Il 18 dicembre si celebra la Giornata internazionale dei migranti, istituita nel 2000 dall’Assemblea generale delle Nazioni unite per favorire riflessione e dialogo su un fenomeno che attraversa ogni continente e ogni società. Una ricorrenza che, nelle intenzioni, dovrebbe richiamare i governi alle proprie responsabilità. Nei fatti, però, continua a mettere in evidenza una distanza profonda tra i principi proclamati e le politiche realmente praticate.

Una data che nasce da una tragedia

La scelta del 18 dicembre affonda le radici in una vicenda che parla ancora al presente. Nel 1972 un camion si ribaltò nel tunnel del Monte Bianco: non trasportava merci, come dichiarato, ma 28 lavoratori migranti originari del Mali, nascosti nel vano di carico e diretti in Francia. Morirono così, invisibili fino all’ultimo, vittime di un sistema che già allora costringeva le persone a muoversi clandestinamente per lavorare.

Diciotto anni dopo, il 18 dicembre 1990, l’Onu adottò la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, un testo che riconosceva formalmente la vulnerabilità strutturale dei migranti e la necessità di proteggerli da abusi e sfruttamento. La Convenzione entrò in vigore solo nel 2003, e ancora oggi molti Paesi europei – Italia compresa – non l’hanno ratificata. Un’assenza che pesa come una dichiarazione politica.

Leggi anche

Migrare oggi: tra crisi globali e nuove vulnerabilità

Il fenomeno migratorio resta una realtà complessa, attraversata da speranze e sofferenze. Guerre, instabilità politiche, disuguaglianze economiche e crisi ambientali spingono milioni di persone a lasciare le proprie case. Negli ultimi anni, conflitti e cambiamento climatico hanno moltiplicato gli spostamenti forzati, interni e transfrontalieri.

Indipendentemente dalle cause, migranti e rifugiati continuano a essere tra i soggetti più esposti a sfruttamento, abusi, stigma e violenze, con un accesso limitato ai servizi essenziali, a partire dalla sanità. La mancanza di canali di ingresso sicuri e regolari costringe ogni anno milioni di persone a intraprendere viaggi pericolosi: dal 2014 oltre 50.000 migranti hanno perso la vita lungo le rotte migratorie globali.

Il nodo italiano: il fallimento del Decreto Flussi

In questo contesto, in occasione del 18 dicembre, il Tavolo Asilo e Immigrazione, di cui fa parte anche la Cgil insieme a numerose associazioni, ha lanciato un appello al governo denunciando l’inefficacia e l’iniquità del Decreto Flussi.

A oltre 27 anni dall’approvazione del Testo unico sull’immigrazione, il Decreto Flussi non si è mai rivelato uno strumento capace di garantire ingressi legali e sicuri. Basato su un meccanismo astratto di incrocio tra domanda e offerta di lavoro a distanza, continua a produrre irregolarità strutturali, trasformandosi spesso in una sanatoria mascherata.

Le modifiche introdotte negli ultimi anni - e confermate dal governo Meloni - non hanno inciso sulla sostanza del provvedimento. Ritardi cronici, opacità delle procedure e intermediazioni poco trasparenti continuano a lasciare migliaia di persone in balia di sfruttatori, caporali e reti criminali.

Leggi anche

Ingressi regolari che producono irregolarità

I dati della campagna Ero Straniero fotografano con chiarezza il paradosso. Decine di migliaia di persone sono entrate in Italia con un visto e un nulla osta all’assunzione, ma con tempi procedurali così lunghi da rendere il percorso insostenibile. Una volta arrivate, molte non hanno trovato il datore di lavoro che aveva presentato la domanda o hanno scoperto condizioni diverse da quelle promesse.

Il risultato è drammatico: persone che hanno seguito tutte le regole si ritrovano in breve tempo inermi e irregolari, vittime di truffe o, nei casi più gravi, della tratta a scopo di sfruttamento lavorativo. Oggi vivono sul territorio italiano senza permesso di soggiorno per cause indipendenti dalla loro volontà.

Irregolarità che negano diritti fondamentali

La mancanza di un titolo di soggiorno non è solo una questione amministrativa. Si traduce in esclusione dall’assistenza sanitaria, difficoltà di iscrizione al Servizio sanitario nazionale, impossibilità di esercitare il diritto alla salute. Una condizione che colpisce anche decine di migliaia di lavoratori stranieri già presenti, spesso impiegati irregolarmente e sottoposti a caporalato e sfruttamento.

Eppure l’Italia, segnalano le associazioni, soffre una crescente carenza di manodopera in molti settori, aggravata dall’emigrazione di giovani – italiani e stranieri. Spingere chi lavora nell’ombra del lavoro nero non è solo ingiusto: è contro l’interesse del Paese.

Leggi anche

Cgil: “Serve un intervento strutturale”

"Si ignora la necessità di un intervento strutturale con il superamento della Legge Bossi-Fini – commenta la Cgil –. Sono almeno tre le direttrici su cui sarebbe necessario muoversi per conseguire dei risultati concreti: una procedura di regolarizzazione per tutti i settori economici e produttivi, l'accesso alle quote per chi è già nel territorio nazionale, la possibilità di rilascio di un permesso di soggiorno per ricerca di occupazione anche ricorrendo a figure di sostegno per l'inserimento socio lavorativo”. “Questo  – continua – servirebbe davvero a restituire condizioni di regolarità nei titoli di soggiorno e per sottrarre forza lavoro dalla condizione di irregolarità, costantemente alimentata dagli esiti delle procedure dei flussi.

“Sono parole che ripetiamo da anni - insiste la Cgil -, ma che il governo italiano non intende ascoltare, mentre invece continua a seguire uno schema di nessuna utilità: per le persone, per il Paese, per le imprese. Per rendere la condizione delle persone regolare, uscire dall’invisibilità e quindi dallo sfruttamento occorre una riforma d'insieme”. “Le scelte del Governo - conclude il sindacato - sono tutte orientate dalle procedure di accesso ai flussi, scelte che riteniamo non siano sufficienti per costruire risposte alla realtà delle migrazioni, al cambio necessario delle politiche migratorie”.

L’appello: permessi, emersione, dignità

Il Tavolo Asilo e Immigrazione chiede infatti al governo di garantire il rilascio di un permesso di soggiorno per lavoro o attesa occupazione a tutte le persone truffate o rimaste senza datore al loro arrivo, come già previsto da una circolare del Ministero dell’Interno del 2007. Una misura possibile, già sperimentata in passato, che restituirebbe dignità e diritti a chi è stato penalizzato da un sistema fallimentare.

Il 18 dicembre non è solo una ricorrenza simbolica. È una data che richiama una responsabilità storica. Dal camion del Monte Bianco del 1972 a oggi, denunciano le associazioni, poco è cambiato. Per questo, in occasione della Giornata Internazionale dei Lavoratori Migranti e delle loro Famiglie, numerose organizzazioni sociali e sindacali scendono in piazza a Roma, in piazza Capranica dalle 16:30, insieme a lavoratori e lavoratrici vittime di un sistema ingiusto.