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Decine di barche, provenienti da 44 Paesi, si preparano a salpare con un obiettivo che va oltre il mare: rompere l'assedio e portare speranza alla popolazione di Gaza. La Global Sumud Flotilla non è soltanto una missione navale di aiuti umanitari, ma un atto politico collettivo. È la società civile internazionale che sceglie di muoversi di fronte all'inerzia dei governi, dopo oltre venti mesi di massacri e silenzi.
Rotte e partenze, anche dall’Italia
Il calendario è fissato. Se le condizioni meteo lo consentiranno, il 31 agosto partiranno le prime imbarcazioni dalla Spagna e da Genova. Il 4 settembre sarà la volta delle barche in partenza dalla Sicilia, dalla Tunisia e dalla Grecia. Insieme, le diverse rotte convergeranno verso la Striscia di Gaza. Da Genova la macchina della solidarietà è già in moto: con il sostegno di Music for Peace e del Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali (Calp), è stata avviata una raccolta straordinaria di medicinali e beni di prima necessità da caricare sui velieri. L'obiettivo dichiarato è ambizioso: raggiungere e superare le 45 tonnellate di aiuti.
Il rischio del mare
Tentativi simili si sono già scontrati con la violenza israeliana. È accaduto alla Madleen e alla Handala, assaltate in acque internazionali e sequestrate insieme agli attivisti a bordo, tra cui Greta Thunberg e diversi europarlamentari. Processati come “clandestini”, rimpatriati e colpiti da un traffico di ingresso in Israele lungo un secolo. “Illegale e illegittimo” hanno replicato i legali della Flotilla, che in Spagna hanno denunciato Tel Aviv per sequestro di persona e violenza privata. Nonostante ciò, Greta Thunberg tornerà a bordo, salpando da Barcellona insieme ad altri attivisti come Thiago Avila e Yasemin Acar, in nome di quel termine arabo intraducibile che dà il nome alla missione: Sumud, resistenza e perseveranza.
Dal mare ai social
Parallelamente cresce il fronte del sostegno. Artisti e figure pubbliche stanno riempiendo i social di messaggi di solidarietà, un'onda che contrasta l'assenza di attenzione dei media tradizionali, non solo italiani. Ed è qui che entra in gioco la responsabilità di ognuno: condividere, rilanciare, sostenere economicamente i naviganti. Dare voce a chi salpa per Gaza significa dare forza a un’iniziativa collettiva.