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Marina Castellaneta insegna Diritto internazionale presso la facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Bari. Dal 2012 al 2018 è stata componente del Consiglio direttivo della Società italiana di diritto internazionale e di diritto dell'Unione europea (Sidi). È stata visiting fellow presso l'Università del Texas (Austin, Stati Uniti) ed è autrice di numerose pubblicazioni scientifiche in materia di diritto internazionale pubblico, privato e dell'Unione europea. Tra le altre, La libertà di stampa nel diritto internazionale e dell'Unione europea, 2012. È vicedirettore della rivista scientifica MediaLaws, componente del Comitato scientifico dell'Euro-Mediterranean Center Librexpression. E, infine, Co-Editor dal 2015 al 2018 di Commentaries on Private International Law, newsletter del Private International Law Interest Group - American Society of International Law.
La sua, quindi, è l'opinione di una tecnica esperta della materia. Per la studiosa non ci sono dubbi: Israele viola il diritto internazionale e non da ora perché “la storia non comincia il 7 ottobre”. Il vero salto di qualità che si registra oggi, a suo giudizio, è l'ostentazione della violazione e il sostegno incondizionato del presidente Usa.
Sta dunque dunque agli stati occidentali e all'Unione europea intervenire, mettendo in atto scelte politiche che ripristino il diritto ormai trascurato. E compete all'opinione pubblica, alla società civile, fare massa critica e spingere i leader nazionali ed europei ad attuare veti, sanzioni e rescissioni di contratti di collaborazione così come la professoressa ha chiesto e ottenuto dalla sua Università.
Professoressa, dopo mesi di bombe e missili, di fame e distruzione è cominciata l'occupazione di Gaza City. Come si può giudicare tutto questo alla luce del diritto internazionale?
Siamo evidentemente in presenza di violazioni del diritto internazionale da parte di Israele. Che però non cominciano oggi. Lo ha dichiarato più volte la Corte Internazionale di giustizia. Anche di recente, nelle ordinanze del 2024, ha chiesto a Israele, potenza occupante, di ritirarsi da ogni territorio occupato. La nuova occupazione di Gaza, che in parte era stata liberata, seppure con molte virgolette, anni fa, in realtà è ovviamente in contrasto col diritto internazionale: il popolo palestinese ha il diritto all'autodeterminazione e Israele è la potenza straniera occupante.
In realtà, come lei ci ha appena detto, la violazione del diritto internazionale non è cominciata ieri e non è nemmeno cominciata l'8 ottobre.
Sì, assolutamente. La prima pagina della storia non è stata scritta certamente il 7 ottobre, in occasione di gravissimi atti disumani assolutamente da condannare. La storia dell’occupazione di Israele risale però a tantissimi anni fa, anni scanditi da varie risoluzioni, a cominciare dalla 181 delle Nazioni unite, che non sono state mai rispettate. Da tempo le Nazioni unite, non solo la Corte internazionale di giustizia, hanno chiarito che in quella porzione di Medio Oriente devono esserci due Stati e che, naturalmente, Israele deve ritirarsi dai territori occupati, perché quel paese attua una dominazione di tipo coloniale nei confronti della Palestina. Ripeto, le violazioni del diritto internazionale da parte di Israele non cominciano oggi.
Ma oggi che succede?
Quella che oggi si è verificata è probabilmente una ostentazione delle violazioni del diritto internazionale con il supporto totale degli Stati Uniti che invece, seppure parzialmente e con tutti i distinguo del caso, in passato avevano applicato anche delle sanzioni ai coloni. Ora, invece, il presidente degli Stati Uniti ha dichiarato che né l’occupazione di Gaza né eventuali altri insediamenti nei territori già occupati della Cisgiordania costituiscono una violazione del diritto internazionale. Questo è il punto vero, siamo in presenza di una violazione persistente del diritto internazionale, di un’ostentazione di queste violazioni con il supporto degli Stati Uniti, e di un'inerzia degli altri attori della comunità internazionale.
