Un italiano su cinque pensa che Mussolini alla fine sia stato un grande politico, al netto di qualche errore. Il (neo)fascismo, anche grazie ai social, è stato sdoganato ed è entrato nella comunicazione mainstream. Con Ilaria Romeo, responsabile dell’Archivio storico della Cgil e curatrice della rubrica di Collettiva Buona Memoria abbiamo prodotto la più completa guida di risposta alle bufale sul fascismo che potrete mai trovare in rete.  

"Nel libro racconto il consenso che Mussolini ebbe per le sue opere socialiHa creato i contratti nazionali, l’Inps, la settimana di 40 ore”. Queste le parole con le quali Bruno Vespa nel 2020 promuoveva in Rai il suo libro “Perché l’Italia amò Mussolini”. Non stiamo parlando di un’iniziativa detta in un circolo di Casa Pound o di un articolo del Primato Nazionale, ma di uno dei massimi giornalisti italiani (la sua trasmissione va in onda in seconda serata su RaiUno da oltre 20 anni) che sulla televisione nazionale propone una personale rilettura di fatti storici. C’è anche da dire che Vespa non è nuovo a questi errori, basti ricordare il caso sulle foibe del 2012.

Questo perché il (neo)fascismo è diventato mainstream: o meglio, è stato sdoganato e accettato nella comunicazione mainstream.

 

UN ITALIANO SU CINQUE HA UN GIUDIZIO POSITIVO SU MUSSOLINI
L’antifascismo che noi diamo come assodato in realtà non lo è più. Secondo l’indagine di Eurispes, dal 2004 a oggi la quota d'italiani che pensa che la Shoah non sia mai avvenuta è cresciuta dal 2,7 al 15,6%.

Ma non fermiamoci qui. Sempre secondo questo studio del 2020, l’affermazione secondo cui “molti pensano che Mussolini sia stato un grande leader che ha solo commesso qualche sbaglio" trova il consenso del 19,8% degli italiani. Con percentuali di accordo vicine tra loro seguono: “gli italiani non sono fascisti ma amano le personalità forti” (14,3%), “siamo un popolo prevalentemente di destra” (14,1%), “molti italiani sono fascisti” (12,8%) e, infine, “ordine e disciplina sono valori molto amati dagli italiani” (12,7%). Ma c’è speranza: un italiano su quattro (26,2%) non condivide nessuna delle opinioni presentate.

COME EVOLVE IL FASCISMO SUI SOCIAL
I gruppi di estremisti sono sempre esistiti ed esisteranno, il tema è la portata del loro messaggio. Nell’era del web 1.0, ovvero quel periodo che va dalla creazione di internet fino al 2006, quando arrivarono i social network, esistevano blog o spazi nei forum dove persone con nomi fasulli e immagini-profilo non veritiere si trovavano tra loro attraverso il passaparola per parlare di revisionismo storico, neofascismo e proclami di rivoluzione fascista.

Ma è con l’arrivo dei social network che tutto cambia. Con la creazione di un canale di massa, pubblico e facile da utilizzare, dove non sempre si comprende la portata del messaggio e si ha poco tempo per analizzare un tema, esplodono i meme (un messaggio che diventa virale online) e i richiami al fascismo storico. Si arriva, quindi, ad aggregare sempre più persone che mai si direbbero dichiaratamente fasciste: ma vuoi per un richiamo ai tempi andati, vuoi per un senso di patriottismo, il like alla bufala pro-ventennio ci scappa.

In particolare, dal 2014 in avanti sempre più persone “mature”, non native digitali, si registrano sui social network, soprattutto facebook, senza conoscere le sue meccaniche e senza sapere bene come utilizzarlo. Ricordiamo che facebook è la seconda fonte di informazione degli italiani dopo i telegiornali.

