Investire sul turismo e sull'enorme patrimonio culturale. Questa la ricetta dello studio “Il mercato del lavoro siciliano nel contesto post emergenziale: andamenti e proiezioni” elaborato dall’Associazione Lavoro&Welfare, da poco presentato. L'emergenza sanitaria non può dirsi finita e le inchieste recenti mettono in evidenza – così ha affermato il segretario generale della Cgil Sicilia Alfio Mannino in una lettera aperta alla società civile – una debolezza della classe dirigente che governa la Regione. Ma l’emergenza finirà e occorre prepararsi, anzi occorre cominciare subito a progettare il futuro. Partendo dai dati che suggeriscono strade da percorrere.

E i numeri parlano chiaro. Dicono che quando è arrivato il coronavirus, la Sicilia "aveva già evidenziato delle difficoltà di recupero della caduta del pil subita tra il 2008 e il 2014. Il 2019 è stato un anno di sostanziale e piuttosto omogenea stasi, con la Sicilia ferma allo 0,0%, il Sud allo 0,2% e l’Italia allo 0,3%”. Nel 2020 l’isola ha perso l'8,1% di pil. Se questi sono i numeri dell’economia, quelli dell’occupazione sono conseguenti, forse peggiori. E la decrescita degli occupati e delle occupate è cominciata prima della pandemia.

“I dati relativi all’occupazione, con riferimento al 2019 e dunque antecedenti alla diffusione del Covid-19, avevano già evidenziato un calo dei posti di lavoro del 6% rispetto all’anno precedente, a fronte di una crescita a livello nazionale (+1,1%)", spiega la ricerca, aggiungendo che nell'’anno dell'emergenza sanitaria "le cose sono ulteriormente peggiorate: nei primi sei mesi del 2020 si sono persi ulteriori 34.300 posti". Di contro, è aumentato vorticosamente il ricorso alla cassa integrazione in deroga, si parla di 40 milioni di ore autorizzate nel 2020, di cui 35 nel settore del commercio.

”L'analisi di Lavoro&Welfare - commenta il segretario generale della Cgil Sicilia Alfio Mannino - ci dà un’indicazione di lavoro, segnalandoci da dove ripartire, cioè dal turismo, dai servizi e dalle infrastrutture, investendo per valorizzare il nostro patrimonio, determinando condizioni che assicurino la sicurezza sanitaria e superando problemi storici come, ad esempio, la stagionalità dei flussi. Ma anche dai settori produttivi, già in forte crisi anche in periodo pre-Covid, come segnalano i dati sugli ammortizzatori sociali”. Le indicazioni che arrivano, sostiene ancora Mannino, ci dicono che “per ripartire occorre ora indirizzare bene gli investimenti e mettere in campo politiche attive del lavoro che puntino anzitutto sulla formazione e riqualificazione dei lavoratori e delle lavoratrici, pensando ai processi di transizione ecologica ed energetica e alla riconversione in chiave green dell’economia”.

Il turismo legato alla cultura, dunque, è una delle chiavi della ripartenza. Al 31 dicembre del 2019, secondo Infocamere Movimprese, le imprese attive nei servizi di alloggio erano 3.234, nei servizi della ristorazione 22.982, nel comparto dell’intermediazione 1.535. Avevano una dimensione molto piccola, ben il 33,3% non aveva dipendenti. E per quanto riguarda gli occupati, sempre alla stessa data erano 59.462, di essi il 37% ful time, 63% part time, il 65% a tempo determinato. Insomma, un numero non indifferente di lavoratori e lavoratrici, ma nella stragrande maggioranza dei casi lavoro debole e povero.

“In questo settore - commenta Monja Caiolo, segretaria regionale della Filcams Cgil - vi è anche una forte presenza di lavoro irregolare, soprattutto lavoro nero, che unito a quello precario e stagionale non solo impedisce il rilancio e la crescita del turismo, ma conferma che questo non viene inteso come un settore produttivo qualificato, come appunto dimostra la mancanza di politiche attive del settore. Manca, soprattutto, una strategia d'insieme, capace di offrire prodotti diversificati secondo le diverse richieste”.

Prima che il coronavirus arrivasse, la stagione turistica in Sicilia cominciava a Pasqua e finiva a ottobre. Nel 2020 è cominciata a luglio (a voler essere ottimisti) ed è finita a inizio settembre. Non solo: per ragioni di sicurezza si è preferito prendere case in affitto anziché soggiornare negli alberghi o in altre strutture ricettive. Il risultato è che il 95% delle strutture turistiche sta facendo ricorso agli ammortizzatori sociali. Le vere vittime della situazione sono i lavoratori e le lavoratrici stagionali, lo scorso anno non sono stati chiamati o hanno avuto contratti assai più brevi che nel passato. Ma l’economia dell’isola passa da qui.

“Abbiamo chiesto più volte, unitariamente, l’attivazione di un tavolo tecnico permanente all’assessorato regionale al Turismo, con il coinvolgimento di quelli al Lavoro, alle Attività produttive, ai Beni culturali e alle Infrastrutture", conclude Monja Caiolo: "Noi pensiamo che soltanto attivando un confronto permanente sia possibile individuare le giuste strategie per garantire la ripresa del settore, attraverso un’ottica di sistema. Serve una rete di trasporti qualificata ed efficiente. Serve valorizzare i beni culturali, integrandoli nella filiera turistica insieme al patrimonio ambientale ed eno-gastronomico. Abbiano domandato, ma finora non abbiamo ricevuto risposta”.