Dopo Venezia, Roma. Ancora un red carpet, mentre il rosso è ancora il colore della guerra, che non può dichiararsi conclusa. E se alla Mostra del Cinema di Venezia aveva fatto discutere la lettera aperta degli artisti riuniti per denunciare il genocidio, l’appello di Venice4Palestine è arrivato anche al Roma Film Fest. Si intitola Non c’è niente da festeggiare la lettera aperta inviata al Festival che si apre oggi.

Il collettivo formato da registi, attori, tecnici e addetti ai lavori ha invitato a un nuovo boicottaggio e a una presa di posizione: stavolta contro il film Ken (Yes) del regista israeliano Navad Lipid, definito nella lettera una “presenza problematica”.

Ancora una volta, nel paese del bianco e nero, gli opinionisti si schierano gli uni contro gli altri: quelli per cui l’arte e lo sport hanno un valore in sé, che non può essere compromesso dalla politica. E quelli per cui un artista o un personaggio pubblico non possono esimersi dal prendere una posizione. “Il cinema non è arte per l’arte: è responsabilità, è voce, è resistenza, è sguardo sulla realtà” affermano i promotori, sottolineando il ruolo politico e sociale della cultura, e dicendosi consapevoli che l’inizio di un processo di pace non è di per sé garanzia di tutela immediata dei diritti umani, nonché di fine istantanea del conflitto.

“Vigiliamo affinché questa pace non sia solamente un colpo di spugna per cancellare i crimini contro l’umanità commessi da Israele – prosegue la lettera aperta - ma che riporti il mondo al rispetto del diritto internazionale e soprattutto a giustizia, restituzione, libertà e autodeterminazione per il popolo palestinese”.

L’appello di Venice4Palestine non è rivolto solo al Roma Film Fest, ma a tutto il comparto cinematografico nazionale, finché Israele non comincerà a rispettare il diritto internazionale.

“Anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti” cantava De André.