“L’assassinio dei giornalisti è un assassinio delle nostre libertà, di una parte di noi a cui la comunità non intende rinunciare”. Queste alcune delle parole usate dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per ricordare Giancarlo Siani, giovane giornalista ucciso dalla camorra il 23 settembre di 40 anni fa.

Giancarlo Siani aveva 25 anni, desiderava con tutto se stesso fare il giornalista per raccontare la sua terra, la Campania, le sue contraddizioni, le sue bellezze. Era un precario, anzi precarissimo, non aveva scrivania né telefono. All’epoca gli articoli si scrivevano con la macchina da scrivere non con il pc. Ma Siani più che davanti al foglio e ai tasti andava in giro per la città – Napoli – a cercare le notizie soprattutto quelle scomode. E non aveva una redazione alle spalle che lo proteggesse. Collaborava con lo storico quotidiano napoletano Il Mattino, ma, appunto, da precario.

“Le verità raccontate sono state la ragione della spietata rappresaglia”, ha affermato ancora Mattarella. Già, la verità: quella che anche oggi spesso è difficilmente dicibile o nascosta dietro veli che appaiono non sollevabili.

L’attualità di Giancarlo Siani è data da due parole: precarietà e libertà. Precarietà, quella di tante e tanti giovani che si affacciano al giornalismo per passione e trovano sfruttamento, compensi bassissimi e appunto precarietà. Libertà, quella di un’informazione che in questo tempo difficile si cerca di ridurre e conculcare insieme a quella di essere informati. E poi libertà dalle mafie e dalla criminalità organizzata.

Su questo si è soffermato Nicola Ricci, segretario generale della Cgil Napoli e Campania a margine della ventunesima edizione del Premio Siani promosso dal quotidiano Il Mattino a Napoli. “A quarant’anni dalla morte, il sacrificio di Giancarlo Siani rappresenta non solo la memoria di un giornalista scomodo che, con le sue inchieste, anticipava le indagini delle forze dell’ordine sugli affari illeciti della camorra e il loro rapporto con la politica, ma è l’esempio di coraggio e fermezza nella lotta contro tutte le mafie”.

Nel teatro Mercadante, dove si sono incontrati tante e tanti ragazzi delle scuole, il dirigente sindacale ha aggiunto: “Siani è un esempio per le giovani generazioni nella lotta quotidiana per la legalità, per una società più giusta e libera dalle oppressioni. La parola ‘iosonogiancarlo’ – ha ricordato Ricci – stampata su tutte le t-shirt indossate oggi dai tanti giovani che hanno affollato il teatro Mercadante non avrà valore se non si crede e non si pratica quello per cui Giancarlo fu ucciso. Solo così la società civile, le associazioni, la politica e il mondo del lavoro – ha concluso - potranno trarre altre energie nella quotidiana lotta contro l’illegalità e la violenza”.

E tra le tantissime iniziative organizzate per ricordare il giornalista campano ci piace menzionare un viaggio che la macchina da scrivere di Siani compirà nelle diverse regioni italiane.

Quarant'anni dopo l’assassinio di camorra, infatti, Libera Contro le Mafie e Lavialibera porteranno in giro per l'Italia la macchina da scrivere di Giancarlo Siani. Tra Campania, Lazio, Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte, una staffetta per ricordare Giancarlo, per parlare di mafie sui nostri territori, per parlare con giornaliste e giornalisti dell'attacco che sta subendo la libertà di stampa. Perché la verità non muore.

Ancora le parole del presidente Mattarella richiamano al senso più profondo del fare, dell’essere giornalisti: “Ricordare il sacrificio della vita di Siani porta inevitabilmente alla mente i numerosi giornalisti morti perché colpevoli di testimoniare la verità, di raccontare le violazioni del diritto, le aggressioni, le guerre, lo sterminio senza pietà”.

Parole per commemorare un giornalista ucciso 40 anni fa, che parlano ai giornalisti e alle giornaliste di oggi. Parole che onorano quanti nell’esercizio del proprio lavoro sono morti in Italia per mano della criminalità organizzata o quelli uccisi a Gaza perché illuminavano l’indicibile di un genocidio.