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All’insegna dello slogan “No alle indicazioni nazionali 2025, No al ritorno al passato. La scuola democratica riprende la parola”, il 18 ottobre si terranno iniziative in tutto il Paese (a Roma presidio davanti al Mim alle 10, ndr) per discutere e contestare le scelte di politica scolastica del governo tutte orientate a ridisegnare la missione della scuola pubblica e la figura del docente secondo un modello autoritario e regressivo.
Torna la “vecchia” scuola
Nelle Indicazioni nazionali 2025, infatti, si ritorna ad una scuola nozionistica e trasmissiva, dove la relazione educativa è rigorosamente unidirezionale: il docente insegna, l’alunno impara. Lo spostamento di paradigma dalla scuola dell’apprendimento alla scuola dell’insegnamento è evidente. Il tutto infarcito dall’esaltazione della cultura individualistica – elitaria e selettiva - del talento della persona.
C’è la chiara volontà di stravolgere e soppiantare la visione propria delle precedenti Indicazioni, quelle del 2012, di una scuola aperta e inclusiva, calata in un contesto plurale e multiculturale, in cui la cultura e l’apprendimento sono rappresentati come processo dinamico che stimola atteggiamenti di ricerca, connessione, riflessione.
Si tratta di un’impostazione che caratterizza tanto la parte generale quanto la trattazione delle discipline. Solo per fare qualche esempio: nella parte relativa all’insegnamento dell’italiano, viene posta grande enfasi sulla correttezza formale della lingua, la morfologia, l’ortografia, la sintassi, la punteggiatura; senza negare l’importanza di questi aspetti, emerge un’idea di lingua come insieme di regole da applicare piuttosto che mezzo di espressione personale, sociale e culturale, come strumento per l’esercizio della cittadinanza attiva.
La storia come aneddoto
Mentre la storia, ridotta a narrazione aneddotica-identitaria, oltre a trascurare gli esiti delle ricerche scientifiche sulla didattica disciplinare, è finalizzata più a rinsaldare l’appartenenza e a far emergere il modello di supremazia dell’Occidente che a formare cittadini consapevoli della complessità dei processi storici e delle contraddizioni che li attraversano. Questo paragrafo disciplinare si apre con la frase “solo l’Occidente conosce la storia”, un incipit che è tutto un programma.
La fine dell’intercultura
Tutto questo si riflette inoltre sul concetto di integrazione dei “giovani provenienti da altre culture”: scompare l’intercultura, intesa come valorizzazione del pluralismo linguistico, culturale, religioso e ci si focalizza esclusivamente sull’apprendimento della lingua italiana e sulla conoscenza della storia nazionale, come strumento determinante di integrazione, secondo una logica miope e assimilazionistica.
La pretesa restituzione di prestigio alla figura del docente che è “magis e magister”, al quale “maxima debetur reverentia”, viene smentita dal fatto che la sua autorevolezza non è legittimata da una professionalità basata sulla libertà di insegnamento ed esercitata nel quadro delle norme che regolano l’autonomia scolastica, ma da un elenco dettagliato di prescrizioni ministeriali a cui deve attenersi.
Tante criticità, contenute nelle cento e più pagine del documento, sono state stigmatizzate anche da alcuni importanti organismi istituzionali, ultimo in ordine di tempo il Consiglio di Stato che ha rilevato molte ed evidenti lacune strutturali, sospendendo il parere nelle more degli adempimenti alla luce delle sostanziali modifiche richieste.
La diffusa contrarietà manifestata da parte dell’articolato mondo della scuola ha trovato espressione nel “Tavolo nazionale per la scuola democratica” una rete costituita da 28 soggetti collettivi impegnati nei settori dell’educazione e dell’istruzione.
Il 18 ottobre quindi sarà una giornata di mobilitazione nazionale articolata a livello territoriale (i singoli appuntamenti sono sulla pagina Fb del Tavolo, ndr), che si potrà seguire sul canale YouTube del Tavolo: una tappa della nostra azione per salvaguardare un’idea di scuola democratica, partecipativa, inclusiva. Ma il nostro impegno andrà oltre il 18 ottobre. Il mondo della scuola reale e resistente ha gli strumenti, l’intelligenza, la volontà per ridare slancio alla ricerca educativa e alla progettazione didattica e, facendo leva sulla sua autonomia e sulla libertà di insegnamento sancite dalla Costituzione, per respingere le nuove Indicazioni con la loro portata regressiva e anacronistica.
Manuela Calza, segreteria nazionale Flc Cgil