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Durante le varie riunioni tra docenti che precedono l’inizio di ogni anno scolastico quella del Dipartimento di lettere, concentrata sulle materie umanistiche, ha avuto sin dalle prime battute un convitato di pietra piuttosto ingombrante, rappresentato non tanto dal ministro Giuseppe Valditara quanto dalle sue nuove Indicazioni nazionali, che per la secondaria di primo grado entreranno in vigore dall’autunno del 2026.
Partendo da una diffusa perplessità dovuta all’abolizione della geostoria nelle scuole superiori (nella scuola media è normale parlare di scuole superiori, prepariamo i nostri alunni a queste), si è cercato di comprendere cosa significhi tale scelta, in luogo di una storia intesa come “scienza degli uomini nel tempo”, focalizzata sulla “narrazione storica” senza “sovrastrutture ideologiche”, laddove questo ultimo riferimento sembra volersi rivolgere, in maniera velata ma non troppo, a quella vasta tribù di cattivi maestri che secondo molti, incluso il ministro Valditara, continua a infestare la scuola italiana.
Nel corso della riunione la questione tornava su come sia possibile, al giorno d’oggi, separare in maniera così drastica la storia dalla geografia, e gli esempi emersi rischiano di sfiorare la banalità: dovremmo spiegare la Russia e l’Ucraina, così come configurate sulle cartine geografiche, senza parlare della storia della Russia e dell’Ucraina negli ultimi cento anni, ignorando una guerra in corso? Dovremmo approfondire l’intera zona dei paesi mediorientali senza proferire verbo rispetto a quanto accaduto e ancora accade tra Israele e Palestina?
Una situazione paradossale, che non tiene conto tra le altre cose di un elemento fondamentale, vale a dire la presenza in classe di studenti e studentesse che non vivono in un altro pianeta, e seppur distratti o deviati da varie diavolerie tecnologiche un minimo di informazione su quanto accade nel mondo la acquisiscono comunque, tra un telegiornale acceso a casa o lo scrollare del telefonino; e se chiedono ulteriori notizie in merito, non credo che il compito di un docente sia o dovrà essere quello di rifugiarsi dietro la protezione delle nuove Indicazioni nazionali che aboliscono la geostoria, anche a rischio di essere bollati come cattivi maestri.
E se l’introduzione del latino nelle scuole medie offre spunti di confronto diversi tra loro, tra chi pensa sia un provvedimento ormai datato, e chi ritiene sia invece il caso di potenziarne l’offerta didattica, ben oltre l’ora settimanale “opzionale” prevista che in fondo non cambia nulla ai fini di un apprendimento proficuo della materia, sono altri i passaggi contenuti nel testo ad aver destato preoccupazione pressoché unanime, se non sconcerto.
Uno riguarda la palese enfatizzazione nei confronti dello studio della storia occidentale, qualificata come centrale rispetto alle altre culture; e dato che “non è possibile trattare l’intera storia universale in modo esaustivo, si preferisce privilegiare gli aspetti fondamentali della storia occidentale ed europea, specialmente nella scuola secondaria di I grado, per comprendere a fondo la vicenda italiana e la formazione della sua identità nazionale”. Insieme alla nazione, per inciso, vengono citati anche gli Usa (non propriamente custodi di una tradizione millenaria), mentre il resto della Storia, dalla primigenia Africa all’Oriente sino alle culture precolombiane, può essere allegramente derubricata, nel nome di un patriottismo autarchico che, nel secolo XXI dopo Cristo, fa sorridere per non piangere.
Le parole, lo sappiamo, sono importanti, soprattutto quando si parla di scuola. Così, a condire il tutto, arriva anche l’affermazione in cui si sottolinea come “L’obiettivo è addestrare gli studenti a una comprensione profonda del passato attraverso lo studio delle fonti e delle testimonianze sviluppando il pensiero critico e la capacità di collegare i saperi”.
Sarò pure un cattivo maestro, ma confesso che in 25 anni tondi di insegnamento non ho mai addestrato nessuno, né sarà mai mia intenzione farlo: gli alunni non sono bestie. Al contrario, ho cercato e continuerò a cercare i metodi giusti per offrire a studenti e studentesse l’opportunità di apprendere le conoscenze adeguate per farsi un’idea propria, la più libera possibile, di quanto accaduto e quanto accade nel mondo, a ogni latitudine, senza sovrastrutture ideologiche, e senza la presunzione di appartenere a una cultura superiore.