Dopo aver suonato ovunque in Italia e all’estero, la band si conferma come uno dei progetti più originali e vitali del panorama del folk e della musica popolare tradizionale. Tra contaminazioni e riscoperte, gli Ars Nova Napoli nascono da un'idea profonda: dimostrare che il Mare Nostrum non è un confine, ma uno spazio in comune. Dodici appuntamenti autunnali per darne prova, portando in tour il Manifesto musicale del Mediterraneo unito. Lo ha raccontato a Collettiva il cantante e fisarmonicista Marcello Squillante. 

Da dove nasce l’idea del Manifesto?

Abbiamo da sempre avuto un fortissimo legame con la Grecia, dove andammo a suonare per la prima volta una decina di anni fa, sull’isola di Evia. Da allora abbiamo stretto un rapporto anche artistico con alcuni musicisti del luogo, sperimentando le commistioni tra musica napoletana e musica greca. E abbiamo trovato una grande quantità di melodie e di testi praticamente identici. Negli ultimi tre anni abbiamo proprio iniziato a girare il mondo, e questa ricerca di similitudini e radici comuni è diventato il nostro filo conduttore. Poi è arrivata l’occasione del Neapolis 2500 Tour e allora ci siamo detti che non bastava un concerto nei luoghi in cui saremmo andati a suonare, ma avremmo voluto organizzare momenti di scambio e formativi con musicisti di altre nazionalità.

Quello che portate avanti è un percorso che si inserisce in una lunga tradizione di etnomusicologia che a Napoli è nata e cresciuta a partire dagli anni 70. Quali sono oggi le innovazioni maggiori nel campo della musica folk e della world music?

Negli anni 70 studiosi come Alan Lomax e Diego Carpitella hanno avviato un lavoro di ricerca etnomusicologica che nel corso dei decenni si è evoluto, ha supportato la riscoperta e la riproposizione della musica tradizionale da parte di gruppi come la Nuova Compagnia di Canto popolare, i Musicanova, per arrivare a Peter Gabriel e la nascita del termine world music, che ha rappresentato uno snodo fondamentale. Da quel momento in poi, negli anni 90, la musica folk si contamina con l’elettronica, esplora nuove commistioni. Oggi l’approccio è nuovamente cambiato, la world music mescola strumenti tradizionali con l’elettronica e con l’autotune.

E voi? Da dove nasce il vostro stile?

Noi abbiamo scelto di rimanere fedeli all’acustico, però cerchiamo di andare sempre alla ricerca di suoni e canzoni non ancora scoperte o dimenticate. Le incidiamo. Nell’ultimo album ci sono canzoni greche famosissime e canzoni napoletane di inizio ‘900 che nessuno ricorda più.

Il Manifesto musicale del Mediterraneo unito è un manifesto anche politico, in qualche modo?

Per forza, tutto ciò che si sceglie di fare ha insito in sé un risvolto politico, anche quando inconsapevole. La nostra storia personale è fatta di gesti che sono stati politici. Siamo nati nel centro storico di Napoli, negli anni abbiamo ricevuto il sostegno e l’ospitalità di tantissime realtà, che ci hanno aperto le loro porte per farci suonare, quando non avevamo un posto nostro. Siamo entrati in tutti gli spazi sociali che qui a Napoli hanno fatto un lavoro gigantesco per la città, un contesto in cui la riflessione politica è alla base dell’azione. Oggi il Mediterraneo continua a essere un fuoco sempre acceso, una terra di conquista. La musica può forse fare poco, a parte offrire un temporaneo sollievo. Però poi a volte capitano delle cose in cui avverti quanto l’arte possa essere potente: come quando abbiamo suonato in Iraq, dove la musica non entrava da circa vent’anni, a causa della guerra. Abbiamo conosciuto musicisti che per anni non avevano potuto toccare i loro strumenti, se non di nascosto.

Il tour estivo alle spalle, appena rientrati da Malta e di fronte a voi dodici appuntamenti autunnali, che vi porteranno persino in India. Pronti?

Sì, solo che purtroppo non saremo a Tripoli come da programma la settimana prossima. Ci hanno da poco annullato il concerto perché non è possibile garantire la sicurezza. Ci dispiace molto, anche se nel frattempo aspettiamo la conferma per poter andare a suonare a Cuba. Sarebbe un sogno.