Il forte calo delle vaccinazioni nei giorni di Pasqua, la richiesta delle Regioni di nuove dosi, il dibattito all’interno del governo sulle riaperture: questi i temi che dominano le prime pagine dei maggiori quotidiani nazionali di oggi (martedì 6 aprile).

“Regioni, spinta per riaprire. L’ipotesi di zone gialle dal 20. Draghi: decideremo sulla base dei contagi. Salvini: sì alla scienza, no all’ideologia del rosso. Le regole in vigore da domani alla fine del mese” titola il Corriere della Sera, mentre Repubblica apre con “Vaccini, il flop di Pasqua. Corsa alle dosi per ripartire. Nei tre giorni di festa crollo delle somministrazioni: media sotto le 150 mila. Il governo scommette su 1,5 milioni di Pfizer. Le forniture in arrivo domani si aggiungono agli altri lotti disponibili. Settimane a rischio per le nuove inoculazioni. In arancione 11 regioni. Fino alla prima media si torna in aula”.

“Battaglia sulle riaperture. Zaia: pronto per Sputnik. Torna il Paese a più colori. Domani a scuola in 5 milioni, ma la Puglia dice no. Ancora ritardi col piano vaccinale. Parigi: via alla produzione. Via al turismo da virus”, recita la Stampa, tema analogo per il Fatto Quotidiano: “Le vaccinazioni chiuse per ferie: 370 mila in 3 giorni. Effetti della pausa pasquale: domenica in Umbria 14 vaccinati, Sardegna 39, Molise 252, Basilicata 530”. 

L’apertura del Messaggero è “AstraZeneca, i dubbi dell’Ema. L’Agenzia europea: c’è un nesso tra vaccino e trombosi. A rischio le donne under 50. L’Italia pronta a modificare le fasce d’età. Pressing dei governatori per le riaperture”, mentre il Giornale titola “Italia in ginocchio, ultimatum dei commercianti. Sangalli al governo: ‘Finora si è concentrato sulle chiusure, ma è urgente un piano per ripartire. Moratoria fiscale, basta assurdità’. Ma sulle riaperture salta la cabina di regia”. 

Aperture differenti per gli altri quotidiani. Il Manifesto titola “Ritorno al futuro. Intervista di Luciana Castellina a Maurizio Landini, segretario generale della Cgil: Pandemia e transizione ecologica come transizione di sistema sono le sfide del movimento dei lavoratori. In gioco è la democrazia, nei posti di lavoro e nella società”. Per il Sole 24 Ore c’è “Borse, Chicago vince in Europa. La guerra dei listini: con gli scambi alternativi, il Cboe supera i volumi di Euronext e Lse. Supremazia grazie alle piattaforme Chi-x e Bats. E Wall Street macina record”, mentre Libero apre con “Per fermare i migranti ci volevano i turchi. La Guardia costiera di Erdogan blocca un barcone con 109 clandestini diretti verso la penisola. La nostra invece lascia libere le navi di attraccare”.

Le interviste
“Ritorno al futuro. Il tempo nuovo del sindacato”: questo il titolo della lunga intervista di Luciana Castellina al segretario generale della Cgil Maurizio Landini, posta in prima pagina sul Manifesto. “La pandemia ha messo drammaticamente in evidenza l'insostenibilità dell'attuale modello di sviluppo che ha portato alla rottura degli equilibri con la natura”, spiega il leader sindacale, evidenziandone alcuni effetti: “Il lavoro si è precarizzato e svalorizzato al punto che si è poveri anche lavorando. Il potere decisionale si è accentrato in mano di pochi. Contano di più grandi multinazionali che singoli Stati. Sono diventati sempre più lontani e impenetrabili i luoghi dove vengono assunte decisioni determinanti per tutti noi”.  

Per Landini, dunque, c’è bisogno “di un cambiamento radicale: di pensare a un diverso modello di società. E anche il sindacato deve cambiare. È cresciuto in un mondo nel quale i termini crescita, sviluppo, progresso tecnologico, diffusione del benessere coincidevano. Oggi siamo di fronte a un quadro radicalmente nuovo: si è spezzato quel rapporto che sembrava scontato quanto lineare tra sviluppo e benessere”. La crescita, inoltre, deve misurarsi con “il concetto di ‘limite’, che ci dice che le risorse naturali -aria, acqua, la terra stessa - non sono infinite (…) Il tema di ‘cosa produrre, come produrre, per chi produrre’ diventa decisivo se non si vuole che a pagare il conto della crisi sia il mondo del lavoro”.

