“Disposizioni in materia di gestione, valorizzazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata ai sensi del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159”. È questo il titolo di un disegno di legge varato dal Cnel per aggiornare il Codice antimafia.

“L’approvazione da parte del Cnel del disegno di legge rappresenta un risultato importante, cui riteniamo di aver contribuito in modo significativo. Introduce alcune innovazioni puntuali volte a migliorare e velocizzare il processo di riutilizzo a fini sociali dei beni sequestrati e confiscati”. A dirlo è la segretaria confederale Cgil Lara Ghiglione, che ringrazia “per il prezioso lavoro svolto” Franco La Torre (Forum imprese e legalità) e la professoressa Stefania Pellegrini.

Una storia lunga

Ci sono molti modi per contrastare le mafie e per affermare la legalità. Tra questi, anche utilizzare per il bene comune e a favore della collettività beni e aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata. Fu questa un’importante intuizione di Pio La Torre, sindacalista e dirigente politico, che dai banchi del Parlamento contribuì in modo determinante alla sconfitta processuale di Cosa nostra.

A lui si deve l’introduzione nel Codice penale del reato di associazione mafiosa che Falcone e Borsellino utilizzarono per istruire il “maxi processo”, quello che condannò a pene detentive consistenti i capi della Cupola. E sempre a Pio La Torre si deve l’intuizione di quanto fosse determinante colpire il denaro e quindi i beni per fare davvero male ai criminali.

Ci vollero poi Libera, che lanciò una raccolta di firma in calce a una legge d’iniziativa popolare proprio sul riutilizzo ai fini sociali dei beni confiscati, e la Cgil, che, insieme ad altre associazioni, promosse la raccolta di firme su Io riattivo il lavoro, altra proposta di legge d’iniziativa popolare sulle aziende sequestrate e confiscate. Quei testi, come giusto che fosse, finirono poi nel Codice Antimafia aggiornato dalla Commissione parlamentare presieduta da Rosy Bindi.

Una storia non solo rose e fiori

Beni sequestrati e confiscati da assegnare, dicevamo. Il Paese è costellato di esperienze importanti, come le terre di don Diana, dove si realizza un’economia circolare che andrebbe esportata, mentre le donne vittime di tratta trasformano i prodotti della terra producendo leccornie e utilizzano la seta per confezionare capi per sognare. O come in Sicilia, dove si trovano i prodotti coltivati dalla cooperativa Placido Rizzotto nei terreni sottratti ai Corleonesi di Totò Riina.

E poi in Toscana, dove nella Tenuta di Suvignano si produce, si accoglie nell’agriturismo e si impara la legalità. E ancora in Campania o in Calabria, arrivando fino in Lombardia. Ma quanta fatica per riutilizzare quei beni che, quando finalmente vengono assegnati, troppo spesso sono in condizione tali da necessitare di grandi risorse per renderli agibili e produttivi.

Leggi anche

Tentativi di ritorno indietro

E poi accade che il Governo Meloni tenti di concedere i terreni o le aziende confiscati a privati a titolo oneroso, tradendo lo spirito delle leggi volute da Libera, dalla Cgil e dai milioni di cittadini e cittadine che firmarono quelle proposte. Le mafie si sconfiggono anche dimostrando che con lo Stato conviene, che quei beni frutto di illeciti debbono tornare alla collettività che ha subìto un furto di legalità.

Un’altra storia può cominciare

Un nuovo codice antimafia per rafforzare l’intuizione di Pio La Torre: questa la proposta appena varata dal Cnel e frutto dell’impegno e della professionalità di due “esperti”. Li ricordava Ghiglione: sono Stefania Pellegrini, che dal 2010 dirige il Master di II livello in "Gestione e riutilizzo dei beni sequestrati e confiscati alle mafie. Pio La Torre” e dal settembre 2024 è direttrice del Collegio superiore dell’Università di Bologna (Scuola superiore dell'Alma Mater Studiorum), e Franco La Torre, del Forum imprese e legalità

Perché il disegno di legge

La ragione del ddl è semplice: occorre migliorare quel che c’è. A cominciare dal rendere assai più veloce il percorso che comincia con il sequestro e finisce con l’assegnazione del bene, oggi troppo lungo. Occorre velocizzare per evitare che quanto riconsegnato alla società civile sia in condizioni tali di depauperamento da non essere più recuperabile se non con investimenti ingentissimi. E poi occorre fare in modo che le aziende, quelle che possono stare sul mercato, non falliscano.

