L’esigibilità dei diritti, quando si è portatrici di disabilità, è davvero una “corsa” a ostacoli. Accade questo: nel febbraio 2025 Annamaria (nome di fantasia per la tutela della privacy), la protagonista della nostra storia, fa richiesta alla Commissione di valutazione del Comune di Roma di un posto macchina riservato per disabili.

La richiesta viene corredata di tutta la documentazione prevista per attestare la gravità della disabilità motoria. Annamaria, purtroppo, a causa di una serie di patologie gravemente invalidanti riesce a percorrere camminando solo distanze molto brevi. Per poter uscire e poi rientrare a casa in serenità ha bisogno di parcheggiare in prossimità della propria abitazione.

Il 5 giugno, dopo ben quattro mesi dall’invio della richiesta, la Commissione accerta la gravità della disabilità motoria e invia ai vigili urbani competenti per zona e al Dipartimento mobilità del Comune di Roma l’indicazione di assegnare il posto macchina. Il 7 giugno i vigili urbani effettuano il richiesto sopralluogo e comunicano al Dipartimento mobilità dove posizionare il posto in prossimità dell’abitazione della signora che ne ha fatto richiesta. “È fatta!”, pensa Annamaria: “Finalmente posso uscire di casa senza l’angoscia di dove parcheggiare al ritorno”.

Passa giugno e nulla succede. Ai primi di luglio Annamaria chiama l’addetta alla Commissione per chiedere come mai il posto macchina ancora non ci sia, la signora al telefono la rinvia al Dipartimento mobilità. Dopo diversi tentativi finalmente le rispondono dall’Urp del Dipartimento, dicendo che la pratica è a posto e che a breve verrà predisposta la determina dirigenziale che darà incarico ad Atac di predisporre la segnaletica in prossimità della sua residenza.

Passa luglio e nulla succede. Nuova telefonata: “Signora, la determina è pronta, manca solo la firma del dirigente”, si sente rispondere Annamaria. L’illusa protagonista della nostra storia immagina che per mettere una firma bastino pochi minuti. E invece no. La determina viene – finalmente – firmata dopo un’ulteriore telefonata il 12 agosto e finalmente mandata per mail alla signora. Dopo una lettura attenta, “impara” che in data 12 agosto il Dipartimento mobilità ha dato incarico ad Atac di posizionare lo “stallo” di fronte all’ingresso della sua abitazione e che ha 30 giorni massimo per farlo.

Inizia il conto alla rovescia, sperando che nonostante il Ferragosto Atac utilizzi meno dei 30 giorni a disposizione per fare un’operazione assai facile: disegnare di giallo un rettangolo con il simbolo disabilità lì dove stabilito. Arriva il 12 settembre e nulla è accaduto. La signora Annamaria prende carta e penna virtuali e invia una mail sia al Dipartimento mobilità sia all’Ufficio posto auto disabile del Comune di Roma. Il geometra incaricato le inoltra la risposta che Atac gli ha inviato alla sua richiesta di notizie:

“Con riferimento al contratto ricevuto dalla Struttura Acquisti lo scorso venerdì 12 settembre, comunichiamo che nella stessa data abbiamo ricevuto anche il N.O. dalla Direzione del Personale in merito alle nomine di DL e CSE. Non appena saranno ufficializzate le nomine, provvederemo ad effettuare la consegna lavori.
Nel frattempo, stiamo procedendo con tutte le attività propedeutiche all'avvio dei lavori, che prevediamo di concludere entro questa settimana.
Contestualmente, emetteremo gli Ordini di Lavoro, incluso quello per l'attuazione del DDT in parola, per la quale ci impegniamo a garantire una rapida esecuzione che stimiamo entro la fine del mese.
Rimaniamo a disposizione per aggiornamenti.

Le domande che si pone la signora Annamaria sono diverse. La prima è: stando a quanto scritto nella determina dirigenziale, l’incarico ad Atac è stato conferito il 12 agosto: chi mente? La seconda: quali sono le nomine da effettuare per fare un disegno sull’asfalto? La terza e ultima: sono passati ben sette mesi da quando ha inoltrato la domanda alla Commissione e ancora non può fruire di quello che le è stato riconosciuto come diritto, perché?

In un Paese civile, al momento dell’accertamento della disabilità motoria grave, i diritti collegati a quel riconoscimento dovrebbero scattare in automatico, senza costringere chi già si trova in una condizione di fragilità e di disagio a fare il salto degli ostacoli che la burocrazia impone.
Ma si sa che l’Italia – da questo punto di vista e da molti altri – non è un Paese civile, nonostante il ministero della Disabilità e una ministra che molto racconta e poco fa.