Meno rappresentate, anche se sono in tante. La disparità di genere nell’industria discografica è una realtà problematica come, e forse anche di più, che nel resto dei settori produttivi.  Il numero di artiste, in termini di visibilità, è notevolmente inferiore rispetto a quello degli uomini e, di conseguenza anche la scena musicale è dominata da lavori principalmente maschili. Un esempio lampante sono le classifiche degli album, dove il numero di artiste è sempre minoritario. Ma anche il mondo della canzone d’autore. 

Enrico Deregibus, giornalista musicale e operatore culturale, partiamo da una domanda da un milione di dollari: esiste una questione di genere nella musica?
Senza dubbio. Se oggi un alieno sbarcasse sulla Terra dalla Luna osserverebbe che è quantomeno strano che le donne di successo nella musica siano ancora una forte minoranza rispetto agli uomini. E su questo noi dobbiamo continuare a interrogarci. Personalmente è un tema che mi sta molto a cuore, perché mi occupo molto di canzone d’autore e di come questo genere continui a rimanere quasi sempre fuori dalle logiche mainstream. Certo, qualche segnale positivo c’è: negli anni ‘80 le cantautrici erano proprio delle eccezioni. Si pensi a Maria Monti, personaggio fenomenale, e peraltro colei che si inventò il termine “cantautore”.  

Nella storia della musica italiana le più grandi icone femminili sono state interpreti. Basti pensare a cantanti come Fiorella Mannoia, che pure automaticamente annoveriamo nel genere canzone d’autore. 
Ci sono molte cose che si conoscono poco. Per esempio i due bellissimi dischi di Ornella Vanoni da autrice. Credo che, soprattutto in passato, fosse difficile per una donna proporre le canzoni scritte da se stessa, perché non rientravano in quelli che erano considerati “i canoni per avere successo”. L’altro aspetto è che nella discografia il potere era quasi sempre in mano agli uomini, a parte il caso di qualche ufficio stampa. Di conseguenza, le stesse donne si proponevano di meno come autrici, perché scoraggiate a monte. 

Gli autori delle canzoni restano sempre più in ombra rispetto agli interpreti. Se poi sono donne, l’aspetto della scrittura non viene valorizzato quasi mai.
Sono d’accordo, purtroppo. Carmen Consoli, per esempio, è una signora autrice, che però è conosciuta con l’appellativo di “cantantessa”. Come se per le donne il lavoro di scrittura fosse secondario rispetto all’immagine che devono portare davanti al microfono. Questo è un grave problema. Anche se devo dire che negli ultimi anni qualcosa sembra muoversi, e per la prima volta nella storia il numero di cantautori e cantautrici sembra avvicinarsi all’equivalenza. Pensiamo a nomi come Emma Nolde, Anna Castiglia, Lamante, Giulia Mei. Per il futuro sono fiducioso. Certo, vanno scardinati alcuni meccanismi. 

Quali? 
Purtroppo noi oggi abbiamo ancora bisogno delle quote rosa, un meccanismo che non mi piace, ma che si rende a mio avviso necessario se le donne fanno fatica a ottenere il giusto spazio in eventi, festival, concerti. Certo, il valore artistico è la cosa principale, ma quando io da direttore o consulente mi occupo di selezionare i partecipanti, ho sempre ben in mente il criterio della parità di genere. E vorrei fare un appello a tutti i miei colleghi in tal senso, perché le musiciste brave ci sono e sono moltissime, ma fanno fatica a emergere, schiacciate dalle logiche del “nome”, della popolarità. Il fatto che le musiciste brave spesso non siano popolari è un grosso problema con cui dobbiamo confrontarci. In questo senso abbiamo ancora bisogno delle quote rosa, anche se spero che arriverà un giorno in cui non saranno più necessarie e potremo contare solo sul criterio della qualità artistica, perché un musicista uomo e una musicista donna saranno alla pari. 

Il Premio Bianca D’Aponte, riservato alle sole cantautrici, va proprio in questa direzione. 
Assolutamente. Quest’anno lo ha vinto Micaela Tempesta, una cantautrice con una bella storia  alle spalle, capace di mescolare le note piano e voce a sperimentazioni interessanti con l’elettronica. Capace di sublimare il discorso e portarlo a un certo livello di profondità. Penso anche a cantautrici come Levante, Margherita Vicario - che sono state ospiti del Premio – Madame, Dito nella Piaga. Ecco, sono tutte l’esempio di come oggi, sempre più, le cantautrici si cimentino nell’affrontare in musica temi politici e sociali, non solo la sfera amorosa. Per quanto Claudio Lolli diceva “Anche l’amore può essere politico”, ed è così. Tuttavia, se ripenso alle affermazioni di Carlo Conti allo scorso Sanremo, rabbrividisco: come si fa a vantarsi che tra le canzoni in gara non ci fossero tematiche sociali? Soprattutto perché oggi le ragazzine hanno come modello artiste come Elodie, Annalisa. Sicuramente artiste che hanno un valore in sé, ma non si può negare che siano l’espressione di un modello musicale totalmente commerciale. 

Hai citato questi due nomi e dunque non ci si può esimere da un’altra questione: le musiciste e l’outfit, spesso al centro delle cronache. C’è davvero, dietro, un messaggio politico di libertà o è più una operazione di immagine? 
Un altro grande problema che devono affrontare le donne nel settore musicale è che la parte estetica purtroppo pesa ancora molto, e più che per gli uomini. Assistiamo di continuo a commenti inopportuni sul loro aspetto fisico, più che sul loro talento artistico. Ognuno è libero di andare sul palco vestito come vuole. Ma la domanda è: perché lo fa? Moltissimi artisti hanno fatto del look una bandiera espressiva funzionale alla propria arte. Diverso è, invece, se l’aspetto e lo show nel suo complesso diventano funzionali alle richieste della discografia mainstream. 

Cosa dobbiamo – o vogliamo – aspettarci dal futuro per le cantautrici?
Quando andavo a scuola, nella mia classe le migliori erano tutte donne, e io mi dicevo che avrebbero avuto più successo nella vita. In realtà è sempre stato ed è tuttora il contrario: più brave nello studio, ma con molte più difficoltà a crescere nel mondo del lavoro. Mi auguro che nei prossimi anni questo meccanismo si spezzi, che le donne che scrivono e cantano ottengano veramente la notorietà e il successo che si meritano. E spero che stavolta le mie previsioni siano azzeccate, al contrario di quarant’anni fa. 

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