Il fatidico giorno è arrivato. Oggi a Bologna, le lavoratrici La Perla si sono ritrovate tutte all’interno dello stabilimento di via Mattei, tra sorrisi e sguardi d’intesa, per riavviare le macchine e riprendere in mano gli strumenti di lavoro. 

La firma sugli ultimi contratti è arrivata a metà della scorsa settimana e ora si può dire ufficialmente che l’intero organico è rientrato in La Perla Atelier, la società controllata da Luxury Holding, il gruppo del miliardario statunitense Peter Kern, già Ceo di Expedia, che ha scelto di scommettere sulla storica azienda della lingerie di lusso.

Le lavoratrici e i lavoratori sono tornati ai loro reparti, con la consapevolezza di affrontare una sfida complessa ma decisiva: rimettere in moto una realtà produttiva che, nonostante gli anni difficili, continua a rappresentare un riferimento del made in Italy e un patrimonio di competenze che non può andare disperso.

La festa prima del ritorno in fabbrica

Applausi, abbracci e lacrime. Alla vigilia del loro ritorno in azienda, le operaie La Perla hanno riempito il Circolo Arci San Lazzaro. Più di quattrocento persone — lavoratrici, familiari, sindacalisti — per celebrare la fine di una vertenza lunga quasi due anni. “Abbiamo pianto, pianto, pianto”, racconta una di loro. “Era una scossa che attraversava tutto il corpo: una vittoria incredibile.” Confessa un’altra: “Quando abbiamo saputo che i posti di lavoro erano salvi è stata una gioia immensa”. È una festa che sa di rinascita e di orgoglio, ma anche di memoria.

Una vertenza simbolo

La Perla, azienda della moda bolognese con 70 anni di storia, era finita in amministrazione straordinaria nel 2024 dopo il collasso del gruppo londinese. “Il vecchio proprietario smette di pagare, spegne progressivamente l’azienda”, ricordano le delegate Filctem Cgil. Eppure le lavoratrici non si sono arrese. Hanno scritto appelli, canti e manifestato a Roma e Bruxelles. “Quando siamo entrate al Parlamento europeo ci siamo sentite piccole in un posto enorme, ma importanti. Finalmente qualcuno ci ascoltava”.

Il percorso che oggi si chiude ricorda quanto il made in Italy, quando è fondato su competenze reali, debba essere difeso. Mentre la filiera della moda è attraversata da casi di sfruttamento e lavoro irregolare, La Perla diventa l’esempio opposto: dimostra che si può fare qualità rispettando persone, diritti e salari. Le artigiane della storica azienda bolognese rappresentano il punto più alto di un sapere che il mercato globale non riesce a duplicare.

Lavoratrici La Perla in presidio davanti al Parlamento Europeo (Davide Colella)

L’arrivo del nuovo proprietario

Nel maggio 2025 l’imprenditore statunitense Peter Kern ha rilevato lo stabilimento promettendo investimenti per 30 milioni di euro entro il 2027. Da fine settembre è stato formalizzato il passaggio alla nuova società La Perla Atelier srl: 165 lavoratrici della produzione, poi le 35 del management, infine, da oggi le otto della rete vendita.

“Lunedì entriamo e quindi festeggiamo”, dice Stefania Pisani, segretaria generale della Filctem Cgil di Bologna, cuore della battaglia. “Ma non è solo un ritorno al lavoro: è la prova che la tenacia può salvare un’azienda.”

Il ringraziamento dei sindacati va a chi non ha mai mollato: alle maestranze che hanno attraversato mesi durissimi, alle istituzioni che hanno creduto nella vertenza, a chi ha difeso la storia e il valore di La Perla. Per Ugo CherubiniFilctem Cgil, “questa giornata racconta che il lavoro, retribuito in modo giusto e fondato sulla qualità, non è un miraggio. È un obiettivo raggiungibile quando una comunità decide di proteggere ciò che conta davvero”.

La forza delle donne

Durante la festa è salita sul palco Flora Monti, staffetta partigiana. “Non siete solo operaie — ha detto —, siete donne che hanno resistito come noi allora”. E insieme alle lavoratrici ha intonato Sebben che siamo donne, il canto delle mondine tornato simbolo della loro battaglia.

“Abbiamo imparato che non c’è nulla di impossibile,” confessa una di loro. “Mi sono riscoperta, ho avuto il coraggio di parlare e adesso non mi fermo più”. Un’altra aggiunge: “Siamo cresciute insieme, ci siamo sposate, siamo diventate nonne. La Perla è una famiglia”.

Nell’estate più difficile le lavoratrici si sono inventate La Perla Beach, un flashmob davanti ai cancelli: ombrelloni, materassini, costumi. “Tutti andavano al mare, noi no. Le nostre vacanze erano lì, davanti all’azienda. Per dimostrare che pur di lavorare eravamo pronte a rinunciare anche a quelle. E alla fine abbiamo vinto”. In quei mesi è nata anche Uniche Unite, l’associazione delle lavoratrici. “È il nostro simbolo: donne che si tengono per mano per darsi forza una con l’altra”.

Le lavoratrici La Perla durante un flash mob davanti alla fabbrica
Le lavoratrici La Perla durante un flash mob davanti alla fabbrica
Le lavoratrici La Perla durante un flash mob davanti alla fabbrica (Davide Colella)

Il futuro: la scuola del sapere

Ora le macchine tornano a muoversi, e con loro le mani che hanno custodito un mestiere prezioso. “La prima cosa che abbiamo chiesto ai nuovi acquirenti — spiegano — è una scuola del sapere per trasmettere alle nuove generazioni le competenze che altrimenti sarebbero andate perdute”. 

“Io tornerò a fare la modellista”, “Io la tagliatrice”, “Io lo sviluppo taglie”, dicono. Ognuna torna al proprio posto, con la stessa fierezza del primo giorno.

Un messaggio al Paese

“Abbiamo dimostrato che insieme si può vincere”, afferma una di loro. “È una vittoria non solo sindacale, ma collettiva: di un’intera città che ha creduto in noi”.

E una voce chiude il video, con un sorriso: “Spero che siamo state delle apripista. La finanza speculativa ha distrutto troppi marchi italiani. Noi abbiamo lottato contro questo mostro e ce l’abbiamo fatta. Bisogna ribellarsi”.

Qui il video integrale:

Festa La Perla IL VIDEO INTEGRALE
Festa La Perla IL VIDEO INTEGRALE