PHOTO
La conferenza stampa di Draghi e il green pass per salvare vite ed economia. Fiducia sulla riforma della giustizia con piccole modifiche. E poi il fisco, la riforma annunciata sarà equa e progressiva? E i grandi del mondo discutono di futuro dell’ambiente e di emergenza climatica ma i tempi dell’accordo sulla decarbonizzazione non sono così certi. E nel frattempo si continua a morire di lavoro e mentre l’economia tira il lavoro continua ad essere precario e a rischio.
Sul blocco dei licenziamenti i sindacati chiedono un incontro a Draghi. Su Collettiva.it la lettera inviata al Presidente del Consiglio:
Prima pagina
Quasi tutte le aperture dei quotidiani in edicola sono dedicate alla conferenza stampa del premier Draghi che ieri sera ha illustrato i nuovi provvedimenti per contenere la ripresa dei contagi. “L’appello di Draghi: Vaccinati” lo scrive Il Sole 24 Ore.
Per il Corriere della Sera: “Green pass, obbligo dai 12 anni in su” e nel sommario: “In vigore dal 6 agosto. Draghi: appello a non vaccinarsi è appello a morire. Sorpresa della Lega”.
“NoVax, un invito a morire” e di spalla “Il governo: Sì alla fiducia sulla riforma Cartabia” è la titolazione de La Repubblica.
Il Messaggero: “Pass e chiusure, le nuove regole”. Nel sommario: “Certificato quasi ovunque dal 6 agosto: chi non controlla chiude. Giustizia, fiducia sulla riforma. Draghi duro con i politici, l’appello a non vaccinarsi è un invito a morire. A scuola in presenza”.
Apertura ancora sulla giustizia quella de Il Fatto Quotidiano: “I Migliori peggio di B. Fiducia salvamafia”.
Avvenire è netto: “Ecco il green pass”.
Infine, Il Manifesto che su foto notizia della conferenza stampa, titola: “A piccoli passi” e spiega: “Mini green pass a partire dal 6 agosto e modifiche ‘tecniche’ sulla giustizia, con il voto di fiducia. Draghi procede un pezzetto alla volta per placare le acque agitate della maggioranza. Mentre i contagi crescono, come le critiche alla riforma Cartabia”.
Le interviste
Il giuslavorista Pietro Ichino, pag. 11 del Corriere della Sera, insiste nel sostenere che: “Ci sono le norme per imporre il pass sanitario per i lavoratori”. Aggiunge Ichino: “Credo proprio che Confindustria abbia ragione: condizionare l’accesso in azienda all’avvenuta vaccinazione, oggi che il vaccino è disponibile per tutti, è una misura sicuramente efficace e ragionevolissima. A ben vedere, proprio per questo gli imprenditori potrebbero già adottarla di loro iniziativa in forza dell’art. 2087 del Codice Civile, che obbliga il datore di lavoro a garantire la sicurezza dei luoghi di lavoro”. Rispondendo ad una domanda di Claudia Voltatorni sulla contrarietà dei sindacati, il professore afferma: “Ci sono anche – soprattutto in Cisl e Uil ma anche in Cgil – i sindacalisti che non si allineano sulle posizioni delle forze politiche di destra, e che condividono la linea della massima diffusione possibile delle vaccinazioni. Anche perché si rendono conto della contraddizione fra il chiedere una maggiore protezione della sicurezza dei lavoratori e nello stesso tempo opporsi all’obbligo della vaccinazione”.
Molte delle conversazioni pubblicate questa mattina riguardano la giustizia. Fulvio Gigliotti, consigliere del Csm, a pag. 13 del Corriere della Sera afferma: “Troppo stretti i tempi previsti per i processi in Appello e Cassazione. Personalmente penso che bisogna prendere atto che ci sono sedi territoriali giudiziarie nelle quali i due anni ipotizzati dalla riforma, per l’appello e uno per la Cassazione, salvo deroghe, certamente non basteranno per chiudere i processi. Lo dicono i dati statistici”.