L’algoritmo di facebook vuole farci entrare in contatto con persone e gruppi che la pensano come noi. Se, ad esempio, una volta abbiamo messo un like a un post di un gruppo di storia del Novecento che simpatizza per il fascismo, ecco che ci verranno proposti nella nostra bacheca altri contenuti di quel gruppo o post con argomenti simili.

“Facebook ospita più di 2.700 profili di propaganda fascista. Almeno 300 inneggianti a Forza Nuova e Casa Pound.  Dalla nostalgia per il ventennio agli improbabili, quanto storicamente errati, meriti della dittatura, ce n’è davvero per tutti i gusti. Ma le ‘cose buone’ che qualcuno racconta Mussolini abbia fatto, non esistono. E con questo articolo cercheremo - dati e documenti alla mano - di spiegarne il perché”, ci dice Ilaria Romeo, responsabile dell’Archivio storico della Cgil nazionale e autrice della rubrica di Collettiva Buona Memoria.

PERCHÉ DOBBIAMO RISPONDERE
Lo spiego in maniera diretta e semplicissima. Quando scriviamo qualcosa sui social creiamo automaticamente tre zone d'influenza che chiameremo zona bianca, zona grigia e zona nera.

  • Zona bianca. Sono le persone d’accordo con noi, allineate per vari motivi con il nostro pensiero.
  • Zona grigia. Sono le persone che non hanno un’idea precisa sulla questione e stanno a vedere come si evolve il discorso (sono la maggioranza).
  • Zona nera. Sono le persone che la pensano diversamente da noi e non hanno piacere di leggere quel che abbiamo scritto. Sono quelle che molto probabilmente scriveranno commenti per screditare e confutare il nostro pensiero.

Se quando postiamo un contenuto non seguiamo il flusso dei commenti stiamo facendo un errore. Infatti, se arriveranno commenti della zona nera (tendenzialmente sono i primi ad arrivare e sono quelli più aggressivi) la zona grigia potrebbe farsi un’idea e la zona bianca, ossia chi la pensa come noi, per evitare noie, scontri o di perdere tempo potrebbe non intervenire. Ricordate: non serve rispondere a TUTTI i commenti, basta prenderne un paio, quelli più rilevanti nella discussione e i primi per indirizzare la discussione. 

Per approfondire l’argomento, consiglio la lettura di questa guida di Amnesty International che aiuta a gestire le conversazioni online, in particolare l’hate speech.

Lancio la sfida a tutti voi. Scrivete in un gruppo locale come “Sei di… se” o sul vostro profilo facebook una frase, per chi legge, ovvia come questa: “Mussolini fu un pessimo capo di Stato, o meglio, un dittatore corrotto che portò più danno che benefici all’Italia e agli italiani”. Molto probabilmente prenderete i like dei vostri amici, ma sono sicuro che arriveranno commenti come “Io non sono fascista, ma Mussolini ha fatto anche cose buone”, oppure contenuti come l’immagine qui sotto che in maniera grossolana riporta i sedicente meriti di Mussolini e della dittatura. Provate, e poi scrivetemi i risultati di questo nostro esperimento collettivo ad agit-prop@collettiva.it

Ilaria Romeo è la responsabile dell’Archivio storico della Cgil nazionale, ma soprattutto cura la rubrica di Collettiva Buona Memoria, che ripropone la storia d’Italia e della Cgil attraverso i secoli. È attivo anche il gruppo facebook di Buona Memoria, dove è possibile interagire con la comunità di appassionati di storia del mondo del sindacato. Questo manuale di autodifesa che abbiamo realizzato vi sarà di sicuro utile per rispondere a tutti i commenti che troverete sui social: perché, come abbiamo visto, rispondere bisogna.

