 

L’esempio della riconversione ecologica delle produzioni piuttosto che la nascita di filiere nuove legate alle energie rinnovabili può verificarsi solo se c’è un fortissimo sostegno pubblico, che non significa solo risorse ma soprattutto un deciso protagonismo rispetto alle scelte del mercato. E questo protagonismo deve ovviamente non solo vedere la ricerca pubblica come fulcro fondamentale ma anche un orientamento che per esempio possa superare i divari territoriali, aree interne e Mezzogiorno in primis. Questo ruolo di governo è tanto più importante se consideriamo lo sviluppo del paese nel suo insieme, ritenendo fondamentale ad esempio il patrimonio culturale e paesaggistico del paese.

Per questo è fondamentale garantire omogeneità del sostegno e degli investimenti a tutti gli ambiti sia umanistici che scientifici della ricerca pubblica, tema che si può verificare solo con una forte governance delle istituzioni che a questo fine sono preposte. Un anno fa tre ricercatrici riuscirono ad isolare il ceppo italiano del coronavirus, un contributo rilevante alla lotta al Covid, specialmente nella ricerca di nuovi farmaci e vaccini. Erano precarie e probabilmente lo sono ancora. Oltre il clamore mediatico e la scoperta (di alcuni) della qualità della ricerca in ambito sanitario che il nostro paese esprime, il punto centrale di questa vicenda è la condizione di precarietà di tanti, troppi ricercatori nel nostro paese. Questa ci sembra la vera “riforma” e l’investimento per cambiare e qualificare il sistema della ricerca. Andare oltre le parole e con concretezza dare risposte a chi tutti i giorni con il proprio lavoro prova a dare risposte ai bisogni delle persone e a contribuire allo sviluppo sostenibile dell’Italia. 

Gianna Fracassi è vicesegretaria generale della Cgil