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Continua a essere un filo pericoloso quello su cui si muove l’azienda. Un paio di settimane fa Tim aveva annunciato ai dipendenti il ritorno al passato sul lavoro agile, oggi garantito per due giorni a settimana. L’azienda aveva prima richiamato tutti in azienda, per poi trovare, di fronte alle rimostranze di dipendenti e sindacati, una soluzione alquanto ingegnosa: la possibilità di mantenere due giorni di lavoro in smart ma previa sottoscrizione di un contratto di solidarietà.
Il ricatto lavoro agile o salario
Una proposta che la Slc non aveva esitato a bollare come ricatto, dunque lavoro agile o salario, chiedendo un immediato passo indietro. Eppur l’azienda non si muove, rispetto a quanto accaduto lo scorso 24 giugno. O meglio, l’unica apertura è stata quella di sospendere l’effettività del provvedimento fino all’incontro di oggi (martedì 8 luglio), in cui l’azienda si siede al tavolo con le organizzazioni sindacali e i rappresentanti dei lavoratori per riprendere il confronto sul tema.
Troppe incertezze per i dipendenti
“Il lavoro agile è un elemento di grande criticità che incide sul modello organizzativo soprattutto in contesti come quello romano”, commenta la segretaria generale Slc Cgil Roma e Lazio Barbara Cosimi: “Chiedere a lavoratrici e lavoratori di rientrare tutti i giorni in presenza su Roma non è cosa da poco”. La dirigente sindacale spiega come le numerose incertezze che si sono prodotte nell’ultimo periodo abbiano inciso moltissimo sul benessere lavorativo delle persone.
Il passo indietro sullo smart
Nel mese di giugno anche Fibercop, nuovo proprietario della rete acquistata da Tim, aveva annunciato l’intenzione di ridurre le possibilità di smart working, suscitando una reazione fortemente negativa culminata nello sciopero. Nel settore delle telecomunicazioni, insomma, le aziende leader sembrano fare scuola, con l’adozione di un atteggiamento reazionario nei confronti del lavoro agile.
WindTre: se lavori da casa produci di meno
Ultima in ordine di tempo WindTre che, secondo quanto denunciato dalle organizzazioni sindacali da diversi territori, avrebbe cominciato a mettere in atto una pratica singolare, almeno al pari di Tim: utilizzare la presenza fisica in ufficio come criterio di valutazione individuale delle performance dei dipendenti e dei loro diretti responsabili.
“Questa decisione non solo sarebbe in contrasto con lo spirito e le disposizioni dell’accordo di smart working – commenta la Slc - ma rappresenterebbe anche un passo indietro rispetto alle moderne pratiche lavorative che promuovono la flessibilità e l’equilibrio tra vita professionale e personale. Riteniamo che la valutazione delle performance debba basarsi sui risultati ottenuti e sugli obiettivi raggiunti, piuttosto che sulla mera presenza fisica in ufficio”.