Lavoro agile sì, no forse. Lavoro agile o salario? Prendi due e paghi tre? Quello che sta succedendo nelle ultime settimane in Tim è a dir poco “schizofrenico”, per utilizzare un’espressione contenuta in una nota del sindacato. “Eppure per chi conosce bene i metodi negoziali di questa azienda, il quadro è oltremodo chiaro” commenta la Slc Cgil. 

Nell’incontro dello scorso 11 giugno l’azienda aveva confermato la volontà, espressa ad aprile, di voler cambiare strutturalmente il modello “giornaliero”, prevedendo una alternanza di quattro giorni in azienda e uno da remoto. Una proposta dichiarata non negoziabile ed immodificabile, a causa del venir meno del rapporto fiduciario, della impossibilità di misurare le prestazioni, fino ad arrivare alla denuncia da parte dell’azienda di casi di “ghostworking”, seguiti da licenziamenti in tronco.

Questo nuovo modello sarebbe stato, secondo le dichiarazioni aziendali, frutto di attente valutazioni su quanto accaduto nel corso di oltre cinque anni di sperimentazione sul lavoro agile. Tuttavia la Slc Cgil ha bollato, senza mezzi termini, questa proposta di modifica sullo smart working come “arcaica ed antistorica, degna di una cultura padronale del tardo ‘800, che sicuramente poco si addice ad una azienda leader in un settore, quale quello delle telecomunicazioni, che dovrebbe essere volano di innovazione e fulcro di sperimentazioni di nuovi modelli dell’organizzazione del lavoro, coerenti con un comparto candidato a governare la digitalizzazione”.

In risposta alle manifestazioni di contrarietà espresse sia dalle organizzazioni sindacali che dagli stessi dipendenti, il 17 giugno Tim dirama una nuova comunicazione: verrà mantenuto inalterato il lavoro agile, esclusivamente in caso di sottoscrizione di un contestuale accordo di solidarietà. “Tenuto conto della dichiarazione chiara, inequivocabile ed unitaria del sindacato confederale, al termine del precedente incontro – commenta la Slc-  è oltremodo evidente il ‘barbatrucco’”.
La sottoscrizione del contratto di solidarietà diventa così per magia lo strumento per  superare le difficoltà nel proseguire con il precedente modello di lavoro agile “giornaliero”. Un incantesimo che suona di ricatto: smart working o salario? “Non può essere casuale questa dichiarazione aziendale – prosegue la nota di Slc - proprio dopo aver registrato la posizione sindacale di indisponibilità a sottoscrivere accordi di formazione finanziata e ristrutturazione”.

E il sindacato ribadisce fermezza su due punti: il lavoro agile non può essere un elemento di ricatto posto alla base per discutere di altri temi; il rinnovo del contratto nazionale è la priorità. “Basta tatticismi sulle spalle delle lavoratrici e dei lavoratori” conclude la Slc Cgil.