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È dallo scorso 9 settembre che i sindacati non incontrano il governo su un tema cruciale e drammatico, la sicurezza sul lavoro. Mesi, quelli di agosto e settembre, costellati di morti da lavoro. E la strage non si ferma. La ministra Calderone, in un’ondata emotiva, visto che lunedì 8 settembre si son dovuti registrare ben 4 infortuni mortali, il 9 settembre ha convocato i sindacati per sottoporre loro una bozza di decreto sulla sicurezza. Già allora la segretaria nazionale della Cgil Francesca Re David, presente all’incontro, denunciò l’insufficienza del testo. Commentò allora la dirigente sindacale: “Restano infatti del tutto irrisolti alcuni nodi fondamentali, come la qualificazione delle imprese, e rispetto dei contratti: la maggior parte degli incidenti avviene in aziende non qualificate. Il decreto non introduce alcuna misura incisiva su questo fronte, nonostante sia uno dei principali fattori di rischio”.
Inoltre, in merito al sistema delle ispezioni, secondo Re David, “permane una grave carenza di controlli, che il provvedimento non contribuisce a risolvere. Nessuna revisione è stata introdotta sul sistema degli appalti, nonostante gli impegni presi a livello istituzionale per garantire maggiore trasparenza e sicurezza. E non vi è alcun rafforzamento dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (Rls) e dei Responsabili del Servizio di Prevenzione e Protezione (Rspp). È stata proposta l’introduzione di un badge che, oltre a qualificare il lavoratore, auspichiamo possa garantire una maggiore tutela e sicurezza, come già è stato fatto nei cantieri edili di Roma”.
Da allora il silenzio più assoluto. Grazie a Repubblica, che è riuscita a leggere il decreto sulla sicurezza sul lavoro che sta per essere presentato in Consiglio dei ministri, si scopre che il testo sarebbe stato ulteriormente peggiorato. Secondo quanto si legge sul quotidiano romano, “Il piano del governo per rafforzare la sicurezza sul lavoro slitta al prossimo anno. I 650 milioni ‘freschi’ annunciati per il 2025 dalla premier Meloni il primo maggio – confermati ai sindacati l’8 maggio e riconfermati il 3 luglio davanti al presidente della Repubblica Sergio Mattarella – saranno messi a disposizione dall’Inail solo ‘a partire dal primo gennaio 2026’”.
La domanda inevitabile è: e nel frattempo? Quello che poi appare davvero surreale, se fosse confermato dal testo che sarà approvato dal Consiglio dei ministri, è che le risorse stanziate – poche, visto che parliamo di 550 milioni destinati al meccanismo bonus-malus e 100 milioni per abbassare le tariffe Inail in agricoltura – saranno destinate solo alle aziende, attraverso il meccanismo premiale del bonus-malus.
Certo, si parla di rafforzare la formazione per i settori più a rischio come l’edilizia, e si estende l’assegno per inoccupabilità da incidente sul lavoro fino al compimento dei 67 anni di età: un sussidio di 3.698 euro all’anno erogati dall’Inail.
Ancora, si introdurrebbero borse di studio per i superstiti di 3 mila euro l’anno per chi frequenta la scuola primaria e media, mentre ai ragazzi e alle ragazze delle superiori dovrebbero spettare 5 mila euro e 7 mila per chi andrà all’università. La platea stimata è di 5 mila orfani già a rendita più 500 nuove posizioni l’anno. Sempre la bozza di decreto prevederebbe uno stanziamento di 20 milioni per il decennio.
Ma la vera domanda che andrebbe posta al governo è: l’obiettivo del decreto non dovrebbe essere quello di costruire una cultura della prevenzione, delle azioni di prevenzione in grado di non far verificare gli incidenti, di non creare inabili con il bisogno di sussidio e, soprattutto, di non “produrre” orfani di chi è morto sul lavoro?
Infine, sempre indirizzato al governo vi è un altro interrogativo, che forse viene prima degli altri: quando pensa di convocare i sindacati per sottoporgli il testo del decreto che pensa di portare all’approvazione del Consiglio dei ministri?