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Almeno nel Sud del Paese la scommessa Pnrr sembra vinta, sempre che entro la scadenza si sia in regola con gli obiettivi da raggiungere. Lo afferma il Rapporto Svimez 2025. I dati analizzati sono a più facce. Da un lato le notizie positive, dall’altro i lati oscuri.
Le notizie positive
È certamente una notizia positiva l’aumento dell’occupazione meridionale. Secondo l’istituto tra il 2021 e il 2024 sono quasi 500 mila gli uomini e le donne che hanno trovato un’occupazione, tra questi 100 mila sono ragazzi e ragazze. Ancora, è certamente positivo che a crescere siano i servizi Ict, l’industria, e l’attrattività delle università meridionali. “Ma – si legge nel Rapporto - la legacy del Pnrr riguarda anche cambiamenti sociali e istituzionali che devono orientare il complesso delle politiche pubbliche: il miglioramento della capacità amministrativa dei Comuni; i primi segnali di convergenza Sud-Nord nell’offerta pubblica di asili nido e del servizio mensa nelle scuole; la standardizzazione e semplificazione degli iter amministrativi”.
Le note dolenti
Il Rapporto evidenzia innanzitutto la fuga, che appare inarrestabile, di giovani: sempre tra il 2021 e il 2024 se ne sono andati in 175 mila, la metà dei quali laureati. Questa fuga ha due conseguenze negative, da un lato il territorio si impoverisce di competenze e talenti, dall’altro fa registrare una vera e propria perdita economica. Secondo lo Svimez infatti: “Le migrazioni dei laureati comportano per il Mezzogiorno una perdita secca di quasi 8 miliardi di euro l’anno”. Ed infatti, nonostante l’incremento dell’occupazione giovanile sia stato rilevante, + 6,4, è comunque assai più basso che al Centro-Nord, 51,3% contro 77,7%.
La povertà del lavoro
Perché i ragazzi e le ragazze se ne vanno? Perché chi resta trova quasi esclusivamente lavori poco retribuiti e poco qualificati. Perché rimanere allora? Non solo i salari reali, al Sud come nel resto di Italia, calano. Ma in queste regioni si registra una caduta più forte: -10,2% contro -8,2% nel Centro-Nord. Inflazione più intensa e retribuzioni nominali più stagnanti accentuano il divario in quelle regioni. Questo fenomeno ha come conseguenza l’aumento della povertà tra chi un lavoro c’è l’ha. Si legge ancora nel rapporto che al Sud sono poveri “un milione e duecentomila lavoratori meridionali, la metà dei lavoratori poveri italiani, è sotto la soglia della dignità”.
Aumenta la povertà
Nel 2024 le famiglie povere crescono nel Mezzogiorno passando dal 10,2% al 10,5%. Centomila persone in più scivolano nella povertà assoluta, per effetto di un aumento delle famiglie che risultano in povertà assoluta anche se con persona di riferimento occupata. “La relazione tra lavoro e benessere è quindi sempre più debole, segnale di una crescita quantitativa dell’occupazione non accompagnata da qualità e stabilità”. Chissà se leggendo questi dati Meloni e Giorgetti correggeranno la manovra che non destina praticamente nulla a chi si trova in difficoltà? E chissà se finalmente prenderanno in considerazione l’ipotesi di introdurre il salario minimo legale?
Diritto alla casa diventa priorità
Secondo le analisi Svimez-Ifel/Anci esiste una forte correlazione tra affitto e vulnerabilità economica. Nel Centro-Nord la povertà assoluta colpisce il 21% delle famiglie in affitto, contro il 3,6% delle famiglie proprietarie; nel Mezzogiorno raggiunge il 24,8% tra gli inquilini e il 7% tra i proprietari. A fronte di questi numeri si scopre una enorme carenza dell’edilizia residenziale pubblica. I numeri elencati dalla Svimez sono sconcertanti: “Oltre 650mila famiglie attendono un alloggio e ogni anno 40mila sfratti coinvolgono 120mila persone. L’offerta di edilizia residenziale pubblica resta limitata (2,6% dello stock nazionale), con concentrazioni più alte nelle aree metropolitane del Centro-Nord: Milano e Torino (3,4%), Roma (3,3%) e Genova (3,2%). Nel Sud i valori sono più bassi, con Napoli al 3% e Reggio Calabria appena all’1,3%. Questo quadro conferma la necessità di politiche strutturali e coordinate per garantire il diritto alla casa e la coesione sociale sul territorio nazionale”. Dove è il piano casa di Salvini?
C’è molto da approfondire
Come ogni anno il Rapporto Svimez è ricco di dati e di analisi che meritano di essere approfonditi, lo faremo. Quel che emerge con chiarezza è l’importanza del Pnrr. Tra il 2021 e il 2024 il Pil al Sud cresce dell’8,5% mentre la media nazionale si è fermata al 6,3%. Secondo le stime Svimez, “l’Italia crescerà poco ma in miglioramento: +0,5% nel 2025, +0,7% nel 2026, +0,8% nel 2027. Grazie al completamento dei cantieri Pnrr, il Sud dovrebbe continuare a superare il Centro-Nord nel biennio 2025-2026: +0,7% e +0,9%, contro +0,5% e +0,6% del Centro-Nord”.
Ma, è non è un’avversativa da poco, sempre secondo Svimez: “Il Pnrr è stato concepito per ridurre i divari territoriali, migliorare i servizi essenziali e rafforzare la capacità amministrativa delle aree più fragili, soprattutto nel Mezzogiorno. Allo stesso tempo, però, il Governo porta avanti le pre-intese sull’autonomia differenziata, che rischiano di aumentare le disuguaglianze, sottraendo risorse e competenze condivise e frammentando i diritti di cittadinanza. Così, una riforma nata per ricucire il Paese si sovrappone a un’altra che può accentuarne le fratture”.
La domanda che si impone, e che dovrebbe essere la prima nell’elenco di priorità di Meloni è: cosa succederà dall’autunno del 2026 quando il Pnrr sarà concluso? È evidente che la ricetta per la crescita sono gli investimenti pubblici, ed allora perché destinare così tante risorse a difesa e riarmo?
























