Giunto alla sua seconda edizione, che vedrà celebrati vincitori e partecipanti nel prossimo mese di settembre, il Premio Letterario Giuseppe Di Vittorio è già una realtà nel mondo di quella che ora anche in Italia comincia a essere definita letteratura working class, in particolare grazie all’intensa attività di Alberto Prunetti, scrittore riconosciuto non soltanto in Italia, e ideatore dell’omonimo festival e dell’omonima collana per le Edizioni Alegre.

Promosso da Cgil Roma e Lazio, Fondazione Di Vittorio e Iress Lazio, il Premio prevede due sezioni, l’una dedicata a romanzi editi dal titolo “La chiave a stella”, dall’indimenticato libro di Primo Levi, Premio Strega nel 1979, l’altra “Voci dal lavoro”, per racconti inediti di breve lunghezza. Per la seconda edizione si è poi aggiunta una terza sezione, “I colori dei mestieri”, rivolta a studenti e studentesse della scuola secondaria di primo e secondo grado, iniziativa volta a sollecitare le giovani generazioni nel confronto su temi e contenuti riguardanti il lavoro nelle sue possibili e molteplici declinazioni.

Per tutto questo assume ancor più significato e valore la pubblicazione delle stesse Edizioni Alegre di Con la testa e con le mani. Quando la classe si fa racconto (pp. 125, euro 10, prefazione di Maurizio Landini), antologia di racconti partecipanti alla prima edizione del Premio Di Vittorio, selezionati da un gruppo di delegati sindacali appartenenti alla giuria “popolare” del Premio, affiancati dalla giuria scientifica composta da Lidia Ravera, Simona Baldanzi, Eugenio Ghignoni, Alessandro Pera, Angela Scarparo, Filippo La Porta.

Ed è proprio quest’ultimo, tra i critici letterari più apprezzati, a sottolineare nella sua premessa al volume come “… In queste pagine si parla di cantieri e di salari, ma anche di felicità, e di ciò che ci rende umani…”. I sedici racconti contenuti riescono in effetti a restituire, tutti insieme e ciascuno a suo modo, una voce polifonica delle condizioni del lavoro, meglio dire dei lavori, nel nostro Paese, indagando vecchie e nuove complessità, esprimendosi prevalentemente in prima persona, perché questa deve tornare a essere il soggetto delle battaglie, non soltanto sindacali, del mondo che viviamo.

Un mondo che continua a non risparmiare morti sul lavoro all’inaccettabile ritmo di tre al giorno, come ricorda Cristina Pasqua in “Coincidenze” nelle vite perdute di Quirino, Emilio e Stelvio; che dovrebbe riflettere più e meglio sul sistema di alternanza scuola-lavoro, come fa Maurizio Busi nelle sue “Notizie da un paese cannibale”, prendendo spunto dalla vicende dello studente Giuliano, schiacciato e ucciso il 16 settembre del 2022 da uno stampo metallico durante uno stage a Noventa di Piave; che avrebbe bisogno di regolarizzare davvero, con percorsi concreti che contrastino il lavoro nero, la forza migrante rappresentata in Sicilia da Mohamed Essaoudi, uno dei tragici protagonisti “Occhi di vetro” di Antonello Mangano.

Solo tre esempi della raccolta, completata dagli scritti di Marcello Delogu (“Quando arriva il terremoto suona la trombetta o il Trombone”?), Patrizia Fistemaire (“Lo straordinario”), Vladimir Palatrasio (“Blocco”, fantasioso papiro sugli schiavi dell’antico Egitto), Luciano Giglio (“Il postino e l’algoritmo”, sulle trasformazioni delle occupazioni nel tempo), Claudio Marzullo (“La sveglia della nonna”), Eugenio Raspi (“La prossima busta”), Antonella Rossi (“Elga”) e Sonia Lippi (“Storia di una lavoratrice qualunque”), entrambe sulle condizioni del lavoro delle donne. Concludono la raccolta “Mobilità” di Peppe Lomonaco, “La scelta” di Rosita Mastronardo, “le lacrime sono un prodotto umano” di Irene Mori, “Il nibbio bruno” di Luca Scacchetti, “Tozzo di pane” di Chiara Grossi.

In attesa della serata di settembre per conoscere i nuovi partecipanti e finalisti della seconda edizione del Premio Letterario Giuseppe Di Vittorio, questo libro ci consente di entrare nel cuore di lavoratori e lavoratrici, grazie alla loro stessa penna.