L’estensione del green pass a nuove categorie di lavoratori, la “ripartenza” della scuola, il destino dei collaboratori afghani ricercati dai talebani, le indiscrezioni sulla prossima manovra finanziaria, lo scontro politico tra Salvini e il ministro Lamorgese: questi i temi che dominano le prime pagine dei maggiori quotidiani nazionali di oggi (lunedì 13 settembre). 

“Così sarà esteso il green pass. Il via a ottobre a statali e personale di ristoranti, trasporti e spettacolo. In settimana il decreto. Ricomincia la scuola, resta il rebus dei controlli a prof e genitori” titola il Corriere della Sera, mentre Repubblica apre con “Italia non abbandonarci. Centinaia di afghani che hanno collaborato con il nostro Paese non sono riusciti a fuggire e invocano soccorso. I talebani li vanno a cercare casa per casa. Farnesina e Difesa al lavoro, ma mancano canali sicuri per farli uscire”.

Sulla Stampa si legge “L’odissea del piccolo Eitan: ‘Lo riporteremo in Italia’. È in ospedale a Tel Aviv. Lo scontro tra le zie: ‘Vive un’altra tragedia, ‘No, è a casa sua’. A Pavia sconcerto per il rapimento del bambino da parte del nonno. I dubbi dei legali”. Tema diverso per il Messaggero: “Fisco e lavoro, ecco la manovra. Il governo pronto a impegnare fino a 22 miliardi. Oltre al fondo per superare Quota 100, prevista la riduzione delle tasse alle aziende che assumono e la proroga del superbonus”.

Il Giornale lancia “Salvini-Lamorgese, il duello nel governo. Già respinto da 4 Stati il somalo che ha accoltellato un bimbo. Alta tensione su immigrazione e sicurezza”. Mentre così Libero: “Grillo si attacca alla droga, sponsor del referendum sulle canne libere. M5S ha fallito su reddito di cittadinanza, ddl Zan e ius soli, e ora vuol rovinare la società. Bella risorsa: il somalo accoltellatore di Rimini era fatto di cocaina”. 

Il Fatto Quotidiano apre con “Pass, sbarchi e fisco: Draghi appeso ai capricci di Salvini. Settimana di fuoco: tra oggi e domani il premier prova a stanare il leghista”. Infine, il Sole 24 Ore: “Lavoro autonomo, i giovani in fuga dalle professioni. Più posti nella Pa. Nuove abilitazioni agli Albi diminuite del 15% in dieci anni. Effetto Pnrr tra concorsi (8.600 posti solo in settembre) e incarichi”. 

Le interviste
“Restare in presenza è fondamentale, la dad non assicura gli stessi risultati”: questo il titolo dell’intervista al presidente dell’Invalsi Roberto Ricci, pubblicata domenica 12 sul Messaggero. “Dobbiamo tornare all'ordinarietà di fare lezione in classe”, spiega: “La didattica a distanza è stata e sarà una risorsa preziosissima (…) ma la didattica in presenza ottiene risultati che la dad non consente. Ma non solo, un altro aspetto importantissimo per gli studenti riguarda quella serie di competenze di base fondamentali e non strettamente disciplinari, difficili da sviluppare senza un rapporto diretto in classe e senza quelle relazioni interpersonali che nascono spontaneamente (…) con i compagni e con i docenti. Mi riferisco alla capacità di socializzazione, allo sviluppo delle soft skills, della risoluzione dei problemi, al saper lavorare insieme”.

Roberto Ricci evidenzia che la scuola “è tanto più importante quanto più i ragazzi provengono da situazioni di fragilità. La lezione in presenza è anche una garanzia per usare tutti quegli strumenti in più per sostenere i fragili e per accorgersi delle loro difficoltà”. Il presidente Invalsi rileva che “le famiglie fanno quello che possono e quindi le difficoltà maggiori si sono viste nei gradi di studio più alti. Alle elementari gli apprendimenti hanno avuto una resa migliore perché i genitori sono potuti intervenire di più in aiuto dei figli”. 