LA CREAZIONE DELL’INPS. Partiamo dalla bufala più sentita dai sindacalisti: “Se ho la pensione lo devo a Mussolini”.
Basta andare sul sito dell’Inps per scoprire che “l’Inps nasce (…) nel 1898 con la fondazione della Cassa nazionale di previdenza per l'invalidità e per la vecchiaia degli operai, allo scopo di garantire i lavoratori dai rischi di invalidità, vecchiaia e morte”

Nel 1919 l'assicurazione per l'invalidità e la vecchiaia diventa obbligatoria per i lavoratori dipendenti privati. Nel periodo 1968-1972 il sistema retributivo, basato sulle ultime retribuzioni percepite, sostituisce quello contributivo nel calcolo delle pensioni. Nascono la pensione di anzianità e la pensione sociale, vengono predisposte misure straordinarie di tutela dei lavoratori (cassa integrazione guadagni straordinaria e pensionamenti anticipati) e per la produzione (sgravi contributivi).

LA TREDICESIMA. “Se abbiamo la tredicesima lo dobbiamo al duce”, questa circola in particolare sotto Natale. Vero o falso?
Il ccnl stipulato il 5 agosto 1937 introduce l’obbligo di corrispondere una mensilità aggiuntiva rispetto alle 12 annuali solo agli impiegati del settore industriale. Sarà l’accordo interconfederale per l’industria del 27 ottobre 1946 a estendere il trattamento anche agli operai. Tale accordo è stato reso efficace erga omnes con decreto del Presidente della Repubblica 1070/1960.

LA CASSA INTEGRAZIONE. “Grazie a Mussolini abbiamo la cassa integrazione”: vero o falso?
La cassa integrazione guadagni viene istituita con il decreto legislativo 788 del 9 novembre 1945 relativo alla “Istituzione della Cassa per l'integrazione dei guadagni degli operai dell'industria e disposizioni transitorie a favore dei lavoratori dell'industria dell'Alta Italia”. Benito Mussolini è morto da mesi.

ORARIO DI LAVORO A 40 ORE. “Con il fascismo di lavorava meno e si prendeva di più”: come stavano i lavoratori durante la dittatura?
Il 20 febbraio 1919 la Fiom firma con la Confederazione degli industriali un accordo per la riduzione di orario a otto ore giornaliere e 48 settimanali (l’accordo prevede, tra l’altro, il riconoscimento delle Commissioni interne e la loro istituzione in ogni fabbrica; la nomina di una Commissione per il miglioramento della legislazione sociale e di un’altra per studiare la riforma delle paghe e del carovita).

Con il regio decreto 692 del 1923 (poi convertito nella legge 473 del 17 aprile 1925) l’orario di lavoro massimo di otto ore giornaliere o 48 settimanali viene esteso a tutte le categorie (lo stesso provvedimento si preoccupava di fissare dei limiti anche al lavoro straordinario, rispettivamente in due ore giornaliere e 12 ore settimanali).

La discussione sull’orario di lavoro – sostanzialmente ferma fino all’approvazione della Costituzione – riprenderà negli anni Cinquanta e Sessanta; i rinnovi contrattuali del 1962-1963 saranno caratterizzati, oltre che da altre importanti conquiste, da una rilevante riduzione dell’orario di lavoro settimanale (mediamente 44 ore, mentre le 40 ore settimanali saranno conquistate tra il 1969 e il 1973).

LE CASE POPOLARI. “A tutti gli italiani una casa, non come ora che la danno solo agli immigrati”. Il fascismo diede davvero a tutti gli italiani una casa?
La prima legge sulle case popolari è del 1903 (legge 251 del 31 maggio), emanata su impulso e per volontà di Luigi Luzzatti, deputato liberale, economista ed ex ministro del Tesoro, che poi sarà presidente del Consiglio, mentre i maggiori progetti di sviluppo urbano nelle grandi città nascono tutti nei primi 15-20 anni del Novecento.

I TRENI ARRIVAVANO IN ORARIO. Questa è una storia che per la propaganda simboleggiava l’efficienza del regime: ma i treni arrivano davvero in orario?
In realtà i lavori di ristrutturazione della rete ferroviaria italiana erano stati compiuti prima del fascismo. Nonostante ciò i ritardi continuavano a esserci, ma venivano nascosti, avendo il regime fatto della puntualità un proprio cavallo di battaglia.

