“È inaccettabile che La Spezia, città insignita della Medaglia d’oro al Valor civile e Medaglia d’argento al Valor militare per la Resistenza, ospiti a SeaFuture le rappresentanze di governi di Stati autoritari e repressivi. Per questo rinnoviamo la nostra richiesta affinché la Regione Liguria e i comuni della Spezia, Lerici, Sarzana e Portovenere revochino il Patrocinio a Seafuture”. È quanto si legge in un comunicato della Rete pace disarmo in merito allo svolgimento della nuova edizione della convention strategica delle aziende che si occupano di tecnologie marittime e che avrà luogo a La Spezia dal 29 settembre al 2 ottobre. 

La contrarietà della Rete e di molte associazioni, tra le quali anche la Cgil spezzina, è dovuta al fatto che SeaFuture annovera “tra le proprie finalità il commercio di armamenti e materiali dual-use (civili e militari, ndr)” e che “la metà delle 46 delegazioni istituzionali degli Stati esteri che vi parteciperanno è rappresentata proprio da regimi autoritari e repressivi”.

Luca Comiti, segretario generale della Cgil di La Spezia, spiga i fatti: “L’iniziativa SeaFuture, negli anni è stata trasformata, perché in un primo periodo era volta a mettere in luce tecnologie e innovazione a uso civile, poi si è spostata all’ambito militare, con il pretesto del dual-use.

Ricordo che la manifestazione si svolge all'interno dell'Arsenale militare della città, è organizzata da un’azienda e vede come invitati società, delegazioni di Stati e Marine di tutto il mondo.

Quest’anno, per la prima volta, abbiamo deciso di prendere posizione perché tra gli invitati ci sono le delegazioni israeliane e abbiamo quindi chiesto ai Comuni della provincia di La Spezia e alla Regione Liguria di chiedere la revoca dell’invito, oppure di togliere il patrocinio. Nessuna delle due cose è stata fatta e gli israeliani non ci saranno semplicemente perché lo hanno scelto loro”.

E’ una scelta che la Cgil provinciale non aveva mai preso prima perché “il tema risulta delicato nell’area di La Spezia, una città che basa moltissima parte del lavoro dei cittadini proprio in aziende come Leonardo, Fincantieri, Mbda e il loro indotto – afferma Comiti. Viste però le guerre in atto, abbiamo fatto le nostre scelte chiedendo alle istituzione di fare la loro parte a fronte dell’arrivo di delegazioni di Paesi che non rispettano i diritti umani, non solamente Israele, ma anche, ad esempio, l’Arabia Saudita.

Abbiamo anche chiesto di non commerciare armi con questi Paesi, perché in fondo si tratta di una fiera commerciale, dove vengono messi in mostra i prodotti realizzati in Italia e poi venduti indistintamente a chiunque. Mi sembra di capire che non si voglia fare nessun passo indietro, quindi ci sarà una manifestazione il 27 settembre" .

“In molti parlano di riconversione, ma questo è un tema che va trattato con modi e tempi giusti”, dice Comiti nell’audio della nostra intervista: 

Comiti ci dice dunque della collaborazione del sindacato con la Rete pace disarmo locale, che dal canto suo conclude che “è necessario separare chiaramente la commercializzazione degli armamenti dalla produzione destinata all’uso civile: il settore dei materiali militari e a duplice uso è sottoposto alle rigorose norme internazionali e nazionali tra cui la legge 185 del 1990 che le nostre associazioni hanno promosso e sono impegnate a difendere dalle pesanti modifiche che il governo Meloni sta cercando di attuare.

Per questo rinnoviamo anche la richiesta, espressa già nelle edizioni precedenti, affinché SeaFuture ritorni alla sua missione originaria di manifestazione dedicata a innovazione, ricerca, sviluppo delle tecnologie civili inerenti al mare per promuovere la sostenibilità ambientale e sociale”.