Le materie che hanno avuto maggiori problemi sono “quelle tecnico scientifiche, dove serve una competenza particolare. Siamo tutti fragili nelle materie che non conosciamo, quindi non possiamo sostenere lo studio a casa dei ragazzi”. Il presidente, infine, ricorda che “sul sito dell'Invalsi abbiamo caricato dei video mirati alle maggiori criticità che abbiamo rilevato: soprattutto sugli aspetti di base della matematica, sulla comprensione del testo per italiano e l'arricchimento del lessico inglese come strumento per la lingua parlata”. 

Superare la politica degli incentivi a tempo, per platee ristrette, e dei tanti microbonus per le donne e la genitorialità. Questo l’obiettivo della ministra per le Pari opportunità Elena Bonetti, intervistata dal Sole 24 Ore, che mercoledì 15 settembre parteciperà al kick-off di presentazione del Global Inclusion 2021. “Approveremo misure strutturali che puntino davvero a cambiare il Paese”, spiega: “Con il Family act e la Strategia nazionale per la parità di genere il cambio di passo sarà duraturo e misurabile nel tempo attraverso indicatori certificati, così come i costi e i benefici delle politiche approvate. Il metodo è lo stesso dell'assegno unico universale: oggi introdotto con una misura ponte, a gennaio diventerà stabile e riassorbirà anche le detrazioni fiscali peri figli a carico”. 

La ministra Bonetti annuncia che è già iniziata la distribuzione dei “fondi per la costruzione di nuovi asili nido: oltre ai 700 milioni che abbiamo già assegnato, sono arrivati i fondi del Pnrr che verranno assegnati tramite bandi con procedure semplificate. Entro fine anno vogliamo introdurre i Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) per gli asili nido a cui saranno ancorati gli stanziamenti”. In parallelo il governo sta lavorando alle “linee guida per la Certificazione della parità di genere in azienda e quelle per gli appalti pubblici e, a breve, all'attuazione del fondo per l'imprenditorialità femminile”. 

L’ultimo aspetto affrontato nell’intervista sono gli incentivi per favorire il lavoro femminile. “La riforma del Family act, che attende il voto definitivo alla Camera, prevede già strumenti dl fiscalità (…) intendiamo introdurre una decontribuzione per le assunzioni e le sostituzioni dl maternità, in modo da far risultare non più sconveniente per un'azienda assumere una donna invece che un uomo”, conclude Elena Bonetti, annunciando anche l’introduzione di meccanismi di premialità fiscale per le imprese che promuovono strumenti di welfare e di parità di genere, e l'introduzione di voucher per i servizi educativi”. 

Gli editoriali
“L'attuale diffuso (e confuso) dibattito sui Centri per l'impiego e l'invocazione del rafforzamento delle ‘politiche attive’ del lavoro, accarezzano spesso l'illusione che riversare risorse finanziarie su queste, senza una ridefinizione del loro contenuto e delle loro funzioni, sia sufficiente per garantire aumenti dell'occupazione”. È quanto scrive il presidente dell’Inapp Sebastiano Fadda in un editoriale apparso sabato 11 sul Sole 24 Ore. La funzione delle politiche attive del lavoro e dei Centri per l'impiego – precisa Fadda – è favorire la copertura dei posti vacanti, non essendo esse strutturalmente idonee a creare nuovi posti di lavoro. Ma tuttavia, anche nell'ambito di questa funzione, è necessario garantire alcuni punti fermi perché si possano raggiungere risultati apprezzabili”.

Il presidente Inapp elenca in particolare cinque punti per “ripensare” le politiche attive. “L’incremento del personale impiegato nei Centri – spiega – deve essere realizzato con una distribuzione quantitativamente differenziata nei diversi Centri secondo parametri che vanno dall’ampiezza della disoccupazione nell'area al numero dei soggetti presi in carico, mentre le competenze da selezionare vanno definite con riferimento alle specifiche carenze di competenze nei diversi Centri”. Occorre poi ridefinire le funzioni che i Centri devono svolgere, andando oltre “la vecchia concezione di operare un matching di carattere passivo tra le richieste provenienti dalle imprese e le persone in cerca di occupazione”.

