Tra Gerusalemme e Ma'ale Adumim in Cisgiordania verranno costruite oltre 3 mila unità abitative: una decisione che "sotterra l'idea di uno stato palestinese", ha detto il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich, annunciando l’intenzione di procedere con il piano di insediamento. Lo ha riferito la testata Times of Israel

La contrarietà espressa dalla comunità internazionale aveva impedito fino a ora l’esecuzione del progetto, ma Tel Aviv mostra i muscoli, forte dell’assenza di qualsiasi intervento proprio a livello internazionale per fermare il genocidio in corso a Gaza: “L'approvazione del piano – ha aggiunto Smotrich – fa compiere altri passi nel quadro del piano per la sovranità di fatto che abbiamo iniziato ad attuare con l'insediamento del governo. Dopo decenni di pressioni e blocchi internazionali, stiamo infrangendo le convenzioni e collegando Ma'ale Adumim a Gerusalemme. Questo è il sionismo al suo meglio: costruire, insediare e rafforzare la nostra sovranità nella Terra d'Israele".

Israeliani in piazza

Una dimostrazione di forza e arroganza che potrebbe avere anche l’intento di recuperare con la promessa di nuovi insediamenti i consensi che il governo Netanyahu sta perdendo negli ultimi mesi tra la popolazione. Crescono infatti le manifestazioni di piazza a Tel Aviv dopo che le "linee guida fondamentali" della futura offensiva dell'esercito per conquistare Gaza City sono state approvate anche dal capo di Stato maggiore delle Forze israeliane di difesa, il generale Eyal Zamir, il quale dapprima aveva espresso parere fortemente contrario ai progetti del presidente Benjamin Netanyahu

Dopo le diserzioni, in Israele monta la protesta di civili e militari e anche centinaia di ex piloti hanno manifestato contro la guerra e per la liberazione degli ostaggi nelle mani di Hamas dal 7 ottobre 2023. 

Il 10 agosto gli ex riservisti dell’esercito israeliano insieme agli ex piloti hanno protestato in centinaia davanti alla sede dell’Idf di Tel Aviv. A loro si sono uniti migliaia di manifestanti per sostenere la posizione del capo di stato maggiore, il quale però si è poi dovuto piegare alla firma del piano di Netanyahu. 

Numerose le testimonianze pubblicate dai media e dalle agenzie di stampa. Un esempio è quella di Uri Arad, un ex navigatore di combattimento che cadde prigioniero di guerra durante lo Yom Kippur, il quale ha dichiarato che la conquista di Gaza City è "un’azione che condanna a morte gli ostaggi ancora vivi", denunciando "atrocità paragonabili a una distruzione totale come Hiroshima".

Secondo Netanyahu, "questo avviene in ogni conflitto: in Siria, in Ucraina, in Afghanistan milioni di persone sono fuggite", cercando di negare la personale perdita di consenso, come anche le fratture interne al governo e con i vertici dell’Idf. 

Ci sono notizie che ricordano la guerra in Vietnam e sono quelle che riguardano le diserzioni, talvolta per motivi di coscienza, e i cosiddetti casi di stress post-traumatico. Di recente il settimanale Il Venerdì ha pubblicato un reportage nel quale si documenta che “giovani soldati israeliani in licenza vanno sull’Himalaya per dimenticare la guerra e gli orrori della Striscia. Fumano hashish, passano da un rave all’altro, praticano sport estremi”. Difficile non pensare a quanto ci è stato narrato da Michael Cimino nel film Il cacciatore.

Il piano di deportazione

Intanto, mentre a Gaza è difficile persino contare le vittime delle bombe e della fame, l’esercito israeliano procede con i preparativi del piano Netanyahu per svuotare la Striscia da tutta la sua popolazione per poi affidarla a un governo che, a vedere le ipotesi in campo, non potrà che essere ‘fantoccio’. 

Chi non è ancora morto, chi non morirà sarà deportato. Per questo il presidente israeliano ha in atto manovre diplomatiche con Paesi mediorientali e africani. Una su tutte quella con il Sud Sudan, un Paese devastato da guerra e carestia, nel quale il buon Bibi potrebbe offrire ai palestinesi di “trasferirsi”: oltre il genocidio, la beffa.