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Potevano essere una svolta. Un investimento storico da 200 milioni di euro per cancellare uno dei più grandi scandali sociali del Paese: i ghetti dei braccianti agricoli. Finanziati dal Pnrr, quei fondi erano destinati a 37 progetti distribuiti lungo tutta Italia, con un obiettivo preciso: superare gli insediamenti informali dove vivono e lavorano migliaia di migranti sfruttati, sotto il ricatto dei caporali.
Un percorso a ostacoli
Il cuore dell’intervento era la Capitanata, in provincia di Foggia, territorio simbolo dell'emergenza. Qui, solo nella stagione estiva, si concentrano circa 10 mila lavoratori agricoli stranieri. La maggior parte, oltre 5 mila, si accalca nell’ex pista aeroportuale di Borgo Mezzanone. Altri vivono tra San Severo, Cerignola, San Marco in Lamis, e soprattutto nell’insediamento di Torretta Antonacci: 2.500 anime stipate in baracche, in quello che resta dell’ex “Gran ghetto” di Rignano Garganico.
A loro erano destinati circa 114 milioni di euro. Avrebbero dovuto finanziare alloggi dignitosi, trasporti sicuri, assistenza sanitaria e servizi essenziali. In una parola: restituire diritti. Ma a tre anni dalla ripartizione delle risorse, tutto è ancora in ballo. Neanche un euro speso finora, nemmeno un cantiere avviato. Anche se qualcosa pare iniziare a muoversi.
Il decreto che assegnava i fondi risale infatti al marzo 2022. Un anno dopo, il governo ha nominato il prefetto Maurizio Falco come commissario straordinario per sbloccare la situazione. I Comuni hanno presentato i progetti, ma il termine fissato per la conclusione degli interventi – 30 marzo 2025 – è stato superato. Il commissario ha quindi chiesto una proroga di 15 mesi, fino a giugno 2026, ma il tempo continua a scorrere e la fiducia a scemare.
Un primo passo
Il 23 luglio scorso, però, durante una riunione del Comitato nazionale contro il lavoro sommerso, è arrivato un primo, timido segnale. Il funzionario Augusto Santori, in rappresentanza della struttura commissariale, ha annunciato lo sblocco di 12 progetti. Si tratta di interventi che garantiranno soluzioni abitative per circa 700 persone, con una spesa di 26 milioni di euro, pari appena al 13% delle risorse disponibili. Una goccia nel mare.
Nel frattempo, infatti, diversi territori hanno già alzato bandiera bianca, soprattutto quelli a guida centrodestra. E in 17 dei 36 contesti coinvolti si valuta di accantonare i progetti originari per puntare su soluzioni temporanee come i container, finanziati con il fondo Asilo e Migrazioni. Una misura d’emergenza, che sconfessa l’idea stessa di rigenerazione dignitosa.
La lotta continua
I sindacati denunciano un’occasione storica che rischia di essere sprecata. “Finalmente sembra che le istituzioni facciano un primo passo per superare la vergogna dei ghetti in cui vivono migliaia di lavoratori e lavoratrici in tutto il Paese. Da mesi chiedevamo che questi fondi, stanziati nel 2022 e ad oggi mai utilizzati, fossero resi disponibili”, ha recentemente commentato Matteo Bellegoni, capo dipartimento politiche migratorie e legalità della Flai Cgil nazionale, che lanciato l’appello “Mai più ghetti”, sottoscritto da numerose realtà sindacali e associative impegnate nella lotta al caporalato”.
Per la Flai, però, non basta di certo: “Ora però siamo molto preoccupati di fronte al rischio che quasi il 90% dei finanziamenti europei per il superamento dei ghetti possa andare perso. Siamo in grande ritardo e il rischio sempre più concreto è che la maggior parte dei fondi vada persa. Continuiamo a chiedere che siano realizzati tutti i progetti presentati dai comuni coinvolti. La nostra mobilitazione dunque non si ferma”.
