PHOTO
C’è chi immaginava la politica come un’arena di gladiatori e chi invece l’ha ridotta a tavolata da domenica pomeriggio, col Colosseo sullo sfondo a ricordare che, in fondo, gli spettacoli romani hanno sempre oscillato tra sangue e frittura. La premier, ieri pomeriggio in collegamento con la zia Mara, ha scelto di rispondere alle domande sulle pastarelle. Roba che neanche nella più grottesca parodia del Bagaglino avrebbe trovato posto senza sembrare eccessiva.
Mentre mezzo mondo discute di Palestina, embargo e genocidio, il massimo dell’internazionalismo offerto dalla Rai è il vassoio di dolcetti della nonna. La retorica del “servizio pubblico” si è così trasformata in una crostata di propaganda, con tanto di zucchero a velo sopra: quell’inclusione di città “di ogni colore politico” che serve solo a mascherare l’ennesimo monologo in diretta della capa del governo.
È questo il miracolo televisivo del melonismo: trasformare la democrazia in varietà domenicale, le bombe su Gaza in siparietto culinario, il Parlamento in un salotto tv rivestito di centrini. Uno show che mescola geopolitica e pasticceria, senza vergognarsi di sostituire alle domande vere il menù del pranzo festivo.
Ed eccoci al cortocircuito supremo. Una presidente del Consiglio che da oltre 250 giorni rifugge qualsiasi conferenza stampa ma trova il tempo di parlare di torte e parenti, mentre i giornalisti vengono degradati a camerieri del buffet. La politica di colpo diventa zuccherificio mediatico. Patrimonio non dell’umanità, ma del palinsesto.
Forse è tutto un piano di comunicazione geniale: distrarre con la pastarella, narcotizzare col cannolo, avvelenare con la crema pasticcera chi osa chiedere conto di guerra, salari e sanità. Ma un Paese che si mangia questo dessert senza ribellarsi rischia una lenta indigestione con la democrazia trasformata in merendina confezionata.