IL DUCE NON ERA RAZZISTA. “Se abbiamo fatto le leggi razziali era solo per colpa dei nazisti”: ma sotto sotto, il regime non era razzista?
Forse nel profondo del suo animo Mussolini non era razzista, del resto nessuno può dirlo, ma certamente lo furono la sua politica e le leggi da lui emanate. Il regio decreto 1728 (Provvedimenti per la difesa della razza italiana) stabilirà nel novembre 1938 il divieto di matrimoni misti tra ebrei e cittadini italiani di razza ariana. Sarà proibito anche prestare servizio militare o come domestici presso famiglie non ebree, possedere aziende con più di 100 dipendenti, essere proprietari di terreni o immobili oltre un certo valore, essere dipendenti di amministrazioni, enti o istituti pubblici, banche d’interesse nazionale o imprese private di assicurazione.

Con la Disciplina dell’esercizio delle professioni da parte di cittadini di razza ebraica del 29 giugno 1939 verranno imposte limitazioni e divieti anche all’esercizio della professione di giornalista, medico-chirurgo, farmacista, veterinario, ostetrica, avvocato, procuratore, patrocinatore legale, esercente in economia e commercio, ragioniere, ingegnere, architetto, chimico, agronomo, geometra, perito agrario e perito industriale.

E la politica razzista del regime non coinvolgerà solo il popolo ebreo. Il 19 aprile 1937 in Italia e nelle colonie entra in vigore il regio decreto legislativo 880, la prima legge “di tutela della razza” promulgata dal regime fascista, riferita in particolar modo agli italiani che vivevano nelle allora colonie italiane in Africa (Somalia, Eritrea, Etiopia e Libia).

Il decreto, convertito - con modificazione - dalla legge 2590 del 30 dicembre 1937, recante ‘Sanzioni per i rapporti d’indole coniugale fra cittadini e sudditi’, vietava e perseguiva penalmente i matrimoni misti e il madamato, fino al 1937 consentito e legale (“Non si verifica madamismo - specificava la Corte d’appello di Addis Abeba il 14 marzo 1939 - nel caso di un nazionale che, assunta come domestica una donna indigena, la tenga in casa con un centinaio di lire mensili per salario, e se ne serva sessualmente, giacendo con lei tutte le volte che ne senta il bisogno, raccomandandole di non concedere altrui favori, a evitare contagi lei, contaminazioni lui, ma dopo quaranta giorni circa sente di sbandare da quelli che sono i doveri razziali di ogni buon italiano e si disfa della donna. Non vi fu comunanza di letto, non di mensa, sebbene prestazioni sessuali continuate ed esclusive, ma non per un periodo di tempo che autorizzi si dica formata una costanza e duraturità di rapporti tale da tramutare l’uso fisiologico del sesso in relazione coniugale”).

ITALIANI BRAVA GENTE. C’è il mito del bravo italiano militare e colonizzatore di popoli. Quanto c’è di vero in quest’affermazione?
“L’accoppiamento con creature inferiori - scriveva Alessandro Lessona (ministro delle Colonie), sulla Stampa del 9 gennaio 1937 - non va considerato solo per l’anormalità del fatto fisiologico e neanche soltanto per le deleterie conseguenze che sono state segnalate, ma come scivolamento verso una promiscuità sociale, conseguenza inevitabile della promiscuità familiare nella quale si annegherebbero le nostre migliori qualità di stirpe dominatrice. Per dominare gli altri occorre imparare a dominare se stessi. Questo devono ricordare e devono volere gli italiani tutti, dai più umili ai più alti. Roma fu dominatrice e moderatrice fra le stirpi più diverse elevandole a sé nella sua civiltà imperiale. Quando si abbassò per mescolarsi a esse, cominciò il suo tramonto. L’avvenire prossimo e immancabile sarà per una rigogliosa colonizzazione familiare, quale è consentita e garantita, con privilegio sopra tutti gli altri popoli, dalla fortunata esuberanza demografica nazionale, dalle secolari tradizioni di sanità, di compattezza e di fecondità della famiglia italiana, dalle favorevoli condizioni ambientali che attendono i nuclei di domani. Questo avvenire non sarà compromesso”.