Su La Repubblica parlano due magistrati portatori di giudizi differenti sulla riforma. Nello Rossi, ex procuratore aggiunto di Roma afferma: “"Innanzitutto è un vero sollievo non essere più costretti a riascoltare il trito ritornello delle riforme della giustizia a costo zero. Se le lentezze della giustizia penalizzano i cittadini più deboli e incidono pesantemente sul Pil e sulla competitività del Paese, allora sulla giustizia bisogna investire. Questa riforma finalmente lo fa, prevedendo nuove dotazioni tecnologiche e assunzioni di funzionari amministrativi, ma anche tecnici come informatici e statistici. E rilanciando il progetto organizzativo dell'Ufficio del processo, il team di supporto destinato a potenziare il lavoro dei magistrati". "L'obiettivo di questa riforma non è salvare questo o quello e tanto meno i ladri, ma di realizzare un processo penale di durata ragionevole. A questo scopo la commissione Lattanzi, nominata dalla Ministra, aveva delineato una strategia composta di più tasselli. Incisivi strumenti deflattivi del carico giudiziario (come l'archiviazione meritata e l'estensione delle ipotesi di tenuità del fatto e di messa alla prova dell'imputato). Un più ampio accesso ai riti alternativi, in particolare al patteggiamento. Una significativa riduzione delle impugnazioni. Filtri più rigorosi dei procedimenti destinati al dibattimento. Salvo che su quest'ultimo punto la "mediazione Cartabia" si è risolta in una parziale retromarcia , negativa per l'accelerazione dei processi"
Domanda Liliana Milella: “E qui veniamo al nodo della prescrizione e della improcedibilità. Lei è stato un pm per tutta la sua vita, poi procuratore aggiunto a Roma e poi avvocato generale in Cassazione. Qual è il suo voto sul sistema dell'improcedibilità?”. La risposta del magistrato è netta: "La prescrizione è solo il punto di scarico finale di un processo penale lento e inceppato. Se si arretra sul versante della deflazione dell'insostenibile carico penale il nodo della prescrizione diventa inestricabile. E per non impiccarsi a questo nodo scorsoio bisogna lavorare a monte per ridurre il numero dei processi".
"L'approvazione della riforma con il meccanismo della improcedibilità per decorso del tempo in appello e cassazione rischia di segnare una grave sconfitta per la giustizia". Non usa mezzi termini Nino Di Matteo, ex pubblico ministero antimafia a Palermo, oggi componente del Consiglio superiore della magistratura, intervistato sempre da La Repubblica. "La riforma - dice - rischia addirittura di rafforzare i poteri criminali, che da sempre si pongono come regolatori di conflitti nella società: immagino che i mafiosi risolveranno loro le questioni che d'ora in poi non troveranno soluzione nei tanti processi che salteranno".
Quali rischi vede nella riforma in discussione? Interroga Silvio Palazzolo, la risposta è netta: "In un sistema democratico, mandare in fumo i processi equivale a denegare giustizia nei confronti di tutti: imputati, anche innocenti, vittime dei reati, cittadini che rispetto a certi fatti hanno il diritto di pretendere che si arrivi a una verità processuale. La denegata giustizia alimenterà inoltre il senso di impunità dei criminali, e tra questi in primo luogo i colletti bianchi; aumenterà a dismisura il prestigio delle organizzazioni mafiose. I boss, purtroppo per noi, arrivano sempre ad emettere ed eseguire le loro sentenze. A differenza dello Stato".
A pag. 10 de La Repubblica, segnaliamo, una conversazione con Alok Sharma presidente di Cop26 che ragiona su cambiamenti climatici e la necessità di intervenire per limitare i danni, e l’indispensabilità delle scelte politiche dei potenti del mondo. “Questo decennio sarà cruciale per decidere il nostro futuro”.
Sullo stesso argomento interviene Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa Verde, a pag. 7 di Avvenire: “Il cambiamento ecologico deve essere socialmente desiderabile. Occorrono segnali di serenità anche da parte del Governo, siamo in grado di governare il passaggio.
Editoriali e commenti
Scrive Fulvio Fammoni a pag. 10 di Domani: “……. Tutte le più recenti previsioni convergono su una forte ripresa della produzione e su un Pil che dovrebbe crescere almeno del 5 per cento nel 2021. Tutto bene dunque? Non proprio. …..In tutte queste previsioni, in gran parte legate agli investimenti previsti nel Recovery Plan, il punto dolente è l’occupazione sia in termini quantitativi che qualitativi. …..Trascurando il lavoro, o peggio penalizzandolo, non si realizzerà quel percorso di costruzione di un futuro diverso del Paese che tutti indicano come l’obiettivo principale…..”.
