Sfiora il 10% della popolazione il numero di italiani che non può acquistare cibo o altri beni per vivere dignitosamente. Oggi, 17 ottobre, si celebra la Giornata internazionale per l'eliminazione della povertà, e i dati recentemente pubblicati dall’Istat (relativi al 2024) tracciano un quadro drammatico: due milioni e 200mila famiglie in stato di povertà assoluta, vale a dire 5,7 milioni di persone. Il 35,2% delle famiglie indigenti è composta totalmente da stranieri, il 6,2% da soli italiani. 

L’Istituto di statistica, tra l’altro, non rileva variazioni rispetto all’anno precedente, segno dell’inadeguatezza delle politiche contro la povertà messe in campo da chi governa da ormai tre anni, come conferma Giuseppe De Marzo, attivista, economista, giornalista, scrittore e coordinatore nazionale della Rete dei Numeri pari, un fronte di organizzazioni per il contrasto a disuguaglianze e povertà.  

“Sono 13 anni che nella Giornata mondiale per l'eliminazione della povertà abbiamo iniziato a sottolineare che il tema vero da affrontare nel nostro Paese è quello delle diseguaglianze, tra l'altro manifestando proprio con Maurizio Landini quando era segretario della Fiom davanti al Parlamento. Dopo tutti questi anni vediamo ancora che le diseguaglianze aumentano o non arretrano. Da economista dico che siamo davanti a un evento di carattere strutturale non più congiunturale”.

Non armi, ma stato sociale 

Non basta riflettere sul piano politico e sul piano sociale, “bisogna agire, soprattutto perché il governo, questo ma anche i precedenti, hanno evidentemente deciso che un terzo della popolazione italiana può rimanere fuori dalla condizione di dignità sociale”. 

De Marzo giunge quindi al tema delle scelte di bilancio e le priorità individuate dal governo Meloni che “manifestano la volontà di portarci in guerra”. Basta infatti guardare ai dati elaborati dall’Osservatorio Mil€X, secondo i quali l’Italia spenderà oltre 23 miliardi in più per la spesa militare in 3 anni e quasi 140 nei prossimi 15 anni. Non un’invenzione fantasiosa, ma numeri che si basano sul documento programmatico di finanza pubblica per il triennio 2026-2028, relativi alle spese per il riarmo nella prossima legge di bilancio del governo Meloni. 

“L'unica cosa che interessa al governo – dice l’economista – è un modello industriale energetico di guerra a bassa intensità di lavoro e che non difende la nostra salute, aumenta il problema ambientale e ci porta in guerra. Un tema sul quale l'associazionismo, come anche il sindacato, si sta battendo da tempo”, benché il governo sembri assolutamente sordo a qualsiasi obiezione sulle politiche messe in campo.

Questione di civiltà 

De Marzo ripete più volte che in gioco c’è “un’idea di civiltà”.  “In questo paese il 16% degli operai è in povertà assoluta. Parliamo di fare figli, ma se sei hai un affitto da pagare e un figlio hai grandi probabilità di rientrare tra le famiglie povere. Peggio è per le famiglie straniere: una su tre è già in povertà assoluta. Abbiamo poi un fisco regressivo, abbiamo cancellato il reddito di cittadinanza e le misure di sostegno all'abitare. Per cui, insisto, noi abbiamo delle priorità che sono l'abitare, il lavoro, i salari bassi, la salute, l'istruzione, l'inquinamento, il cambiamento climatico, gli eventi meteorologici, la nostra condizione materiale”.

“Le priorità indicate dal governo sono però chiare” e non vanno nella direzione auspicata da un’ampia platea di attori della società civile e non solamente da De Marzo, il quale individua nell’attualità un segnale: “Noi come associazioni, reti sociali, sindacati continuiamo a dire anche ai partiti di opposizione che qualcosa è cambiato nello scenario globale e impatta anche nel nostro Paese. Giustizia, ecologia e pace sono legati.

Non si tratta di essere pacifisti, si tratta di capire se noi vogliamo continuare a vivere e prosperare su questo pianeta, a partire da casa nostra, perché i temi sono collegati. Dall'agenda politica del governo sono stati espulsi completamente gli obiettivi del millennio che ci indicavano la via per uno sviluppo sostenibile: l’Italia non sarà in grado nel 2030 di raggiungerli. Si diceva che le politiche riformiste avrebbero garantito dignità, giustizia sociale e ambientale, ma quel quadro è saltato”.

Serve una rivolta morale globale 

Povertà e disuguaglianze certificate dall’Istituto di statistica italiano non sono quindi qualcosa che riguarda solamente il nostro Paese e questo ci obbliga ad allargare lo sguardo oltre i nostri confini sino ad arrivare alle Nazioni unite, dove, dice De Marzo, “c’è un signore (Donald Trump, ndr) che a nome di un'oligarchia mondiale liquida la democrazia, il Parlamento dell'umanità e dice: ‘Attenzione, se investite nelle rinnovabili facciamo fallire i vostri Paesi. Il cambiamento climatico è una truffa e chi lo studia, compresi noi, è un’idiota’. Questa non è più democrazia”.

Dalle parole di De Marzo emerge quindi la necessità di “fare di più” come cittadini e l’esempio delle recenti e molteplici manifestazioni di piazza danno lo spunto per parlare di “rivolta morale che sta accompagnando le ultime settimane nel nostro Paese: la partecipazione di milioni di ragazzi non è solo qualcosa che ci dà speranza, ma qualcosa di concreto. Perché vuol dire che c'è ancora chi la pancia e il cuore li tiene accordati, e ci dice che davanti a un genocidio, alla povertà, alle disuguaglianze dobbiamo non solo scendere in piazza, ma chiedere un altro modello economico. Un modello non estrattivo, e un altro paradigma di civiltà all’insegna della reciprocità”.