“Non si sarà mai dei dominatori, se non avremo la coscienza esatta di una nostra fatale superiorità. Coi negri non si fraternizza. Non si può, non si deve. Almeno finché non si sia data loro una civiltà”, scriveva Indro Montanelli sulla Civiltà Fascista nel 1936.

“Il razzismo - precisava Giorgio Almirante nel 1942 - ha da essere cibo di tutti e per tutti, se veramente vogliamo che in Italia ci sia, e sia viva in tutti, la coscienza della razza. Il razzismo nostro deve essere quello del sangue, che scorre nelle mie vene, che io sento rifluire in me, e posso vedere, analizzare e confrontare col sangue degli altri. Il razzismo nostro deve essere quello della carne e dei muscoli; e dello spirito, sì, ma in quanto alberga in questi determinati corpi, i quali vivono in questo determinato Paese; non di uno spirito vagolante tra le ombre incerte d'una tradizione molteplice o di un universalismo fittizio e ingannatore. Altrimenti finiremo per fare il gioco dei meticci e degli ebrei; degli ebrei che, come hanno potuto in troppi casi cambiar nome e confondersi con noi, così potranno, ancor più facilmente e senza neppure il bisogno di pratiche dispendiose e laboriose, fingere un mutamento di spirito e dirsi più italiani di noi, e simulare di esserlo, e riuscire a passare per tali. Non c’è che un attestato col quale si possa imporre l’altolà al meticciato e all'ebraismo: l’attestato del sangue”.

Allora: “Italiani, brava gente”, ne siamo davvero così sicuri?

FASCISMO E DONNE. “Mussolini ha valorizzato il ruolo delle donne”: che aspettativa di carriera aveva una donna durante il regime?
Con il regio decreto 2480 del 9 dicembre 1926 le donne vengono escluse in Italia dalle cattedre di lettere e filosofia nei licei, vengono tolte loro alcune materie negli istituti tecnici e nelle scuole medie, si vieta loro di essere nominate dirigenti o presidi di istituto.

Una successiva legge del 1934 (n. 221) limiterà notevolmente le assunzioni femminili, stabilendo sin dai bandi di concorso l’esclusione delle donne o riservando loro pochi posti, mentre un decreto legge del 5 settembre 1938 fisserà un limite del 10% all’impiego di personale femminile negli uffici pubblici e privati.

L’anno successivo, il regio decreto 989/1939 preciserà addirittura quali impieghi statali potessero essere assegnati alle donne: servizi di dattilografia, telefonia, stenografia; servizi di raccolta e prima elaborazione di dati statistici; servizi di formazione e tenuta di schedari; servizi di lavorazione, stamperia, verifica, classificazione, contazione e controllo dei biglietti di Stato e di banca; servizi di biblioteca e di segreteria dei Regi istituti medi d'istruzione classica e magistrale; servizi delle addette a speciali lavorazioni presso la Regia zecca.

L’articolo 4 della stessa legge, suggerirà altri impieghi “particolarmente adatti” alle donne: annunciatrici addette alle stazioni radiofoniche; cassiere (limitatamente alle aziende con meno di dieci impiegati); addette alla vendita di articoli di abbigliamento femminile, articoli di abbigliamento infantile, articoli casalinghi, articoli di regalo, giocattoli, articoli di profumeria, generi dolciari, fiori, articoli sanitari e femminili, macchine da cucire; addette agli spacci rurali cooperativi dei prodotti dell’alimentazione, limitatamente alle aziende con meno di dieci impiegati; sorveglianti negli allevamenti bacologici e avicoli; direttrici dei laboratori di moda.