“Per tenere aperti” è il titolo della riflessione di Roberto Gressi (pag. 28 del Corriere della Sera): “Siamo tutti stufi e anche esasperati dalla tattica della cicala: liberi per una breve e dispendiosa stagione quasi col pensiero a una fine estate fatta di rinunce, di coprifuoco, di ritorno a scuola precario e con la famigerata didattica a distanza dietro la porta. Non possiamo più combattere così contro il virus…. Abbiamo un’arma per farla finita, per chiuderla qui una volta per tutte: è il vaccino……………. Chi non ha almeno una dose di vaccino non potrà fare certe cose non perché discriminato, ma perché deve essere protetto, per la sua salute e quella di tutti. Alla fine, con i vaccini, ce la faremo. Chi vuole aiutare è benvenuto”.
Stesso tenore di ragionamento lo compie Paolo Balduzzi su Il Messaggero: “La scommessa necessaria sull’obbligo di vaccino”.
Secondo Francesco Bei, (La Repubblica) quello lanciato dal premier ieri in conferenza stampa è un doppio avviso: “Di fronte a un’economia in ripresa, con un tasso di crescita anche più sostenuto di quanto previsto prima dell’estate, incombe la variante Delta. Una variabile imprevedibile e imprevista che rischia di vanificare tutti gli sforzi messi in campo finora. Alle prese con questa nuova emergenza, anche il governo è stato costretto a rivedere le sue priorità, focalizzandosi su quanto necessario affinché gli argini che sono stati alzati contro la quarta ondata non vengano travolti. Non bisogna dimenticare che Mario Draghi ha come missione principale proprio questa, la campagna vaccinale di massa. Tutto il resto, dalla ripresa economica al successo del Pnrr, è in qualche modo subordinato alla premessa. Le cose non stanno andando male, anzi. I due terzi degli italiani sopra i dodici anni hanno ricevuto almeno una prima dose e già 40 milioni di cittadini hanno scaricato sul proprio smartphone il sospirato Green Pass. Proprio per questo i toni nei confronti di chi semina dubbi, di chi - come Matteo Salvini – dall’interno della maggioranza sembra mettere sabbia nel motore della macchina vaccinale, sono stati ieri così duri. Fino all’ultimo il presidente del Consiglio deve aver sperato che il leader leghista si riallineasse a quanti, nel suo stesso partito, hanno sposato tesi più ragionevoli. I governatori come Fedriga e Zaia, in prima linea sia nelle vaccinazioni sia sul green pass. Ma anche i ministri. Salvini ha scelto di andare da un’altra parte, rincorrendo le posizioni più estreme di Fratelli d’Italia e lisciando il pelo alla marea nera che sui social inneggia alla lotta contro la presunta nazi-dittatura sanitaria. Salvini ha sposato la linea di Claudio Borghi, non quella di Zaia, ma su questa posizione lo scontro frontale con Draghi era inevitabile. Quello che ha stupito è il carattere così perentorio e senza possibilità di replica usato dal premier. Dire che chi gioca sulle vaccinazioni di fatto sta incitando la gente a morire o a far morire non lascia spazio ad alcuna via di fuga politica. È una sconfessione in piena regola di Salvini, che in altri tempi non sarebbe rimasta senza conseguenze sul governo………………. Sistemato Salvini, che stava giocando in maniera pesante sulle vaccinazioni, Draghi ha lanciato qualche segnale di avvertimento anche a Giuseppe Conte e ai Cinque Stelle. Le parole si sono fatte più prudenti e circospette, eppure il messaggio è stato chiaro anche su quest’altro fronte di gioco. Il premier considera di fatto chiusa la partita della giustizia, salvo qualche miglioria “tecnica” sempre possibile. Un approccio ben diverso da quello dei Cinque Stelle, che in commissione stanno facendo ostruzionismo con una valanga di emendamenti alla riforma votata in Cdm dai loro stessi ministri. Draghi ha specificato che la richiesta di fiducia equivale a un “punto fermo”. Traccia una riga in terra per capire chi sta da una parte e chi si colloca all’opposizione. Come sui vaccini, anche sulla riforma Cartabia il tempo per i posizionamenti tattici si sta esaurendo e Conte dovrà scegliere se attraversare oppure no il suo Rubicone”.
