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In origine erano 200 milioni di euro. 200 milioni del Pnrr, Piano nazionale di ripesa e resilienza, per realizzare 36 progetti in diversi territori italiani, dal Nord al Sud. L’obiettivo: superare i cosiddetti insediamenti informali in agricoltura. Cioè i ghetti. Che fine hanno fatto quei soldi? È quello che chiedono sindacati e associazioni impegnati nella lotta al caporalato e allo sfruttamento in un appello partito, non a caso, da Foggia.
Restituire dignità
Dei 200 milioni, la maggior parte e cioè circa 114 milioni, infatti, avrebbe dovuto essere usata per i progetti presentati dai Comuni della provincia pugliese, dove nelle stagioni più calde come quella della raccolta del pomodoro si stima lavorino circa 10 mila migranti, 5 mila solo nel ghetto di Borgo Mezzanone. Poi ci sono San Severo, Rignano Garganico, Cerignola, San Marco in Lamis. Proprio a quei 10 mila che vivono in condizioni vergognose, più volte raccontate anche da Collettiva, che dormono in baracche, casolari abbandonati, tende e roulotte, si voleva dare una sistemazione più dignitosa, restituire un po’ di dignità.
Fondi scaduti
“A oggi le risorse sono scadute, perché i progetti dovevano essere conclusi entro il 30 marzo di quest’anno e tuttora, nonostante fantomatiche promesse di proroghe, non abbiamo alcun riscontro – scrivono nel documento tra gli altri Flai Cgil Foggia, le sigle provinciali di Cgil, Cisl, Uil, Fai Cisl, Uila Uil, Acli, Arci, Anolf, Fondazione Siniscalco Ceci, Emmaus, Arcobaleno, Casa Sankara -. Alla luce di quanto sta avvenendo non abbiamo intenzione di tacere e non ci gireremo dall’altra parte mentre lo Stato sta vanificando una grande opportunità di riscatto che questo territorio poteva avere dopo tanti anni di sofferenze e di mancati investimenti”.
Annunci al vento
Il decreto ministeriale che ripartisce le risorse risale a marzo 2022. Poi un anno fa il governo ha nominato il prefetto Maurizio Falco a commissario straordinario per gestire queste risorse e molti Comuni hanno presentato i loro progetti. Fino a ora però neanche un euro è stato ancora usato.
“Il commissario ha annunciato che avrebbe chiesto una proroga di 15 mesi, spostando quindi la scadenza a giugno 2026 – commenta Matteo Bellegoni, capo dipartimento Politiche migratorie e legalità della Flai Cgil nazionale -, ma non ce n’è traccia. In ogni caso, alcuni progetti non sono realizzabili in tempi così brevi. Inoltre una parte dei territori sta rinunciando, guarda caso proprio quelli a guida centrodestra. Uno su tutti, il comune di Rovigo, che aveva un progetto bellissimo condiviso con noi: dopo l’elezione della nuova amministrazione ha rinunciato. Ma è in buona compagnia”.
Dai progetti ai container
Viste le tempistiche strette e le numerose rinunce, in molti casi si sta pensando di ripiegare sulle cosiddette unità abitative standard, cioè gli squallidi container, prendendo le risorse dal fondo asilo e migrazioni. E questo potrebbe accadere in 17 realtà su 36. Un vero, autentico peccato, considerato che gli interventi presentati prevedevano anche una serie di servizi che sarebbero andati a vantaggio del territorio, dai trasporti alla sanità, dai servizi sociali all’occupazione.
“Realizzare progetti come quelli presentati per usare le risorse del Pnrr significa creare nuova e buona occupazione – conclude Bellegoni -, assumere autisti, mediatori culturali, assistenti sociali, un volano per le comunità locali. Queste opportunità mancate vogliamo raccontarle con assemblee cittadine e incontri nei ghetti, per chiedere a tutti di mobilitarsi e di scioperare. Lo scopo è allargare le adesioni perché questa è una battaglia di tutti. Mentre la politica sta provando a mettere una parte contro l’altra, quei soldi stanno per essere sprecati, si sta perdendo un’opportunità irripetibile”.