IL DIRITTO DI VOTO ALLE DONNE. “È grazie a Mussolini se le donne possono votare”. Questa circola parecchio.
Dichiarava Benito Mussolini in un’intervista a Le Journal del 14 novembre 1922 (p. 1, titolo: “Les projetes et les actes de M. Mussolini” di Maurice de Waleffe): “C’è chi dice che intendo limitare il diritto di voto. No! Ogni cittadino manterrà il suo diritto di voto per il Parlamento di Roma … Consentitemi anche di ammettere che non credo di estendere il diritto di voto alle donne. Sarebbe inutile. Il mio sangue si oppone a tutti i tipi di femminismo quando si tratta di donne che partecipano alle questioni statali. Certo, una donna non dovrebbe essere una schiava, ma se le do il diritto di voto, sarei ridicolo. Nel nostro stato, non dovrebbe essere considerata”.

In parte contraddicendo il suo capo, il 22 novembre 1925 il fascismo faceva entrare in vigore la legge 2125 (nota come “il voto delle signore”) che per la prima volta rendeva le italiane elettrici in ambito amministrativo. Questa legge fu però resa inutile dalla riforma podestarile entrata in vigore pochi mesi dopo (4 febbraio 1926). Con essa ogni elettorato amministrativo locale veniva annullato e si sostituiva al sindaco il podestà che, insieme ai consiglieri comunali, non era eletto dal popolo, ma nominato dal governo.

LE BONIFICHE DELLE PALUDI. Quanti metri di bonifica hanno compiuto realmente i governi di Mussolini?
In realtà la prima legge organica per la bonifica delle zone paludose è del 1878 (dopo lo spostamento della capitale a Roma, viene approvata la legge 4642 del progetto di bonifica locale dell’Agro romano, che avrebbe poi rappresentato un modello per i futuri interventi, specialmente a partire dal primo dopoguerra). Del 1911 è la legge Bertolini-Sacchi che prevedeva, oltre alla riorganizzazione amministrativa, anche le vecchie soluzioni già attuate nella bonifica dell’Agro romano, quali incentivi economici a favore della colonizzazione e sanzioni per l’esproprio per i cattivi esecutori.

Nel 1922, prima della marcia su Roma, si contano decine di decreti regi volti a istituire consorzi di bonifica sovvenzionati dallo Stato. Insomma, numeri alla mano, il fascismo ha completato la bonifica di poco più del 6% del lavoro già avviato prima della marcia su Roma (su otto milioni di ettari da bonificare, Mussolini dichiarerà di averne bonificati quattro. In realtà ne saranno bonificati solo due, 1,5 dei quali già bonificati prima del 1922).

HA CREATO LA SCUOLA PUBBLICA. Se abbiamo un’istruzione nazionale e pubblica lo dobbiamo a Mussolini?
L'inizio della storia della scuola elementare italiana si può far risalire al 1859, anno in cui il ministro della Pubblica istruzione del Regno di Sardegna, Gabrio Casati, presentò e fece approvare il regio decreto legislativo 3725 del 13 novembre 1859 del Regno di Sardegna, noto come “legge Casati”. Mussolini non era nemmeno nato.

EDUCAZIONE FISICA NELLE SCUOLE. Non si capisce il perché, ma questa viene ripetuta come vanto del regime.
È la “legge De Sanctis” a introdurre nel 1878 l'obbligo della ginnastica nelle scuole di ogni ordine e grado. Anche in questo caso Mussolini non era ancora venuto al mondo.

IL PAREGGIO DI BILANCIO. «Se potessi avere mille lire al mese» cantava nel 1939 il maestro Mazzi. Durante il regime, le casse dello Stato come stavano? Si arrivò al tanto decantato pareggio di bilancio?
Il pareggio di bilancio fu effettivamente raggiunto nel 1925. Un ruolo chiave nel raggiungimento dell’obiettivo sarà svolto dall'economista e ministro delle Finanze Alberto De Stefani, non particolarmente amato dal duce, destituito dal suo incarico dopo che tentò inutilmente di dimettersi. Fra l’altro non è Mussolini il primo a ottenere il tanto agognato pareggio di bilancio: c’era già riuscito Minghetti nel 1876.