STEFANIA PELLEGRINI DOCENTE
STEFANIA PELLEGRINI DOCENTE
STEFANIA PELLEGRINI DOCENTE (IMAGOECONOMICA)

Gli amministratori giudiziari

Gli amministratori giudiziari sono un punto qualificante del ddl. “Si è proposto di allargare la platea – spiega La Torre – rafforzando la figura dell'amministratore giudiziario attraverso un albo che risponda alle caratteristiche di coloro che si devono impegnare in un'impresa. Cosa che non è semplice. Gestire un bene non è facile perché non sempre si ha la collaborazione di tutti coloro che potrebbero collaborare. E spesso l'azienda è sì operativa, ma opera grazie a un sistema drogato di relazioni”.

Certo, lo racconta il lavoro del Tribunale di Milano, ci sono grandi imprese sequestrate, e quindi va bene aver aperto l’albo a manager o esperti di crisi industriali, ma, secondo la professoressa Pellegrini, “il 90 per cento sono piccole realtà aziendali: il manager non serve, serve invece un amministratore che sia presente in loco, in grado di rispondere a una necessità di connessione e di dialogo con i tribunali e il territorio”.

Le procedure

Il disegno di legge indica una serie di interventi per snellire le procedure non solo di sequestro, confisca e assegnazione, ma anche di eventuale restituzione al proprietario qualora il procedimento giudiziario dovesse avere quello come esito. Questo, per Pellegrini, è un punto importante dell’articolato: si prevede, infatti, che l’eventuale restituzione avvenga non a carico dell’ente o della cooperativa assegnataria, ma vendendo il bene e restituendo il ricavato della vendita.

Alcune criticità

Certo anche qui non sono solo rose e fiori: La Torre e Pellegrini ritengono che occorra mettere mano all’Agenzia. “Non abbiamo lavorato – dice La Torre – sulla migliore capacità ed efficienza dell’Agenzia nazionale per la gestione dei beni sequestrati e confiscati, che resta una delle questioni più rilevanti da affrontare, cercando di mettere ordine in uno strumento fondamentale”.

Aggiunge Pellegrini, rispetto alla presa in carico delle aziende: “È importante che l’Agenzia abbia un ruolo prima, che dialoghi prima, perché altrimenti quando arrivano all'Agenzia le aziende sono decotte ed è difficile intervenire. Occorre potenziare l'Agenzia con risorse economiche e umane”.

Il valore sociale del riuso

Questo è quanto, grazie al ddl, si è voluto riaffermare. Certo, anche quel testo è perfettibile, ma è un ottimo primo passo e ricco di altri contenuti. A cominciare dal fatto che, come insiste a dire Pellegrini, sulle aziende “occorre intervenire prima della confisca definitiva, per evitare che l’azienda fallisca. Questo è il modo per scongiurare la privatizzazione dei beni e rimanere fedeli allo spirito originario della restituzione alla collettività”.

Per questo, aver dato nuova forza di legge al Comitato consultivo di indirizzo è importantissimo: “Stiamo parlando – chiosa la professoressa – di un comitato dove ci sono tutte le parti sociali, dove c'è anche la Cgil, il terzo settore. È fondamentale aver inserito in diversi commi dei vari articoli la necessità di consultare questo comitato”.

Parola al Parlamento

Il lavoro è stato fatto e consegnato a Camera e Senato, ora spetta a loro trasformarlo in legge e le preoccupazioni, visto il sentire della maggioranza, non sono poche. Per questo la conclusione di Ghiglione suona come un monito: “La Cgil ribadisce la straordinaria importanza del riuso sociale, frutto dell'intuizione e del sacrificio di Pio La Torre, quale strumento fondamentale di contrasto alle mafie e di affermazione concreta della legalità democratica”.

Infine, l’auspicio della segretaria confederale è “che l'iter parlamentare preservi l'integrità della proposta, nei suoi princìpi e obiettivi, per rafforzare la centralità del riutilizzo sociale, punto centrale della strategia di contrasto alle organizzazioni mafiose, cui concorre il pieno coinvolgimento delle comunità e la collaborazione con le associazioni impegnate contro le organizzazioni criminali”.

Leggi anche