E questo è il punto che vorrei approfondire con lei. Esiste il diritto internazionale, ma esistono strumenti per far sì che esso venga rispettato? Sembra quasi che il diritto internazionale sia scritto nel vento.
La struttura dell’ordinamento internazionale si basa su rapporti tra Stati. Certamente le organizzazioni internazionali possono e devono svolgere un ruolo, ma ruolo centrale è quello degli Stati e, direi, degli Stati forti nel sistema dell’ordinamento internazionale. Quindi le regole ci sono, così come le dichiarazioni riguardanti le violazioni e l’accertamento delle violazioni, spetta però agli Stati intervenire, più che a organizzazioni come l’Onu che purtroppo è paralizzata dal veto degli Usa all'interno del Consiglio di sicurezza. La stessa Corte europea dei diritti dell’uomo ha definito assolutamente legittimo il boicottaggio dei prodotti israeliani e le sanzioni: sono tutte misure che però devono essere adottate dai Paesi e dall’Unione Europea che, ovviamente, potrebbe avere un ruolo centrale visto che potrebbe proporre delle sanzioni anche di carattere economico verso Israele.
In questo momento sono in corso oltre 50 conflitti nel mondo, ce ne sono due sotto i riflettori, anche se in maniera diversa, quello in Medio Oriente e quello tra Russia e Ucraina. Lì gli Stati sono intervenuti, hanno posto sanzioni e veti. Ma in Medio Oriente non succede lo stesso. Perché?
Il motivo è puramente di carattere politico. Ascoltiamo dichiarazioni di condanna a quanto sta accadendo in Israele, le operazioni contro i civili sia nella striscia di Gaza che in Cisgiordania, ma gli stessi leader politici che si dicono sdegnati non fanno nulla per risolvere la situazione. È pura assenza di volontà politica, per ragioni di carattere probabilmente economico, politico, per gli intrecci commerciali e di altro genere, a cominciare dalla questione delle armi, non soltanto di tipo cinetico, ma anche cibernetico. Sono gli scambi continui che esistono tra paesi occidentali e Israele che, appunto, i leader politici occidentali e dell'Unione europea non vogliono assolutamente intaccare. E questa assenza di volontà politica a questo punto diventa una sorta di complicità dell'Occidente e dell'Unione europea ai massacri che sono in corso sotto gli occhi di tutti. Mi correggo, non proprio e non completamente sotto gli occhi di tutti, vista l'assenza di informazione libera. Israele si definisce e viene definito paese democratico, e però impedisce ai giornalisti stranieri di entrare a Gaza e quelli palestinesi presenti nei territori vengono uccisi. In quella terra si registra il numero più alto di giornalisti e giornaliste vittime nei conflitti.
Dicevamo che l'entrata a Gaza City è in qualche modo un salto di qualità del conflitto e della violazione del diritto internazionale. Per il rispetto del diritto internazionale ci vuole la volontà politica dei paesi occidentali, ma esiste un ruolo che può esercitare la società civile?
Io credo di sì, negli ultimi mesi, registriamo un attivismo maggiore di attori pubblici e privati, se pure non a livello statale, che chiedono e in parte attuano delle misure sanzionatorie del genere di quelle che sono state applicate nei confronti della Russia a seguito dell'invasione in Ucraina. Penso ad esempio alle università che rompono i rapporti di cooperazione con Israele. Certamente i soggetti privati, le associazioni, la società civile possono fare molto per spingere lo Stato, ma le decisioni le deve prendere sicuramente il governo e direi, più che altro, l'Unione europea. Unione europea che credo stia facendo una figura davvero pessima nell'affrontare questa crisi, questa catastrofe umanitaria. È evidente l'utilizzo di due pesi e due misure nel confronto tra il conflitto Ucraina-Russia e Israele-Palestina. Ma non bisogna assuefarsi ai crimini che vengono commessi e alle violazioni perpetrate giornalmente. Sicuramente l'Unione europea ha enormi responsabilità, ma ciascuno di noi può e deve fare la propria parte.