Portare la spese in armi al 5% del Pil in dieci anni è uno dei punti del piano di riarmo dell’Unione europea e l’impegno assunto in sede Nato negli scorsi mesi: in Italia si passerà da 45 miliardi nel 2025 a oltre 146 miliardi annui nel 2035 (più dell’importo della spesa per la sanità pubblica), 964 miliardi per il riarmo.

Una cifra da capogiro che, a meno di aumentare ulteriormente il debito pubblico, non potrà che essere sottratta a welfare, scuola, sanità, pensioni che saranno sempre meno pubblici e universalistici. E ancora, alla lotta contro la povertà, alle politiche industriali e agli investimenti per creare lavoro di qualità e innovare il sistema produttivo. Questo anche attraverso le annuali leggi di Bilancio.

L’Europa sempre più armata

Al Parlamento europeo e nella Bce si discute addirittura la proposta di emettere eurobond per finanziare il riarmo della Ue: un indebitamento comune che si era riuscito faticosamente a decidere solamente a fronte dell’epidemia da Covid, ma del quale nessuno ha mai più voluto sentire parlare per sanare problemi altrettanto cogenti per i cittadini europei. 

Come già pubblicato dalla nostra testata, c’è anche chi ha fatto i conti, come la Campagna Sbilanciamoci!: riducendo  la spesa militare nelle casse dello Stato finirebbero 3 miliardi e 700 milioni, risparmiando sui programmi militari finanziati dal ministero delle Imprese e del Made in Italy altri 1.750 milioni di euro.

I costi della difesa armata

Un solo cacciabombardiere F35 costa attorno ai 130milioni di euro, vale a dire la somma delle spese per costruire 6500 residenze universitarie (quelle che servirebbero agli studenti fuoriserie che pagano invece oltre i 500 euro al mese per una stanza); con i 90 milioni di un carro armato Ariete si potrebbero acquistare 597 apparecchiature Tac (per fare quel genere di indagini mediche per i quali ci sono liste d'attesa di mesi).

Procedendo con la lista: un cingolato leggero costa 20milioni, l’ammontare per l’acquisto di 224 ambulanze e con quanto si spende per un sottomarino U212, 1,2miliardi, si potrebbero assumere 8mila infermieri con lo stipendio coperto per 5 anni di stipendio (mezzi e personale che nel nostro Paese non bastano da tempo); un cacciamine sottrae 120milioni di euro che potrebbero invece  fornire assistenza domiciliare a 8.571 anziani non autosufficienti. E si potrebbe continuare, aggiungendo anche che le industrie di armi, a parità di investimenti, producono meno posti di lavoro del settore della sanità, ad esempio.

Il 25 ottobre tutti in piazza

Lavoro, pace, libertà sono strettamente interconnesse, come si dirà in piazza il prossimo 25 ottobre a Roma, durante la manifestazione indetta dalla Cgil, il cui segretario generale Maurizio Landini, durante la conferenza stampa di presentazione ha espresso tutta la contrarietà del sindacato a nuove spese in armi: “Bisogna fermare la folle corsa la riarmo”, ha affermato.

Non sono necessari studi e statistiche, basta guardarsi attorno per capire che dove ci sono ingenti quantità di materiale bellico si finisce con il provocare una guerra. Certamente, visto ciò che accade alle porte dell’Europa, è oggettivamente lunga la strada verso il Costa Rica, dove l’esercito è stato abolito nel 1948 dopo una guerra civile, ma con il “no al riarmo” ci si potrebbe almeno incamminare.