Il Media Freedom Act, che contiene le regole europee sull’indipendenza dell’informazione, entra in vigore venerdì 8 agosto, e l'Italia entrerà in procedura d'infrazione per violazione, in relazione al servizio pubblico radiotelevisivo, cioè la Rai.

Le norme europee, approvate oltre un anno fa, hanno lo scopo di tutelare i giornalisti da pressioni politiche e sorveglianza digitale, rendere pubbliche le proprietà e le fonti di finanziamento dei media, impedire che le piattaforme online eliminino contenuti giornalistici senza giustificazione e garantire che i dirigenti delle imprese editoriali siano scelti con criteri chiari e indipendenti.

L’Italia è ancora classificata dal Media pluralism monitor 2025 come Paese ad alto rischio per scarsa indipendenza editoriale, minacce legali e disinformazione. L’entrata in vigore del Emfa è stata programmata a 15 mesi di distanza per permettere ai soggetti interessati di adeguarsi. Italia, Polonia e Ungheria non ci sarebbero però ancora riuscite.

Cosa dice l’articolo 5

Il consigliere d’amministrazione Rai, Roberto Natale, già segretario dell'Usigrai (il sindacato dei giornalisti italiani) e della Federazione nazionale della stampa, precisa che in realtà da venerdì entra in vigore l'articolo 5 del documento, quello che riguarda le regole per la governance del servizio pubblico, ma che in realtà tutto il resto del Media Freedom Act è già in vigore: “E purtroppo in Italia quelle norme sulla tutela della riservatezza delle fonti giornalistiche e del divieto di spionaggio ai danni di chi fa informazione non vengono rispettate”.

"Siamo nel Paese in cui a mesi di distanza ancora non sappiamo chi abbia spiato le persone, ad esempio, nell'affare Paragon – prosegue –, con i giornalisti di Fanpage spiati. Sorte toccata anche a chi giornalista non è, come Luca Casarini e Don Mattia Ferrari”.

I ritardi italiani

Norme sul conflitto di interessi, norme contro le concentrazioni editoriali: il Media Freedom Act contiene dunque una quantità di prescrizioni relative al complesso dell'informazione che sono già in vigore e che in Italia non trova attuazione. L'articolo 5, in particolare, riguarda le regole per un corretto funzionamento dei servizi pubblici e “ci troverà vistosamente impreparati perché è cominciata appena da pochi giorni la discussione vera in Commissione ottava del Senato sulla legge di riforma della governance Rai”, aggiunge il nostro interlocutore.

“Questa è la situazione nella quale ci troviamo – constata Natale – e questo accade perché nel Paese in cui Berlusconi ha rappresentato un esempio internazionale di intreccio perverso tra media e politica è stata accumulata una tradizionale pesantissima arretratezza di decenni”.

Non solo, continua: “In Italia la regolamentazione del sistema dell'emissione è sempre stata segnata da interessi più forti da quelli generali e di questo ha pagato e continua a pagare il prezzo anche il servizio pubblico”.

Nell'era dei social è necessario anche chiedersi quanto ancora influiscano sull'opinione pubblica i media tradizionali e, nel caso specifico, la radiotelevisione pubblica. Natale sostiene che “ancor più nell'epoca dei social, nell’epoca della cosiddetta misinformazione, il servizio pubblico deve sentire la responsabilità di garantire informazione affidabile e certa e continuare ad essere sempre più un presidio di autorevolezza”.

Per questo, tornando all’articolo 5 del Emfa, è importante che “il servizio pubblico si doti di una di un governo aziendale che sappia rispettare l'indipendenza del servizio pubblico: è uno dei due pilastri fondamentali di questo articolo”.

Eliminare l’influenza del governo 

Il consigliere Rai ritiene poi che servono risorse certe e programmabili con un piano pluriennale: “Questo deve essere uno dei punti decisivi della nuova legge in discussione al Senato. Sull’indipendenza, come chiede il Media Freedom Act, è necessario eliminare l'influenza del governo che, nella legge ancora oggi vigente sulla Rai, sappiamo essere determinante. L’esecutivo, infatti, indica due dei sette membri del cda attualmente in carica e uno dei due è l'amministratore delegato”.

Per Natale si tratterà di capire se si riesce a evitare l'influenza del governo non solo in maniera diretta, ma anche in maniera indiretta: “Perché se dalla legge attuale si passa a una legge nella quale sei su sette componenti del consiglio d'amministrazione vengono eletti a maggioranza semplice dal Parlamento, l'influenza del governo che esce dalla porta rientrerebbe dalla finestra”.

Quindi, sottolinea, “si tratta di capire se ci sarà la capacità della nuova legge di individuare meccanismi che garantiscano maggioranze qualificate nella formazione del consiglio d'amministrazione Rai sul modello di quanto avviene per la scelta della Corte costituzionale. L'altro elemento decisivo è il fatto che al servizio pubblico vengano garantite risorse certe e adeguate”.

Servizio pubblico non influencer

Il consigliere Rai ricorda inoltre che “il servizio pubblico italiano è uno di quelli col canone più basso d'Europa nonostante la grande offerta che continua a fornire e che bisogna sottrarlo al ricatto del governo di turno per cui le risorse vengono assegnate di anno in anno, magari a seconda della fedeltà mostrata al governo di turno”.

“C’è bisogno, e lo dicono anche ricerche internazionali – conclude Natale –, che i servizi pubblici continuino ad avere una credibilità alta, un ruolo di fatto centrale. I social non li hanno affatto spazzati via, anzi il problema che si pone è come il servizio pubblico, anche nelle attuali modalità di comunicazione, sappia portare la sua capacità di fare informazione e contribuire alla formazione di un'opinione pubblica che non sia pilotata”.