Il 10 maggio del 1994, dopo 27 anni di prigionia, Nelson Mandela diventava presidente del Sud Africa, primo presidente non bianco a ricoprire la carica. “Nelson Mandela è da ieri il primo presidente nero nella storia del Sudafrica, scriveva l’Unità quel giorno - A Città del Capo il Parlamento, eletto due settimane fa a suffragio universale (anche questa un'assoluta novità per un paese che aveva legalizzato l’apartheid), lo ha proclamato capo di Stato in una riunione svoltasi in un clima festoso".

Mandela ha stretto la mano ai leader di tutti i partiti, compresi Buthelezi e Viljoen, rispettivamente a capo dell’Inkatha e dell’estrema destra bianca. Poi, all’esterno, si è rivolto a una folla in delirio di forse centoventimila persone, ammonendo che ci sarà bisogno di decisione e abnegazione per "far uscire il nostro paese dalla palude del razzismo'". '

"Lo abbiamo capito ora - dirà - che non vi è nessuna strada facile per la libertà. Lo sappiamo bene che nessuno di noi da solo può farcela e avere successo (...). Il tempo per la guarigione delle ferite è venuto. Il momento di colmare gli abissi che ci dividono è venuto. Il tempo di costruire è su di noi, è il nostro tempo, la nostra ora (…) Siamo appena usciti dall’esperienza di una catastrofe straordinaria dell’uomo sull’uomo durata troppo a lungo, oggi qui deve nascere una società a cui tutta l’umanità guarderà e questo ci renderà orgogliosi. (…) Abbiamo, finalmente, raggiunto la nostra emancipazione politica".

"Ci impegniamo a liberare tutto il nostro popolo dalla schiavitù continua della povertà, della privazione, della sofferenza, della discriminazione di genere e altro. Siamo riusciti a compiere i nostri ultimi passi verso la libertà in condizioni di relativa pace. Ci impegniamo per la costruzione di una pace intera, giusta e duratura. Abbiamo trionfato nel tentativo di impiantare dei semi di speranza nel cuore di milioni di nostri cittadini".

"Oggi entriamo nel patto che noi costruiremo una società in cui tutti i sudafricani, bianchi e neri, saranno in grado di camminare a testa alta, senza alcun timore nei loro cuori, certi del loro inalienabile diritto alla dignità umana - una nazione arcobaleno in pace con se stessa e il mondo. (…) I loro sogni sono diventati realtà. La libertà è la loro ricompensa. (…) Dobbiamo quindi agire insieme come un popolo unito, per la riconciliazione nazionale, per la costruzione della nazione, per la nascita di un nuovo mondo. (…) che ci sia giustizia per tutti. Ci sia pace per tutti. Che ci sia di lavoro, pane, acqua e sale per tutti”.

Processato più volte per le sue azioni, dichiarava in un’appassionata arringa durante il suo processo nel 1964 davanti alla Corte suprema di Pretoria: “Ho lottato contro il dominio bianco e contro il dominio nero. Ho coltivato l’ideale di una società democratica e libera nella quale tutti potessero vivere uniti in armonia e con pari opportunità. È un ideale per il quale spero di poter vivere e che spero di ottenere. Ma se necessario, è un ideale per il quale sono pronto a morire”.

Condannato all’ergastolo tornerà libero, quasi settantaduenne, solo l’11 febbraio 1990. A 72 anni, dopo 27 di reclusione, era tra i più anziani prigionieri politici del mondo. “Mi preoccupava molto la falsa immagine di me stesso che avevo proiettato - scriveva in uno dei suoi appunti - Nel mondo ero considerato una sorta di santo ma non lo sono mai stato, nemmeno se per santo si intende un peccatore che continua a provarci (…) Non giudicatemi per i miei successi ma per tutte le volte che sono caduto e sono riuscito a rialzarmi”.