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Manca meno di un mese al 2 novembre, data in cui scatterà il rinnovo triennale automatico del Memorandum d’intesa Italia-Libia, firmato nel 2017 dal governo Gentiloni con Fayez al Sarraj. L’accordo, pensato per contrastare le migrazioni “irregolari”, ha garantito in questi anni supporto economico, politico e logistico alla cosiddetta guardia costiera libica, accusata di violazioni sistematiche dei diritti umani.
Il memorandum
L’intesa tra Italia e Libia, fortemente voluta dall’allora ministro dell’interno Marco Minniti agisce come una coltre spessa, che copre e rende opaco un decennio di violazioni sistematiche dei diritti fondamentali e di crimini contro l’umanità, giunti al culmine della loro evidenza con la liberazione del capo di tale apparato, Almasri.
Finanziato dall’Unione europea e con il coinvolgimento diretto di Frontex, l’agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, il Memorandum ha in otto anni contribuito a formare, armare e sostenere economicamente le forze libiche, fornendo addestramento e mezzi. Uomini e strumenti che, impiegati in operazioni di intercettazione e respingimento, hanno prodotto abusi documentati, mentre l’Italia, attraverso la cessione di risorse e il riconoscimento politico, ha di fatto garantito legittimità e copertura a quelle stesse pratiche.
Violenze in mare
Secondo gli ultimi dati diffusi da Frontex, tra gennaio e settembre 2025 sono stati registrati 50.900 arrivi lungo la rotta del Mediterraneo centrale, con un aumento del 50% rispetto all’anno precedente. La Libia resta il principale punto di partenza. In forte crescita anche il corridoio Libia-Creta, con un incremento del 280% rispetto al 2024.
Continuano intanto a emergere nuovi episodi di violenza. Lo scorso 12 ottobre un peschereccio con 113 persone a bordo, partito dalla Libia e soccorso a Pozzallo dopo la segnalazione di Alarm Phone, è stato attaccato da una motovedetta libica in acque internazionali. I colpi d’arma da fuoco hanno provocato un morto, un quindicenne egiziano in coma con gravi lesioni cerebrali, e altri feriti, tra cui un giovane colpito al volto. “Sta sparando contro di loro”, aveva denunciato Alarm Phone sui social.
Non si tratta di un caso isolato. Un report diffuso da Sea-Watch la scorsa settimana, dal titolo Episodes of violence by the so-called libyan coastguard and other libyan militias at sea: 2016, documenta sessanta episodi di violenza in mare dal 2016 a oggi. Si tratta di sparatorie, dirottamenti, pestaggi, impedimenti alle operazioni di salvataggio e persino abbandoni in mare. L’organizzazione sottolinea che i dati raccolti sono verosimilmente sottostimati.
Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), dal 2017 a giugno 2025 almeno 158.820 persone sono state intercettate in mare e riportate forzatamente in Libia. Solo nel 2024, più di 21.700 persone sono state rapite e sottoposte a torture, schiavitù o violenze sessuali nei centri di detenzione libici.
Gli action days
Alle denunce delle ong e delle opposizioni si affianca in questi giorni una settimana di mobilitazioni a Roma, promossa dalla campagna Stop Memorandum. La campagna è organizzata da Refugees in Libya e sostenuta da oltre sessanta organizzazioni, tra e quali Mediterranea saving humans, Sos Mediterranee Emergency e Médecins sans frontières.
Gli Action Days si sono aperti martedì 14 ottobre in Parlamento con la discussione di una mozione presentata dai partiti di opposizione in cui si chiede "rivedere integralmente gli accordi con la Libia." La mozione presentata dalla segretaria del Pd Elly Schlein e sostenuta da Pd, Alleanza Verdi e Sinistra, Italia Viva e +Europa impegna il governo “a non procedere a nuovi rinnovi automatici” e a sospendere “ogni forma di cooperazione tecnica, materiale e operativa”.
Oggi, mercoledì 15 ottobre, è invece previsto un dibattito pubblico al Centro Sociale Esc sulle prospettive per contrastare l’esternalizzazione e la militarizzazione delle frontiere europee. Giovedì 16 ottobre sarà invece dedicato a un incontro all’Università Roma Tre dal titolo “Nessun accordo sui corpi delle donne: storie di resistenza dalla Libia”, seguito in serata dalla proiezione del film The years we have been nowhere negli spazi di ExtraLibera.
Venerdì 17 ottobre le iniziative entreranno nel vivo con un’azione simbolica promossa dalla rete Civilfleet-actors e, in serata, una CommemorAction davanti alla Basilica di Santa Croce in Gerusalemme: qui verranno letti i nomi delle vittime delle migrazioni e si terrà una preghiera interreligiosa.
La manifestazione
Il momento culminante arriverà sabato 18 ottobre, giornata nazionale di mobilitazione. In mattinata Spin Time ospiterà una proiezione curata da Forensic Architecture e Liminal con un dibattito sugli abusi nei centri di detenzione libici. Nel pomeriggio, in Piazza Vidoni, si terrà la grande manifestazione con il “Palco dei Sopravvissuti”: testimonianze dirette, performance artistiche, mostre, tavoli informativi e interventi delle organizzazioni della coalizione contro il Memorandum si alterneranno per chiedere la fine di un accordo che, denunciano gli attivisti, continua a produrre morte e violazioni dei diritti umani.
Il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury, lo ha definito “un memorandum dei morti”. Filippo Miraglia (Arci) ha aggiunto che l’accordo “ha delegato alla guardia costiera libica i respingimenti che il nostro governo e l’Europa non avrebbero potuto fare, perché le leggi lo impediscono”.
David Yambio, presidente di Refugees in Libya e sopravvissuto alle torture del generale Almasri, ha dichiarato in Parlamento: “Come possono le persone accettare che le loro tasse vadano a un mucchio di terroristi, di criminali, in Libia sotto il nome della cosiddetta guardia costiera?”. “Se nessuna delle due parti farà nulla entro il 2 novembre – avverte Valentina Brinis, della rete delle Ong di soccorso – il memorandum rientrerà in vigore il 2 febbraio 2026. Le testimonianze sono sufficienti a chiederne l’interruzione”.