Occorre misurarsi, quindi, con “la grande questione della transizione ecologica”. Questo vuole dire “cambiare radicalmente l'attuale modello di produzione e di consumo; passare dalla produzione di beni di consumo individuali a quella di beni collettivi. Vuol dire occuparsi di risanamento delle aree urbane, della mobilità collettiva, di suolo, aria, sanità, formazione, ricerca, cultura. E soprattutto di energie rinnovabili e di riuso per impedire lo spreco”. Un nuovo modello di sviluppo, però, si può attuare anzitutto “a condizione che ci sia un grande progetto di cambiamento generale che nasca dalla contrattazione nei posti di lavoro e nelle vertenze territoriali”. E poi “serve il protagonismo delle lavoratrici e dei lavoratori. Bisogna investire sul lavoro e sulla sua qualità, a partire dal superamento della precarietà e dal diritto alla formazione permanente e alla conoscenza. I lavoratori devono poter dire la loro, con competenza, sulla natura degli investimenti, sugli indirizzi delle imprese”.

Per realizzare questo “protagonismo” è ovviamente necessario “pensare a nuove forme di democrazia economica, sperimentare nuove forme di codeterminazione nelle imprese, consapevoli che oggi è anche più acuta l'esigenza di una riflessione sulla contraddizione tra il diritto di proprietà e la libertà della persona nel lavoro”. Per Maurizio Landini è arrivato il momento di “un sostegno legislativo alla contrattazione collettiva che dia validità erga omnes ai contratti collettivi nazionali. E di una legge sulla rappresentanza che recepisca gli accordi interconfederali, sancisca il diritto di voto delle lavoratrici e dei lavoratori per approvare gli accordi che li riguardano, certifichi la rappresentanza delle controparti datoriali”. 

Il “protagonismo” dei lavoratori, inoltre, si sta ora esprimendo anche nella forma del “sindacato di strada”, che potrebbe in effetti “esser uno degli strumenti importanti per rivitalizzare la mobilitazione della società”. Landini evidenzia che “occorre riscoprire il ruolo fondamentale delle Camere del lavoro, rinnovando la straordinaria funzione che ebbero alla loro nascita, quando furono la sede della costruzione della solidarietà tra persone che facevano lavori diversi o che lavoro non lo avevano affatto”. Il territorio diventa il luogo “dove si possono incontrare i lavoratori, in particolare quelli che vivono le condizioni di maggiore disagio. Inoltre, la presenza sul territorio consente di aprire vertenze su servizi, casa, trasporti, cultura, tempo libero. E da lì che si guarda al lavoratore e alla lavoratrice non solo in rapporto al loro lavoro, ma anche alla loro complessiva condizione sociale”. 

Il “sindacato di strada” ha anche il merito di sollecitare una “partecipazione democratica” che negli ultimi anni è “stata mortificata da una visione della politica che ha considerato come unica bussola la ‘governabilità e la manutenzione tecnica’ del sistema”. Le molteplici riforme istituzionali e costituzionali “hanno tutte implicitamente espresso un obbiettivo: accentrare la decisione politica negli esecutivi, liberare il campo da tutte le reti dei poteri intermedi. Le stesse forze progressiste e di sinistra sono state dentro questo processo e hanno via via spezzato i fili della rappresentanza con il mondo del lavoro”. Da qui anche l’esigenza della tenuta “del rapporto unitario con Cisl e Uil. È un rapporto che va rilanciato e che, nel vivo dell'esperienza concreta, deve saper prospettare un nuovo sindacato confederale unitario, plurale, partecipato, democratico”. 

In conclusione, qualche indicazione per il futuro. “La frantumazione del lavoro, che ha fatto seguito alla controffensiva capitalista degli anni Ottanta, ha messo in difficoltà la nostra stessa capacità di rappresentanza”, spiega Landini: “Bisogna allora pensare e praticare forme di democrazia capaci di raccogliere la complessità delle condizioni di lavoro. Si può, ad esempio, pensare a delegati di sito e di filiera, lavoratori cioè che tentano, a partire dalla loro funzione di rappresentanza, di unire ciò che oggi è diviso”. E poi occorre “fare del sindacato un soggetto attivo entro un processo aperto e più ampio attraverso il confronto e l'iniziativa con soggetti che possono contribuire a costruire progetti di trasformazione della società e di affermazione di nuovi diritti. Questo vuol dire, come Bruno Trentin ricordava spesso, costruire forme nuove di consultazione e collaborazione reciproca. Forme nuove di rappresentanza, di organizzazione, di partecipazione, non certo sostitutivi degli istituti della democrazia delegata, ma suo arricchimento”.