“Perché economia e clima sono due facce della stessa medaglia” è il titolo dello scritto di Paolo Cacciare su Il Manifesto: “….Ben venga quindi, a scala planetaria e all’interno dell’Europa, una discussione sulla equa distribuzione dei «costi» della necessaria riconversione economica, degli apparati energetici ed industriali, dei sistemi logistici e infrastrutturali, dell’uso del suolo e delle filiere agroalimentari, dell’edilizia e così via, reinventando un’economia capace di futuro. Ottima l’idea di un «fondo sociale» per la transizione energetica proposto dal commissario Gentiloni.
Suggeriamo: meglio ancora un reddito di cittadinanza universale incondizionato (finanziato dai profitti di quelle multinazionali che dalla digitalizzazione, dai farmaci, dalla green economy stanno facendo affari a palate) che metta al riparo permanentemente chi è sotto ricatto occupazionale. Sicurezza ambientale ed economica sono due facce di una stessa politica.
Questione ecologica e questione sociale non vanno disgiunte. Ma non si tratta di «mediare» e trovare «una via di mezzo» meno peggio: un po’ di alluvionati e un po’ di ammortizzatori sociali.
L’unico modo per uscire dalla catastrofe ecologica e umana è rispettare un semplice principio logico e scientifico: è l’organizzazione sociale ed economica che deve adeguarsi alle leggi geo-bio-fisiche e termodinamiche che regolano la vita sulla Terra. Se le attività umane non rientrano urgentemente nei confini della capacità di carico della biosfera, i disastri ambientali, semplicemente, si sommeranno a quelli sociali”.
Infine, a pag. 12 de Il Sole 24 Ore, prosegue il dibattito sul Documento delle Commissioni Finanze di Camera e Senato sulla riforma del Fisco. Ne scrive Fabio Ghiselli che afferma: “Accontentare tutti significa rinunciare ai propositi di equità.
Economia lavoro e sindacato
A Roma, ieri, i lavoratori della Whirpool, la cronaca di Giorgio Sbordoni su Collettiva.it Sciopero e protesta a Roma. Palazzo Chigi prende in carico la vertenza
E proprio ieri il ministro Franco ha illustrato le line della riforma del fisco, ne scrive Roberto Petrini su La Repubblica: “La riforma fiscale partirà con il taglio del cuneo, cioè la differenza tra il costo del lavoro e quanto va in busta-paga, uno stop all’Irap e non è esclusa una «razionalizzazione delle aliquote» dell’Irpef. Ma attenzione ai conti pubblici. È il ministro dell’Economia Daniele Franco a dettagliare, di fronte alle commissioni Finanze di Camera e Senato, il terzo pilastro delle riforme chieste dal Recovery insieme a giustizia e pubblica amministrazione, e ad annunciare che il disegno di legge delega arriverà presto (è attesa entro fine mese). «In Italia – ha osservato Franco – il cuneo fiscale è particolarmente elevato e l’elevato prelievo sul lavoro dipendente non favorisce il tasso di occupazione che nel nostro Paese è pari al 59 per cento, contro il 76 per cento della Germania e il 75 per cento della Gran Bretagna».
Il ministro del Tesoro ha riconosciuto al lavoro delle due Commissioni parlamentari «un contenuto conoscitivo estremamente importate». Tuttavia sull’intervento che Franco prospetta come «graduale», con precedenza a semplificazioni a costo zero, pesa la questione dei costi e delle risorse disponibili. «Abbiamo 900 miliardi di spesa pubblica e un debito del 160 per cento: una riforma in disavanzo non è uno scenario possibile». Ha aggiunto che «bisogna agire con prudenza nelle scelte perché non siano controproducenti» e che «non possiamo mettere a rischio i conti pubblici» anche perché al momento, vista l’evoluzione della pandemia, «non siamo oggi in grado di definire i margini di intervento».
Prudente e realista il ministro Franco ha detto che per ottenere un «calo strutturale delle tasse bisogna agire sulla spesa pubblica». Con una analisi ponderata della situazione ha ricordato che il tema delle tax expenditures è un «obiettivo», ma ha ricordato che ha un «costo politico». Come pure la patrimoniale: il ministro ha confermato che non ci sarà nella legge delega e ha anche aggiunto che il peso di tali imposte sul Pil in Italia è del 2,6 per cento, non distante dai livelli europei”.