Allarme dai territori
La richiesta di non sperperare questo patrimonio e investire fino in fondo i fondi destinati dal Pnrr, però, arriva da più parti, praticamente da ogni territorio coinvolto.
“Lo sblocco di una parte dei fondi è un primo segnale positivo, ma del tutto insufficiente rispetto alla gravità della situazione nei ghetti pugliesi. Migliaia di lavoratrici e lavoratori vivono ancora in condizioni indegne, e non possiamo accontentarci di interventi parziali”, commentano Antonio Ligorio, segretario generale della Flai Cgil Puglia, e Gigia Bucci, segretaria generale della Cgil Puglia.
“Continuiamo a chiedere che siano realizzati tutti i progetti presentati dai 37 Comuni coinvolti, a partire da quelli di Manfredonia e San Severo che riguardano i ghetti di Borgo Mezzanone e Torretta Antonacci, i più grandi d’Italia e d’Europa. La nostra mobilitazione non si fermerà nei territori che rischiano di perdere risorse che difficilmente potranno avere di nuovo a disposizione, a partire da quello del foggiano, e a livello nazionale. Chiediamo alle forze politiche, alle parti sociali, alla società civile e alle istituzioni di sostenere insieme a noi questa battaglia”.
In Calabria, i sei milioni di euro destinati al superamento dei ghetti potrebbero andare persi. Se i fondi per Rosarno e San Ferdinando, pur uscendo dal Pnrr verranno finanziati dal decreto Caivano Bis.
È allarme per i progetti di Taurianova, 3 milioni e mezzo di euro, e Vibo Valentia (due milioni e 400mila euro. Rimane nel Pnrr il progetto di Corigliano-Rossano.
Lo denunciano Caterina Vaiti, segretaria generale Flai Calabria e Nicola Rosi, capo dipartimento Pesca, che spiegano che i forti ritardi accumulati posso mandare in cenere il lavoro di anni a tutela di lavoratori troppo spesso sfruttati ed emarginati.
“Siamo molto preoccupati - dice Vaiti - ma non arretreremo di un passo affinché i fondi del Pnrr non si perdano, anzi, vengano spesi fino all’ultimo centesimo per le finalità a cui sono stati destinati e i nostri territori non vengano, ancora una volta, trascurati”.
Tra i 12 progetti presentati dai Comuni italiani che sarebbero stati sbloccati non c'è quello del Comune di Albenga, in provincia di Savona, che prevede un investimento di 4 milioni di euro per
la realizzazione di 15 bilocali da 3 posti letto in regime di social housing, la riqualificazione di parte di un ex ospedale, con la creazione di uno sportello polifunzionale per fornire orientamento burocratico, assistenza legale e sanitaria, corsi di lingua italiana, formazione professionale e informazione sui contratti di lavoro.
“Nel territorio albenganese non esistono baraccopoli visibili - denunciano Cgil e Flai Savona -, ma si riscontrano diffuse condizioni di sovraffollamento abitativo in aree rurali, dove più lavoratori agricoli vivono in spazi ristretti e inadeguati, privi di comfort, sicurezza e spesso fuori norma. Non possiamo accettare ulteriori rinvii”.
Nel Casertano, l’unico comune vincitore del bando è stato Castel Volturno. Mentre anche altri comuni della provincia di Caserta hanno presentato progetti e sono stati esclusi. “È chiaro che intervenendo sull'emergenza abitativa con il superamento dei ghetti e degli alloggi informali, di riflesso si va a colpire il sottobosco di diritti negati e di sfruttamento per le lavoratrici e i lavoratori agricoli”, ha detto Tammaro della Corte, segretario generale Flai Caserta.
Ma resta “fondamentale, data la peculiarità del nostro territorio, che siano messe in atto tutte le misure a prevenzione e contrasto di ogni forma di sfruttamento. Pertanto chiederemo che la Prefettura di Caserta convochi il Consiglio territoriale per l’immigrazione, coinvolgendo tutti gli enti preposti”, ha detto Sonia Oliviero, segretaria generale della Cgil casertana.
