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Siamo davvero messi male, e non siamo i soli. In realtà negli ultimi 30-40 anni le diseguaglianze, nel mondo, sono cresciute in maniera esponenziale. Ogni anno tutte le maggiori agenzie di ricerca sociale ed economica sono lì ad attestare l’aumento della povertà e la distribuzione di ricchezza e opportunità totalmente sbilanciata. Ma ciò che appare più grave è che poco, davvero poco si fa per frenare questa corsa e ridurre i divari.
Il rapporto “Equalites Index 2025” di Ipsos è una fotografia amarissima sullo stato delle diseguaglianze in 31 Paesi, tra cui l’Italia. Il risultato che la ricerca consegna a chi legge è una compressione di diritti e libertà come conseguenza diretta dell’aumento delle diseguaglianze.
La percezione degli italiani
Le italiane e gli italiani vivono sulla propria pelle l’aumento delle diseguaglianze, hanno quindi una percezione precisa di ciò che accade. Non è un caso che ben il 50% sia convinto che quello delle diseguaglianze sia una delle questioni prioritarie da affrontare. Peccato che né Meloni né i suoi ministri e ministre in tre anni abbiano fatto nulla per ridurre il fenomeno, anzi.
Basti pensare alla cancellazione del reddito di cittadinanza, al definanziamento del Servizio sanitario nazionale, alla cancellazione delle clausole di salvaguardia per l’occupazione femminile nei contratti Pnrr. O alla cosiddetta riforma della disabilità che, al momento, è solo un fallimento, come più volte denunciato non solo dalla Cgil ma da quanti dovrebbero concorrere ad attuarla.
Una riforma partita male
Secondo Ipsos, per ben il 31% dei cittadini e delle cittadine del nostro Paese le persone con disabilità sono quelle che subiscono di più discriminazioni e sono colpite da diseguaglianze. E, siccome il campione selezionato da Ipsos non è fatto in prevalenza di portatori e portatrici di disabilità, c’è da credergli.
“La sperimentazione della riforma predisposta dalla ministra Alessandra Locatelli è partita male, anzi malissimo”, spiega la segretaria confederale Cgil Maria Grazia Gabrielli: “La riforma della disabilità muove da buoni propositi, ma la sua applicazione evidenzia difficoltà e mancanze. Sinora, nelle prime nove province della sperimentazione sono sorti molti problemi, rendendo non esigibile un diritto”. Questo è il tema: sulla carta una serie di diritti esistono, anche al di là della riforma, ma sono difficilmente esigibili e frequentemente nemmeno conosciuti da chi dovrebbe fruire.
C’è chi sta peggio
A legger i numeri di Ipsos – ed è davvero magra consolazione – Francia e Germania stanno messe peggio di noi: nel primo caso ben il 42% della popolazione ritiene che le persone con disabilità subiscano le discriminazioni maggiori, mentre nel secondo è il 40%. È bene ricordare, però, che questi dati raccontano la percezione delle discriminazioni e non le diseguaglianze reali, è quindi facilmente immaginabile che da noi siano più elevate. Basti pensare al fatto che nonostante in Italia esista una legge per il collocamento obbligatorio delle persone con disabilità, tra quelle iscritte alle liste speciali e quelle che effettivamente lavorano esiste un divario enorme che appare incolmabile.
Esigibilità, parola chiave
I diritti occorre prima di tutto conoscerli e poi capire quali sono i passi per ottenerli. Dice ancora Gabrielli sulla sperimentazione della riforma: “Da una parte c’è il governo che parla di rivoluzione nel mondo della disabilità, di svolta epocale. Dall'altra c’è la vita reale delle persone disabili e delle loro famiglie, che quotidianamente devono lottare solo per vedere un loro diritto esigibile”. Basti pensare che in un ospedale della Capitale, fino a poco tempo fa, nel reparto di oncologia non esistevano bagni per disabili e l’ascensore per arrivare ai piani degli ambulatori era posto sopra una rampa di scale.
È anche questione di cultura
Parere personale: già l’istituzione del ministero della Disabilità racconta della ghettizzazione degli uomini e delle donne, dei bambini e delle bambine portatrici di disabilità. Li si percepisce come “categoria a parte” da tutelare, non come persone con diritti da far rispettare. La realtà è che molte strutture pubbliche, a partire dagli ospedali e dalle scuole, non sono adeguate alle persone con disabilità e spesso sono inaccessibili. E poi esistono anche le barriere dei pregiudizi. L’effettiva parità è ancora un traguardo da raggiungere, le discriminazioni esistono e continuano a precludere la piena realizzazione nella vita, a partire da quella lavorativa, delle persone con disabilità.
Pnrr occasione mancata?
“Quello lanciato da Ispos – secondo la dirigente Cgil – è un allarme che si conferma. La percezione delle disuguaglianze che si evidenzia è la traduzione concreta e reale delle condizioni delle persone che, come sindacato, denunciamo da tempo. Difficoltà che meritano non solo attenzione, ma soprattutto risposte e impegni coerenti e concreti per cambiare il modello sociale europeo e del nostro Paese. Anche per questo continuiamo a esprimere preoccupazione e continuiamo a dire che le ingenti risorse legate al Pnrr che dovevano essere ampiamente finalizzate a rimuovere le condizioni di disuguaglianza, i divari territoriali e tra le persone, non hanno modificato questi limiti profondi”.
Cambiare modello sociale
Si può, o forse è meglio dire: cambiare modello sociale si potrebbe se solo ci fosse la volontà. Volontà che a questo governo manca. Dipende dalle scelte che si compiono, da cosa si considera prioritario nell’azione di governo. Ecco, la riduzione delle diseguaglianze al centro dell’azione di Meloni proprio non c’è.
Sottolinea a tal proposito Maria Grazia Gabrielli: “Sono purtroppo lì a dimostrarlo le difficoltà di accesso e permanenza nel mondo del lavoro e per la realizzazione di un progetto di vita autonomo per le persone con disabilità. Progetto di vita che per essere percorso ha bisogno di investimenti anche su scuola, sanità, welfare, politiche abitative. Nelle difficoltà di un mercato del lavoro connotato ancora da alta precarietà e frammentazione che lascia indietro i giovani e le donne, le difficoltà si amplificano per le persone che vivono in una condizione di maggiore vulnerabilità”.
In piazza il 25 ottobre
La prossima legge di bilancio sarà una sorta di cartina di tornasole della volontà del governo di dare risposte o meno alle diseguaglianze. Quante risorse per welfare e lavoro e quante per il riarmo? La Cgil ha proposte e piattaforme da sottoporre a Meloni, e per questo il 25 ottobre ha previsto a Roma una grande manifestazione per sollecitare l’esecutivo al confronto e all’ascolto.
“La disparità sempre più marcata tra ricchezze e povertà, la persistenza di disuguaglianze e discriminazioni minano la coesione sociale, alimentano paure e la rottura della solidarietà”, conclude Gabrielli: “Uno scivolamento pericoloso che va arginato e superato. È necessario adottare scelte politiche che assumano queste priorità, contribuendo anche a generare un cambiamento culturale per una società più aperta, equa, inclusiva”.