Il terzo punto è la “formazione”, che “deve essere ancorata a monitoraggi e analisi previsionali dei fabbisogni professionali e deve individuare il vuoto da colmare tra competenze possedute dai soggetti da allocare o riallocare e competenze richieste dai posti di lavoro”. Essenziale, poi, che la gran parte dei processi formativi sia “condivisa, programmata e cogestita con le imprese a livello territoriale, sia a livello di alta formazione sia in ogni stadio della filiera lunga della formazione professionale”. Infine, i Centri per l’impiego “dovrebbero fungere a livello territoriale come nodi di raccordo, sia sul piano della programmazione sia sul piano della gestione operativa, tra le politiche del lavoro e le politiche di sviluppo”. 

“Investire nello smart working. La sedia del tinello e la lezione delle banche”, questo il titolo dell’editoriale dell’economista Andrea Resti, pubblicato oggi sull’inserto Affari e finanza di Repubblica, che analizza perché il mondo del credito “sembra intenzionato a continuare ad avvalersi, anche a pandemia finita, del lavoro a distanza. Deutsche Bank ha annunciato che lo consentirà per il 40-60% dell'orario, anche per risparmiare sugli immobili come faranno, tra gli altri, Ubs e Hsbc. Unicredit progetta di usarlo due giorni su cinque. La Banca d'Italia ha da poco firmato un accordo che lo prevede, in gran parte delle strutture, per 100-120 giornate all'anno”. 

La prima ragione è che “lavorare da casa aumenta il livello delle retribuzioni reali perché abbatte una serie di costi per i dipendenti (i trasporti, ma anche il valore del tempo speso per raggiungere l'ufficio). Questa ‘gratifica’ non aumenta i costi aziendali, anzi: oneri come riscaldamento, pulizie ed energia elettrica vengono ridotti o traslati sugli impiegati”. L'impatto sulla produttività non è ancora chiaro: “Se è vero che rifugiarsi in ufficio consente di sfuggire alle piccole distrazioni domestiche, il lavoro agile comporta spesso un ampliamento dell'impegno oltre le canoniche otto ore. La maggiore flessibilità riduce i permessi retribuiti; il comfort domestico consente di sopportare senza conseguenze quei malanni che avrebbero richiesto una breve assenza per malattia”. 

Gli istituti di credito, conclude l’economista, puntano inoltre “a rivisitare la gestione delle competenze professionali: non solo esterne (la flessibilità rende più facile reclutare figure professionali qualificate), ma anche interne, perché diventa possibile rimettere in gioco chi aveva rinunciato alle ambizioni di carriera perché vincolato da esigenze familiari, attingendo a un giacimento di talenti sinora inaccessibile”. In definitiva, i benefici dello smart working “non vengono da soli: bisogna investire per estrarli e minimizzare gli impatti negativi. Le banche ci stanno provando, sarebbe un peccato se la pubblica amministrazione, di fronte alla sfida, alzasse bandiera bianca”. 

La Cgil
L’apertura di Collettiva è dedicata al tema delle pensioni: l’intervista al segretario confederale Cgil Roberto Ghiselli, la disamina approfondita di tutte le proposte dei sindacati sulla previdenza, la riforma elaborata dalle 37 associazioni del “Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza”.

Da segnalare l’avvio della campagna della Cgil nazionale #vacciniamoci, la lettera dei lavoratori Whirlpool al presidente della Repubblica Mattarella, la manifestazione dei lavoratori Ita a Roma (l’intervento del segretario generale Cgil Landini, l’intervista al segretario nazionale Filt Cuscito, le parole dei dipendenti della compagnia aerea), la conclusione del Festival del cinema di Venezia, la riflessione di Susanna Camusso sui vent’anni dall’attentato alle Twin Towers, il progetto Sociotechlab dello Spi Cgil nazionale, la vignetta di Alessio Atrei, il rinnovo del ccnl delle farmacie private

Per la rubrica Buona Memoria, l’intuizione di Antonio Gramsci di fondare un giornale della sinistra operaia, chiamato “L’Unità”. 

L’agenda degli appuntamenti
Per il quadro completo di tutti gli appuntamenti Cgil, vedi l’agenda di Collettiva.