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Altro che blocco dell’aumento dei requisiti: la prossima Legge di Bilancio conferma l’adeguamento alla speranza di vita. Un meccanismo che farà scattare un progressivo innalzamento sia dell’età per la pensione di vecchiaia sia dei requisiti contributivi per la pensione anticipata. Nel dettaglio:
- dal 2027 aumento di 1 mese;
- dal 2028 aumento di 3 mesi;
- e, secondo le stime già note, dal 2029 si aggiungeranno altri 2 mesi.
Risultato? Pensione di vecchiaia a 67 anni e 5 mesi, e pensione anticipata con 43 anni e 3 mesi di contributi (42 anni e 3 mesi per le donne). Un percorso che smentisce in modo clamoroso le promesse del governo Meloni: nessun blocco, nessuna tutela, nessun superamento della Fornero. Solo un progressivo allungamento dell’età lavorativa, che costringe milioni di persone a restare al lavoro sempre più a lungo e con pensioni sempre più basse.
Gli unici esclusi dall’aumento restano i lavoratori gravosi e usuranti: appena l’1,7% di chi andrà in pensione nei prossimi anni. Tutti gli altri dovranno lavorare di più per ricevere di meno.
Nessuna flessibilità, nessuna visione
legge Fornero: l’esecutivo che ne aveva promesso l’abolizione la sta, di fatto, rafforzando. È la quarta manovra consecutiva che interviene sulle pensioni senza una visione riformatrice, senza prospettiva e senza risposte ai bisogni reali delle persone.
Ancora una volta, la Legge di Bilancio del governo Meloni si abbatte sul sistema previdenziale. Un colpo durissimo che riduce le tutele, cancella la flessibilità in uscita e irrigidisce ulteriormente l’accesso alla pensione. Altro che superamento della“Nonostante le promesse elettorali, viene nuovamente azzerata ogni forma di flessibilità in uscita – denuncia Ezio Cigna, responsabile delle politiche previdenziali della Cgil nazionale –. Non vengono prorogate nemmeno Quota 103 e Opzione Donna, già fortemente penalizzata negli ultimi anni. In questo modo si chiude la possibilità per lavoratrici e lavoratori di accedere alla pensione prima dei requisiti Fornero”.
Ape Sociale, proroga a tempo
L’unica misura confermata è l’Ape Sociale, prorogata solo per il 2026. Per i lavoratori precoci essuna tutela per disoccupati, caregiver e invalidi al 74%, che subiranno l’aumento già dal 2027. Dallo stesso anno in pensione sempre più tardi anche per il personale e forze armate, forze di polizia a ordinamento civile e militare e il corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Sul fronte economico, la situazione non è migliore. “L’unico intervento riguarda le maggiorazioni sociali, che crescono di appena 12 euro rispetto all’anno scorso – spiega Cigna – mentre le pensioni minime vengono adeguate solo all’inflazione più un 1,3% aggiuntivo, pari a poco più di 4 euro al mese. È una presa in giro per chi vive con assegni di poche centinaia di euro”.
Pubblico impiego, il caso Tfs/Tfr
Nemmeno il pubblico impiego esce indenne. Sul Tfs/Tfr, il governo riduce da 12 a 3 mesi i tempi di liquidazione solo per chi va in pensione per limiti di età o ordinamentali, lasciando migliaia di lavoratrici e lavoratori ancora in attesa per anni. “Dopo la sentenza n.130/2023 della Corte Costituzionale – sottolinea Cigna – serviva una risposta strutturale. Invece si è scelto un intervento parziale e discriminatorio, che continua a negare giustizia a chi ha lavorato una vita”.
Un giudizio netto arriva anche da Lara Ghiglione, segretaria confederale della Cgil: “Ci troviamo di fronte a una manovra che non solo non risolve i problemi del sistema previdenziale, ma li aggrava. Si toglie flessibilità, si riducono le tutele, si nega un sostegno concreto alle pensioni più basse e si ignorano completamente le condizioni di chi ha svolto lavori faticosi o discontinui. Le lavoratrici e i lavoratori vengono ancora una volta trattati come una variabile di bilancio, non come persone che hanno diritto a una vecchiaia dignitosa”.
Il colpo più duro riguarda donne e giovani
La cancellazione di Opzione Donna è “l’ennesimo schiaffo al lavoro femminile”: nessun riconoscimento dei periodi di cura, nessuna misura per chi ha carriere frammentate, nessuna risposta alla disuguaglianza che penalizza milioni di donne. E per i giovani, il vuoto assoluto: nessuna pensione contributiva di garanzia, nessuna prospettiva per chi vive di lavori precari o saltuari.
“Un governo miope – aggiunge Ghiglione – che dice di voler difendere il futuro ma continua a negarlo. Mentre promette il superamento della Fornero, rafforza un sistema ingiusto e diseguale che scarica tutto sulle nuove generazioni”.
Il 25 ottobre la mobilitazione della Cgil
Per la Cgil è urgente una vera riforma delle pensioni, fondata su flessibilità, equità e solidarietà tra generazioni. Una riforma che riconosca il lavoro delle donne, di chi svolge attività gravose o usuranti, e che garantisca pensioni dignitose ai giovani.
“Per questo – conclude Ghiglione – il 25 ottobre saremo in piazza, insieme alle lavoratrici e ai lavoratori, per far sentire la nostra voce e chiedere al governo di cambiare rotta. Le pensioni non sono un privilegio, sono un diritto che va difeso e rafforzato”.