Ne scrivono, anche, Gianni Trovati su Il Sole 24 Ore: “Franco, riforma fiscale graduale, incognita risorse. Priorità a Irpef e Irap”; Claudia Voltattorini sul Corriere della Sera: “No di Franco alla patrimoniale. Irap addio, Iva e Irpef si cambia”; Luca Monticelli su La Stampa: “Addio all’Irap, nuove aliquote per l’Iva ma la riforma del fisco arriverà in ritardo.
Su Collettiva.it il commento di Gianna Fracassi, vice segretaria generale della “Cgil: Fisco, una riforma progressiva e equa per lo sviluppo del Paese”
Sempre sul Fisco ricordiamo, sempre su Collettiva.it è possibile approfondire leggendo: Fisco, una riforma culturale
Una occasione mancata di Vieri Ceriani
Tasse, servono progressività ed equità di Cristian Perniciano
Alessandro Monti, insegna Teoria e politica dello sviluppo all’Università di Camerino, firma a pag. 14 de Il Manifesto, in interessantissimo articolo dal titolo: “Tutti i numeri della grande piaga del caporalato”, e scrive: “Presente nell’edilizia e nei trasporti, nella logistica e nei servizi di cura, l’intermediazione illegale di manodopera si è radicata con particolare virulenza e pervasività nelle attività agroalimentari caratterizzate da rapporti di lavoro di breve durata in luoghi isolati dai centri abitati, in grado di sfuggire ai controlli. Il documento conclusivo dell’Indagine conoscitiva sul fenomeno del «caporalato» in agricoltura condotta dalle Commissioni Riunite Lavoro e Agricoltura della Camera dei Deputati (Doc. XVII, n.9) sottolinea la gravità di un fenomeno parte integrante della rete criminale delle agromafie e l’urgenza di una più decisa azione di contrasto e di prevenzione…………………….Il Governo punta sulle ‘azioni prioritarie che il Piano di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato prevede per le aree critiche. Ma il vero deterrente potrebbe rivelarsi l’introduzione della ‘Clausola sociale i condizionalità’ nella nuova disciplina della Politica Agricola Comunitaria………. È da augurarsi che l’intreccio di interventi pubblici e comportamenti individuali sensibili al rispetto dei diritti umani e della dignità della persona sia proficuo, in grado di incidere profondamente su una piaga sociale inaccettabile per una comunità civile”.
E la strage sul lavoro non si ferma: Capri, minubus in scarpata. Muore l’autista
Su tutti i quotidiani ampio spazio è dedicato alla conferenza stampa del premier Draghi e al contenuto del Decreto sul Grenn pass: da Il Sole 24 Ore: “Tutti si vaccinino, il pass mezzo per evitare le chiusure”, al Corriere della Sera: “Green pass, obbligo dai 12 anni in su”. Da La Repubblica: Lo schiaffo di Draghi a Salvini”, a La Stampa: Appello a non vaccinarsi è appello a morire. Draghi lancia il green pass e bacchetta Salvini”. E poi, ovviamente, le cronache con i numeri dei contagi e la diffusione della variante Delta.
Infine, il G20 di Napoli sull’ambiente, scrive Paolo Baroni pag. 10 de La Stampa: “Al G20 di Napoli c’è l’accordo sull’ambiente, mentre sul clima non è ancora stata trovata la quadra. ‘L’impegno per la decarbonizzazione non si discute, è improcrastinabile. È un must – sostiene il ministro Cingolani tirando le fila della prima giornata – ma ci dobbiamo portare dietro tutti. Il problema – aggiunge – è che non tutti vedono di buon occhio date come il 2030 e il 2050 e basta che o tre grandi paesi non siano d’accordo e tutto salta’.
L’apertura di Collettiva.it si occupa di ambiente ed energia. Dalle parole ai fatti, tutelando lavoro e ambiente è una conversazione di Patrizia Pallara con Gianna Fracassi, vice segretaria della Cgil; Energia, ecco le scelte da fare di Paolo Andruccioli; Mobilità sostenibile, rivoluzione mancata
L’Agenda degli appuntamenti
Per il quadro completo di tutti gli appuntamenti Cgil, vedi l’Agenda di Collettiva.