Non è ancora il momento, dice Giorgia. Come quando ti promettono la pizza e poi ti servono una galletta di mais. Lo Stato palestinese? Esiste, ma solo nei suoi pensieri. Perché lei lo vuole, ci mancherebbe, però così com’è – vivo, ferito, sotto assedio – è troppo scomodo da riconoscere. Troppo reale. Troppo morto. Meglio aspettare che resusciti in giacca e cravatta, che parli fluentemente diplomatico e chieda per favore di esistere.

La Meloni è l’illusionista del diritto internazionale.Sventola l’idea di pace con una mano, mentre con l’altra infila sotto il tappeto settant’anni di occupazione. Dice che anticipare il riconoscimento è illusorio, che crea false speranze. Meglio l’agonia concreta di un popolo, evidentemente. Almeno quella è vera. E intanto si collezionano silenzi, mezze frasi, condoglianze istituzionali e aperture che non aprono nulla.

Francia, Spagna, Norvegia, Irlanda: tutti avanti. L’Italia indietro in retromarcia, guidata dalla premier che confonde il realismo con l’inerzia, la cautela con la codardia. Si chiama diplomazia della poltrona: stare fermi finché si può, perché muoversi significa scegliere. E scegliere, per questo governo, significa scontentare qualcuno. Meglio scontentare i morti, quelli almeno non votano.

C’è un’arte tutta italiana nel dire no senza dirlo. Nella forma passiva, nel congiuntivo prudente, nei comunicati che sembrano sudoku. “Non è il momento” è la versione diplomatica di “non ci rompete le scatole”. Ma nel frattempo Gaza brucia, le madri scavano con le mani e lo Stato che non esiste continua a morire. Un bel risultato per qualcosa che, secondo la nostra premier, è ancora troppo prematuro per nascere.

E allora teniamocelo questo governo da ostetriche del nulla, che misura le doglie della Palestina col bilancino geopolitico. Ma se non è il momento oggi, cara presidente del consiglio, quando? Quando non sarà rimasto più nessuno da riconoscere?