Gli editoriali
In Italia svolgono “lavoretti” circa 700 mila lavoratori, ossia il 3 per cento di tutti gli occupati. Parte da questo dato la riflessione dell’economista Mario Deaglio, apparsa oggi sulla Stampa: “Iniziata come momento di rifugio di chi ha perduto, o non è riuscito a ottenere, un lavoro tradizionale, la ‘economia dei lavoretti’ ha colto di sorpresa le imprese, soprattutto quelle ‘nuove’ e rampanti che dominano i mercati finanziari in tutto il mondo e che operano soprattutto nel settore della distribuzione e dei trasporti e nell'estensione delle applicazioni informatiche a ogni tipo di prodotto. Anche il sindacato, però, spesso tutto concentrato in una pur meritoria difesa dei modelli del passato, ha spesso sottovalutato o trascurato questa realtà esplosiva”.

Una realtà che sta cambiando, e che vede il governo spagnolo annunciare “un progetto di legge per estendere ai ‘lavorettisti’ molte delle garanzie del lavoro dipendente”, un tribunale inglese esprimersi in tal senso “per quanto riguarda gli autisti Uber”, diverse società del settore “assumere gran parte di questi lavoratori solo apparentemente saltuari”. Per Deaglio si tratta “di un'opportunità importante per costruire una società nuova. Un lavoro ‘gig’ per tutta la vita non è probabilmente l'ideale di nessuno, ma può rappresentare una piattaforma importante, soprattutto per i giovani che oggi non lavorano né studiano (…) Per le imprese che offrono lavoretti, si tratta di evitare una dura risposta sociale nei loro confronti, e molte sembrano aver cominciato a capirlo. Per la società nel suo insieme si tratta di contrastare efficacemente un elemento distruttivo (…) e ottenere così un prezioso elemento di stabilità che oggi, purtroppo, è largamente assente”.

“Industria, turismo, energia e logistica per fare del Sud una leva di sviluppo”, questo il titolo del commento dell’economista Massimo Deandreis sul Sole 24 Ore. Per l’autore “il Sud non è un deserto industriale (…) con oltre 95mila imprese manifatturiere, se il Mezzogiorno fosse uno Stato dell'Ue sarebbe all'8° posto tra Paesi con maggiore presenza industriale. Cinque filiere produttive - automotive, aerospazio, abbigliamento-moda, agroalimentare e farmaceutico - concentrano il 50% di tutto il manifatturiero del Sud, generano 15 miliardi di valore aggiunto, 23 miliardi di export e occupano 269mila persone”.

Inoltre, 100 euro di investimenti fatti nel Mezzogiorno in queste filiere “producono, in media, una domanda aggiuntiva nel Centro-Nord di altri 54 euro poiché l'industria nel Sud (soprattutto automotive, aerospazio e abbigliamento) è collegata a filiere lunghe con rapporti stretti di subfornitura tra segmenti produttivi. Ed è in questo quadro di interdipendenza che si può affermare che il rafforzamento dell'industria nel Mezzogiorno va a vantaggio di tutto il Paese, Nord incluso”. Cosa serve allora per il rilancio dell'industria del Mezzogiorno? “Serve concentrare gli interventi sui cinque settori indicati, evitando interventi indifferenziati. In queste filiere è prioritario soprattutto aumentare la densità del tessuto produttivo, aumentando il numero di imprese, favorendo specificatamente attrazione di nuovi investimenti e operazioni di M&A. Anche sollecitando un ruolo guida delle grandi imprese partecipate dallo Stato. Unitamente a interventi mirati per la crescita dimensionale, poiché il ‘nanismo’ qui è ancora più eclatante”.

La Cgil
L’apertura di Collettiva è dedicata alla Sicilia, che sta attraversando una notevole crisi economica e sociale. Il pacchetto informativo comprende il video sulle potenzialità di turismo e patrimonio culturale, l’annoso e finora irrisolto tema delle infrastrutture, il necessario rilancio dell’agricoltura.

Da segnalare anche l’approfondimento sulla vertenza della Jsw Steel Italy di Piombino (Livorno) e la protesta dei sindacati metalmeccanici per la tragedia sfiorata nell’impianto ArcelorMittal di Taranto.

L’agenda degli appuntamenti
Per il quadro completo di tutti gli appuntamenti Cgil, vedi l’agenda di Collettiva.