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È di meno di 24 ore fa la notizia di rivolta nelle carceri di Terni e di Spoleto. Fa caldo, il sovraffollamento è ormai un male atavico, basti pensare che nel carcere di Terni sono detenute 600 persone, 178 in più rispetto al massimo della capienza fissata a 422 e a fare le spese di una condizione invivibile, oltre agli stessi detenuti sono quanti operano negli istituti di pena.
“Ogni giorno registriamo disordini, aggressioni e vere e proprie sommosse nelle carceri italiane. Questo trend, iniziato durante la pandemia, persiste da oltre cinque anni senza soluzioni efficaci. Anzi, la violenza è sempre più dilagante e nessuna delle misure finora adottate è riuscita a invertire la rotta” lo afferma Donato Nolè, Fp Cgil nazionale. A fronte del nulla o quasi degli interventi governativi, se non l’approvazione di norme che contribuiscono al riempirsi delle carceri come il Decreto sicurezza, invece che individuare strumenti che per svuotarle, l’onere del governo di situazioni davvero difficili è lasciata a chi vi opera.
Aggiunge il dirigente sindacale: “L’amministrazione penitenziaria è riuscita a riprendere il controllo in istituti come Avellino e Pescara, dove, a seguito di episodi gravi, sono stati assegnati direttori e comandanti adeguati e stabili, e si è proceduto al rafforzamento dell'organico della polizia penitenziaria. È invece incomprensibile – e inaccettabile – che in altre realtà, come Terni, Spoleto, Prato e Messina, solo per citarne alcune, da anni vengono segnalate situazioni di pericolosità, organico insufficiente e mancanza di direttore e/o comandante. Si rimane inascoltati fino a quando non si registrano gravi disordini o ferimenti. Solo a quel punto si ricorre al G.I.O. (gruppo intervento operativo) per ripristinare l'ordine, con rischi assurdi per il personale, ingenti danni materiali e ulteriore riduzione degli spazi detentivi. La domanda sorge spontanea: perché non si interviene in anticipo, in quei contesti in cui la percezione dell'imminente caos è diffusa e denunciata da tutti, ma ignorata dai vertici?”.
Già perché non si interviene in anticipo? Ma esiste un’altra domanda che segue quella pronunciata da Nolè: che fine fa la retorica sulla importanza del personale che si occupa della sicurezza? Alla prima domanda forse si potrebbe rispondere che non si interviene cercando una soluzione vera e strutturale al problema del sovraffollamento degli istituti di detenzione perché se la tendenza è quella ad aumentare i reati penali e le aggravanti non vi è nessun interesse ad affrontare la questione del sovraffollamento, tanto più che per chi ci governa i cosiddetti “delinquenti” non avrebbero diritti, basti pensare all’idea che il sottosegretario alla giustizia Delmastro ha dei detenuti. E alla seconda si potrebbe rispondere che la retorica è appunto retorica.
La considerazione di Nolè è amara quanto puntuale: “La soluzione ‘di routine’ adottata, il trasferimento dei detenuti facinorosi in altre sedi, senza particolari provvedimenti a loro carico, non solo è insufficiente, ma elude il problema reale. Di fatto, pare abrogato l'art. 14-bis dell'ordinamento penitenziario. Sarà difficile affrontare l'estate in queste condizioni”.
“Di prassi – aggiunge – l’estate è da sempre il periodo più difficile, non solo per le condizioni climatiche, dove gli istituti costruiti in cemento armato e ferro diventano luoghi roventi con spazi sempre più ridotti, ma anche per la sospensione delle poche attività, come quelle didattiche. In questa realtà surreale per chi lavora negli istituti, dove l’orario di lavoro è soltanto un rigo scritto nel contratto e vengono annullati tutti i diritti, quali ferie e riposi settimanali, la priorità per la maggioranza delle organizzazioni sindacali rappresentative e firmatarie del contratto è la rivisitazione dell'Accordo Quadro Nazionale!”.
Insomma nessun diritto per i reclusi, e pochissimi per i lavoratori e le lavoratrici che sono sempre più soli di fronte alle difficoltà. Secondo Nolè “si continua con provvedimenti casuali: un giorno si rafforza Trapani, un altro si conferma la missione nella sezione giovani adulti di Bologna; spesso si bandiscono ricognizioni presso il Dap, dove pare ci sia un sovraorganico di oltre 1.000 unità”.
È di oggi la notizia dell'incremento con invio in servizio di missione (forfettaria) ruolo ispettori presso la Casa Circondariale di Cuneo, "realtà questa rimasta invisibile per anni, che da poco ha visto assegnarsi 10 unità del ruolo ispettori. Se erano necessari ulteriori 2 ispettori, perché non sono stati assegnati con la messa a ruolo dei neo ispettori? Facciamo appello al nuovo Capo Dap, affinché le priorità del Dipartimento tornino ad essere le carceri e le condizioni di lavoro della polizia penitenziaria sempre più in fuga dai Reparti”.