Sono quasi 6 milioni le persone che in Italia si trovano in una condizione di deprivazione alimentare materiale o sociale. Il dato è 2023 e segna una crescita di circa 680 mila unità rispetto all’anno precedente. A snocciolare questi numeri è il rapporto Fragili equilibri di ActionAid, che accende i riflettori anche su una realtà ampia, trasversale e in gran parte sommersa: oltre 4 milioni di famiglie risultano oggi a rischio povertà alimentare.

Da Sud a Nord

È al Sud che si concentrano le situazioni più critiche: 877 mila le persone in difficoltà in Campania (18,4 per cento), 721 mila in Puglia (21,3 per cento), 503 mila in Calabria, che registra l’incidenza più alta, 31,7per cento, 540 mila in Sicilia.

Al Nord: si contano oltre 714 mila poveri in Lombardia, oltre 396 mila in Veneto, 745 mila nel Lazio. Buone notizie per alcune regioni del Mezzogiorno che fanno progressi, come la Basilicata (meno 14,4 punti) e la Sicilia (meno 13,6), ma gli aumenti percentuali della Calabria (più 14,8) e della Sardegna (più 4,9) sono allarmanti.

Gli invisibili

“La povertà alimentare è strettamente connessa alla fragilità economica, ma non si esaurisce in essa – afferma Roberto Sensi, responsabile programma povertà alimentare di ActionAid Italia -. Pensiamo per esempio che solo il 40 per cento di chi sperimenta deprivazione alimentare è ufficialmente classificato come povero secondo le soglie Istat, a conferma di una crescente vulnerabilità che colpisce anche una parte della popolazione esclusa dalle misure pubbliche di sostegno”.

Una fetta di invisibili che non riesce a mangiare in modo adeguato, ma che non rientra nelle fasce di povertà rilevate dalla statistica. L’indagine dell’organizzazione internazionale rivela che il 2023 segna un’inversione di tendenza rispetto agli anni precedenti, con un aumento della deprivazione alimentare in tutte le macroaree del Paese, anche con intensità differenti.

Allarme prezzi

Intanto, i prezzi dei prodotti alimentari ortofrutticoli crescono più dell'indice generale d'inflazione, un fenomeno che va avanti dal 2022, anche se negli ultimi mesi si è registrato un rallentamento: a giugno 2025 l’inflazione è salita all’1,7 per cento, mentre il carrello della spesa è aumentato del 2,8. Le più colpite sono sulle famiglie a basso reddito e, sottolineano le associazioni dei consumatori, anche quelle a reddito medio.

Se si considera che in Italia stipendi e pensioni sono tra i più bassi in Europa e che hanno subito una notevole perdita del potere d'acquisto, questa situazione amplifica le disuguaglianze e costringe le famiglie a sacrifici, riscontrabili nell'aumento delle vendite nei discount e nella scelta di prodotti di minore qualità.

Quantità e qualità

A conferma di questo, il report precisa che povertà alimentare non significa solo non avere abbastanza cibo, ma anche rinunciare alla qualità, alla varietà, ai pasti regolari, oltre che perdere il valore sociale e culturale del mangiare insieme.

“Una condizione che sfugge ai tradizionali indicatori statistici e che ActionAid ha analizzato attraverso la lettura della scala Fies – si legge nell’indagine -, che misura l’insicurezza alimentare attraverso le esperienze delle persone, dell’indice che combina aspetti materiali e relazionali e dell’indicatore di povertà alimentare relativa, basato sui consumi”.

I più esposti

Le persone più esposte? Quelle tra i 35 e i 44 anni, una fascia in cui si concentrano responsabilità economiche e familiari, spesso senza una sufficiente stabilità. I tassi più alti si registrano tra disoccupati, lavoratori precari e persone escluse dal mercato del lavoro, a dimostrazione che la condizione lavorativa è determinante. Anche la casa è un fattore chiave: chi vive in affitto a prezzi di mercato è molto più esposto rispetto a chi possiede casa o vive in alloggi a canone agevolato.

Le famiglie numerose, monogenitoriali o unipersonali sono le più colpite, perché un solo reddito deve coprire spese elevate o perché le entrate non sono adeguate rispetto al costo della vita. Tra gli immigrati provenienti da fuori Europa il tasso di deprivazione alimentare è del 23,4 per cento, contro il 18,2 tra chi ha origini europee e il 10,5 tra i nati in Italia.

Le donne migranti che vivono nel Sud Italia risultano tra le più colpite, dal momento che le disuguaglianze legate all’origine si sommano a quelle economiche, abitative e occupazionali, ampliando il divario nell’accesso a un’alimentazione dignitosa.

Non basta aumentare gli aiuti

“In assenza di una strategia nazionale strutturata, la risposta alla povertà alimentare in Italia resta frammentata e centrata sull’assistenza – denuncia ActionAid -. Lo dimostra l’impostazione del programma nazionale inclusione 2021–2027 che si limita a prevedere la distribuzione gratuita di beni di prima necessità, senza una definizione né una riflessione articolata sul problema”.

“Non basta aumentare gli aiuti, serve un sistema pubblico fondato su giustizia sociale, universalismo e partecipazione – conclude Sensi -. Riconoscere il diritto a un’alimentazione adeguata significa uscire dalla logica dell’emergenza e affrontare le cause strutturali del problema. Solo così sarà possibile progettare politiche più eque, inclusive e capaci di restituire dignità e autonomia alimentare a tutti”.