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Due anni di attesa per un confronto durato due giorni. È questa la fotografia amara del Comitato nazionale per il contrasto al lavoro sommerso, istituito con il Pnrr ma rimasto congelato fino a pochi giorni fa. Il 22 e 23 luglio il ministero del Lavoro ha finalmente convocato i quattro sottogruppi incaricati di affrontare una delle piaghe più gravi del mercato del lavoro italiano. Ma per la Cgil, quello andato in scena è stato poco più di un rito vuoto.
Gabrielli, Cgil: “Ritardo inaccettabile”
Maria Grazia Gabrielli, segretaria confederale del sindacato di corso d’Italia, non usa mezzi termini: “Un ritardo inaccettabile che evidenzia l’assenza di volontà politica”. La lotta al lavoro nero e grigio, che riguarda oltre tre milioni di persone e interi settori produttivi, sembra non essere tra le priorità reali dell’esecutivo.
I tavoli convocati dal ministero – dedicati a dati, misure per l’economia regolare, informazione e agricoltura – si sono rivelati inconsistenti. “Abbiamo rilevato approssimazione e mancanza assoluta di contenuti concreti” spiega Gabrielli. Un confronto svuotato di senso, dove “la condivisione è un fastidio” e il coinvolgimento delle parti sociali è ridotto a formalità utile solo a rispondere alle richieste di Bruxelles.
Le parole della ministra e il peso dei fatti
Non è la prima volta che la ministra Calderone dichiara impegno e fermezza. Lo ha fatto anche al question-time, promettendo “intransigenza verso chi sfrutta i lavoratori”. Ma le parole restano tali, mentre la realtà è segnata da scelte che vanno nella direzione opposta. La Cgil porta un esempio emblematico: i progetti per superare i ghetti agricoli, insediamenti informali dove migliaia di braccianti, spesso migranti, vivono in condizioni disumane.
Il Pnrr prevedeva risorse per 37 interventi. Ne verranno finanziati solo 12, per un totale di 26 milioni, appena il 13% dei fondi disponibili. Esclusi i ghetti più grandi e simbolici, come Borgo Mezzanone e Torretta Antonacci. “Una vergogna nazionale ed europea” commenta Gabrielli, ricordando che solo grazie alla mobilitazione della Flai Cgil e del sindacato confederale si è evitato che anche quei 12 progetti restassero nel cassetto.
La scelta politica di voltarsi dall’altra parte
Nella nota diffusa dalla Cgil non c’è spazio per i giri di parole. L’inerzia istituzionale non è neutra, ma una scelta politica che condiziona la vita di milioni di lavoratori e lavoratrici. Il lavoro sommerso non è una fatalità, è il prodotto di un sistema che tollera, copre, incentiva. Ed è proprio questo sistema che la Cgil intende continuare a smascherare e contrastare. Con proposte, iniziative e denuncia pubblica.
Perché i dati esistono, le soluzioni anche. Ma senza volontà politica, restano carta morta. E il lavoro, quello vero, continua a essere ignorato, sfruttato, reso invisibile. In nome dell'efficienza e del profitto, a spese dei diritti e della dignità.