Ormai è cosa nota, il governo ha non solo non ha impedito, ma ha favorito che dalle tasche di lavoratrici lavoratori e pensionate, con il trucco e con l’inganno, vi fosse un travaso di risorse verso le casse dello Stato: 25 miliardi tra il 2022 e il 2024. Soldi non dovuti, ma raccolti a causa di un meccanismo vizioso tra aumenti contrattuali – comunque inferiori a quanto perso – e inflazione.

Ben prima della presentazione della manovra la Cgil ha portato al tavolo di Palazzo Chigi un pacchetto di proposte per sostenere le buste paga di dipendenti e pensionati, quelli che pagano quasi l’80% dell’Irpef. Ma dal governo quasi nessuna risposta. Lo ricorda Christian Ferrari, segretario nazionale della Cgil: “Abbiamo presentato un pacchetto di proposte al governo per fare in modo che la manovra di bilancio affronti una questione salariale che ormai, nel nostro Paese, è una vera e propria emergenza sociale. La detassazione degli aumenti contrattuali è solo una delle rivendicazioni di quel pacchetto”.

Fiscal drag, il recupero che non c’è

La proposta più importante, invece, il recupero di quanto versato non dovuto con il drenaggio fiscale, non è stata nemmeno presa in considerazione. Aggiunge il segretario: “La parte più rilevante, invece, riguarda il drenaggio fiscale che – tra il 2022 e il 2024 – ha sottratto ben 25 miliardi di euro a lavoratori e pensionati. L’esecutivo ha deciso di non restituire il pregresso che, se consideriamo anche il 2025, arriva a far pagare fino a 2.000 euro in più, in media, ai lavoratori”.

Non solo, Meloni e Giorgetti hanno deciso che questi soldi non dovuti che lavoratori lavoratrici e pensionati versano, fanno comodo e quindi li vogliono incassare anche in futuro. “E, come se non bastasse – denuncia il dirigente sindacale – hanno scelto di non neutralizzarlo per il futuro, attraverso l’indicizzazione automatica all’inflazione dell’Irpef (scaglioni, detrazioni, trattamento integrativo, eccetera). E questo è ancora più grave: così facendo, con una mano si dà qualcosa, poco, a chi vive di reddito fisso, con l’altra si prende molto di più”.

Propaganda al potere

Però la destra al governo continua nella propaganda raccontando una manovra a favore delle famiglie e dei lavoratori, vendendosi la detassazione dei rinnovi contrattuali come una grande elargizione. I conti però li ha fatti la Cgil e le cose non stanno come vengono raccontate: “Noi abbiamo proposto la detassazione degli aumenti da Ccnl per tutte e tutti; è stata invece prevista solo per i redditi fino a 28.000 euro, sostenendo che, per le altre fasce di reddito, interverrà la riduzione della seconda aliquota dell’Irpef dal 35 al 33%”. Precisa Ferrari che aggiunge: “Segnaliamo, però, che per un lavoratore con un reddito di 30.000 euro lordi annui, quella riduzione vale 3 euro al mese, cioè sostanzialmente nulla”.

I conti non tornano

Ed ecco i conti nudi e crudi. Ipotizzando, infatti, un aumento da Ccnl nel 2025 del 2% (Ipca-Nei pubblicato dall’Istat): un lavoratore con un reddito annuale di 15.000 euro lordi, anche considerando la detassazione al 5% di cui sopra, otterrà 259 euro netti all'anno in più in busta paga, ma si vedrà drenati 130 euro, dimezzando il vantaggio; un lavoratore con 20.000 euro lordi di reddito, a fronte di un aumento netto di 345 euro, ne perderà 513.

E più si sale, peggio è: fino ad arrivare a un lavoratore con 35.000 euro lordi annui, che otterrà sì un aumento contrattuale netto di 413 euro, ma subirà un drenaggio fiscale di 1.566 euro, che non verranno certo compensati dagli 88 euro di beneficio ottenuto dal taglio della seconda aliquota dell’Irpef previsto per il 2026.

“Questo sistema perverso continuerà a far impoverire lavoratori e pensionati all’infinito, fino a quando il drenaggio non sarà fermato”. È il monito di Ferrari che aggiunge: “Non c’è nulla di casuale in tutto questo. Se il governo ha deciso di non neutralizzare questa “macchina infernale”, è per una ragione molto semplice: su quelle imposte non dovute fa affidamento per garantire gli equilibri di finanza pubblica, scaricandoli per intero sui soliti noti. Per di più, con l’obiettivo di finanziare una folle corsa al riarmo che ci costerà 23 miliardi di euro solo per i prossimi tre anni”.

Il 25 ottobre tutti in piazza

Ma le bugie hanno le gambe corte, così pure la propaganda fondata sul nulla. “Sostanzialmente, a parole si dichiara di voler tutelare il potere d’acquisto di lavoratori e pensionati, nei fatti si fa esattamente il contrario”. Per questo il prossimo 25 ottobre, la Cgil torna in piazza, per denunciare i trucchi del governo e una manovra che penalizza dipendenti e pensionati.