LA GUERRA ALLA MAFIA. “Mussolini fu l’unico a combattere davvero la mafia”: il braccio duro del fascismo contrastò le cosche criminali?
Effettivamente durante il ventennio i dati ufficiali riportano un sorprendente calo dei reati mafiosi, soprattutto in Sicilia. Ma è decisamente improbabile che la mafia scomparve miracolosamente, forse più semplicemente - un po’ come i treni in orario - si fece in modo di non farne parlare.

MUSSOLINI ERA UNA PERSONA ONESTA. “Il duce di tutti gli italiani, a differenza degli altri, non rubava”. Mussolini era davvero onesto? Quanta corruzione c’era nella dittatura?
Il 10 giugno 1924 Giacomo Matteotti viene rapito e ucciso dai fascisti. Sul movente del delitto la ricerca storica si sta confrontando da decenni. Una delle ipotesi più recenti spiega il crimine anche con la necessità del duce di tappare la bocca a "Tempesta", perché convinto che il giorno seguente, l'11 giugno, il deputato socialista avrebbe rivelato gravi casi di corruzione di cui si sarebbero resi responsabili Mussolini e alcuni gerarchi del partito.

È storicamente documentato che anche il fascismo mussoliniano fu caratterizzato da un'estesa e radicata corruzione. Del resto, diceva lo stesso duce: “Se il fascismo è stato un’associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere!”.

MUSSOLINI ERA AMATO DAL SUO POPOLO. “Mussolini avrà anche fatto degli errori, ma amava davvero il suo popolo”. Davvero?
Tra partigiani e soldati italiani sono caduti combattendo durante la seconda guerra mondiale almeno 300 mila uomini. Le donne partigiane combattenti sono state 35 mila: 4.653 sono state arrestate e torturate, oltre 2.750 deportate in Germania, 2.812 fucilate o impiccate, 1.070 cadute in combattimento.

Durante la Resistenza le vittime civili di rappresaglie nazifasciste sono state oltre 10 mila. Ancora di più gli ebrei italiani deportati. Tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, solo nella valle tra il Reno e il Setta (tra Marzabotto, Grinzana e Monzuno), i soldati tedeschi, con la complicità degli italici fascisti, hanno massacrato circa mille persone.

Mussolini amava gli italiani? No, decisamente no.

MUSSOLINI HA FATTO TANTE COSE PER I LAVORATORI. Sì?
Tante cose, sì, ad esempio ha vietato lo sciopero e ha sciolto i sindacati. Con gli accordi di Palazzo Vidoni del 2 ottobre 1925, Confindustria e sindacato fascista si riconoscono reciprocamente quali unici rappresentanti di capitale e lavoro, abolendo le Commissioni interne. La sanzione ufficiale di tale svolta arriva con la legge 563 del 3 aprile 1926, che riconoscendo giuridicamente il solo sindacato fascista - l’unico a poter firmare i contratti collettivi nazionali di lavoro - istituirà una speciale magistratura per la risoluzione delle controversie di lavoro, cancellando il diritto di sciopero. “Il fascismo - diceva Bruno Buozzi, che dai nazifascisti sarà ucciso - rappresenta nella vita nazionale dell’Italia un episodio doloroso (…) L’esperienza fascista, soprattutto in campo operaio, costituisce un’ingiustizia atroce, un passo all’indietro, la perdita di anni preziosi”.

Se vi è piaciuto questo articolo apprezzerete la rubrica Buona Memoria curata da Ilaria Romeo che ogni giorno di prima mattina vi propone un'analisi di un fatto storico famoso o da scoprire. Qui di seguito una lista di articoli a tema fascismo e fake news.