Governo e maggioranza di destra-centro sono riusciti a peggiorare una manovra che brutta e iniqua lo era fin dalle origini. La manovra è al Senato e siamo arrivati al 17 dicembre senza che la Commissione bilancio - non l’Aula si intenda bene – sia riuscita a licenziare il testo che poi dovrà essere votato dall’Aula e infine andare alla Camera. Oggi, appunto 17 dicembre, è arrivato l’emendamento del governo che peggiora la Legge di bilancio. Si legge in una nota della Cgil: “L’emendamento presentato dall’esecutivo e quelli proposti dalla maggioranza aggravano l’impianto della manovra più antipopolare degli ultimi anni: tutela dei profitti, soldi a pioggia alle imprese e brutale penalizzazione di lavoratori, pensionati e consumatori”.

Una manovra piccola ma ingiusta

È bene ricordare che stiamo parlando di una manovra piccola, sono solo 18,7 i miliardi di cui si parla, mentre Meloni e Giorgetti raccontano che sia a favore del ceto medio in virtù di una rimodulazione delle aliquote dell’Irpef che però non porta in realtà quasi nessun beneficio reale, visto anche che non si è voluto nemmeno sterilizzare il perverso meccanismo del drenaggio fiscale che ha già sottratto a lavoratori e lavoratrici dipendenti ben 25 miliardi di tasse non dovute.

E infatti la Confederazione di Corso d’Italia ricorda: “Il Governo non solo non sta dando alcuna risposta alle richieste avanzate dal mondo del lavoro (restituzione e neutralizzazione del drenaggio fiscale, sostegno a salari e pensioni, blocco dell’innalzamento dell’età pensionabile e maggiore flessibilità in uscita, investimenti adeguati nella sanità, nell’istruzione, nella non autosufficienza, nelle politiche per la casa, nel trasporto pubblico, che vengono invece colpiti da definanziamenti e tagli pesantissimi), ma sta peggiorando una manovra, che - tra l’altro - non avrà alcun impatto sull’economia reale”.

Il trucco Pnrr

Si saccheggiano ingenti risorse da Pnrr e Fondi di Sviluppo e Coesione, distraendole dalla loro finalità di riduzione dei divari territoriali e delle diseguaglianze sociali, per coprire - prosegue la Cgil - spese già effettuate e destinarle alle imprese, senza condizionalità ambientali e occupazionali: si rinuncia a ridurre il tax gap, uno degli obiettivi più ambiziosi del Pnrr”. E ricordiamo che all’Italia sono arrivati quasi 200 miliardi dall’Europa perché siamo il Paese più colpito dalle diseguaglianze che così non solo non si riducono ma secondo Svimez rischiano di aumentare.

Leggi anche

La “truffa” sulle pensioni

La campagna elettorale di Salvini & Co. fu all’insegna di “abbasso la Fornero” e “appena saremo al governo aboliremo la legge sulle pensioni”. Peccato che al governo ci siano ormai da tre anni, sono alla quarta legge di bilancio e la Fornero l’hanno sì cambiata ma in peggio. Ricorda la Cgil: “Si aumenta in maniera abnorme l’età pensionabile, portandola di fatto a 44 anni e 2 mesi di contributi nel 2035, e - per chi ha riscattato o riscatterà gli anni di studio - addirittura a 46 anni e 9 mesi”.

I soldi si prendono dai soliti noti

Come fare cassa, visto che di soldi c’è bisogno? Andandoli a prendere dove si sono sempre presi facendo finta di cercarli altrove. Per Corso d’Italia “si colpiscono solo apparentemente le assicurazioni, che si rivarranno su assicurati e lavoratori del settore; si tassano le spedizioni dei pacchi di valore inferiore a 150 euro, penalizzando i piccoli consumatori. È davvero difficile trovare, negli ultimi anni, una manovra più ingiusta e più antipopolare di quella che arriverà al voto definitivo delle Camere”.

Non è così che si cresce

Secondo la Cgil “non è sottraendo risorse a lavoratori e pensionati per tutelare i profitti e per distribuire soldi a pioggia alle imprese, che si rimedia alla dinamica anemica del pil e si inverte la desertificazione produttiva in corso. È la stessa ricetta applicata da quando la presidente del Consiglio si è insediata a Palazzo Chigi: una ricetta che aggrava anziché curare la malattia del calo della produzione industriale (32 mesi degli ultimi 36) e della crescita dello ‘zero virgola’ (che ci collocherà nel prossimo biennio all’ultimo posto in Europa)”.

Quello che serve

La Cgil ha presentato al governo richieste e proposte, le ha scandite in piazza e ribadite nel corso dello sciopero generale del 12 dicembre: “Servono investimenti e una vera politica industriale, il rilancio della domanda interna, il rafforzamento di un welfare ormai sempre meno pubblico e universalistico. Le risorse per fare tutto questo vanno prese dove sono: da profitti, extra-profitti, grandi ricchezze (anche chiedendo un contributo di solidarietà all’1% più ricco della popolazione), combattendo sul serio l’evasione fiscale che ha nuovamente superato i 100 miliardi. L’Esecutivo sta facendo il contrario: colpisce le fasce popolari per avvantaggiare chi sta meglio. Una linea di politica economica che - conclude la Cgil - non danneggia solo le persone che rappresentiamo, ma tutto il Paese”.

Leggi anche