In Sicilia sono andati perduti 33 milioni che dovevano servire a superare i cosiddetti 'insediamenti informali'. Solo 1.887.494 verrà utilizzato a Siracusa. L'allarme lo hanno lanciato Cgil e Flai Sicilia. "Un'occasione perduta - scrivono in una nota i segretari confederale Francesco Lucchesi e Tonino Russo - a causa della incapacità dei Comuni di progettare e programmare, individuando siti e immobili idonei all'uso, e della regione di esercitare un ruolo di indirizzo e di vigilanza. Continueremo a vedere, come ad esempio accade a Castelvetrano i migranti accampati sotto gli ulivi in tempi di raccolta". Per questo non saranno realizzati lavori a Ribera, Scordia, Ispica,In
In Toscana, l’unico progetto ammesso al finanziamento è quello presentato dal comune di Castel Del Piano (Grosseto) che non risulta tra i 12 sbloccati. Sul versante grossetano dell’Amiata vivono moltissimi immigrati che lavorano nel settore agricolo e in quello forestale, ma che vivono in condizioni di precarietà e disagio. “Il progetto presentato dal Comune di Castel Del Piano - spiegano Monica Pagni, segretaria della Camera del lavoro, e Paolo Rossi, segretario della Flai - è determinante per garantire migliori condizioni di vita ai lavoratori del settore primario".
"La provincia di Grosseto ha una spiccata vocazione agricola e sull’Amiata risiedono più di 800 persone impiegate nelle lavorazioni agricole e nella manutenzione del bosco. Non possono esserci alibi di alcun tipo che impediscano di destinare le risorse al progetto che risultato idoneo al finanziamento”.
In provincia di Rovigo i comuni della stessa di Rovigo e di Castelguglielmo sono stati gli unici comuni veneti ad aver presentato progetti sul superamento degli insediamenti abusivi, beneficiari di circa 2 milioni di finanziamenti. “Perché rinunciare alla possibilità di tenere sotto controllo, monitorare e contrastare i fenomeni di sfruttamento lavorativo e di caporalato presenti in Polesine e territori limitrofi? - si chiedono la Flai e la Cgil di Rovigo e del veneto - .Il rischio concreto di questa rinuncia potrebbe essere quello di lasciare questi lavoratori stagionali stranieri in balia di sfruttatori senza scrupoli, alimentando l’illegalità”.
La nuova amministrazione di centrodestra, d'altronde “su questo tema ha subito assunto un approccio esclusivamente ideologico, così come del resto fa la maggioranza di governo sul tema migranti, invocando a parole la sicurezza ma favorendo di fatto l’illegalità”.
Il progetto era finalizzato “alla promozione della qualità dei prodotti agricoli della Provincia, alla tutela dei diritti dei lavoratori coinvolti per completarsi con un’opera di riqualificazione urbana di uno stabile presso la frazione di Concadirame, che si sta spopolando sempre di più”, denunciano a Flai e Cgil.
“Il territorio di Latina ha mandato in fumo circa 4 milioni di euro – denuncia Stefano Morea, segretario generale Flai Cgil Roma e Lazio -. Il comune aveva partecipato al bando Pnrr, nella missione 5, Inclusione e coesione, nel 2022. L’obiettivo individuato è quello di progetti di rigenerazione urbana e cohousing sociale per il superamento degli insediamenti abusivi per combattere lo sfruttamento dei lavoratori in agricoltura. Peccato però che gli immobili individuati non erano idonei alla ristrutturazione causa interventi molto importanti e quindi incompatibili con i fondi erogabili”. “Crediamo – conclude Morea – sia stato fatto un enorme danno alla comunità tutta e ai tanti lavoratori del territorio che hanno condizioni alloggiative precarie, come ogni giorno abbiamo modo di constatare. Le istituzioni dovrebbero fare di tutto per salvare quei fondi e utilizzarli in modo idoneo e utile”.