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L’anno scolastico è iniziato ufficialmente il 1° settembre con il primo collegio dei docenti. In classe però 7 milioni di studenti e un milione e 200 mila dipendenti hanno iniziato a rientrare da ieri (7 settembre) a Bolzano e poi via via il resto della Penisola a seconda dei diversi calendari regionali. Nella maggior parte dei casi si partirà il 15 settembre e si chiuderà poi il 16 con Puglia e Calabria.
Il ministro dell’Istruzione tira l’acqua al proprio mulino, ricordando che entro settembre 41.901 nuovi docenti entreranno in ruolo, pari al 76,8% dei posti disponibili a livello nazionale. Sono però numeri altamente inferiori alle cattedre realmente disponibili. Pochi giorni fa nel presentare il “nuovo” esame di stato che torna “di maturità Valditara ha annunciato 240 milioni di risorse aggiuntive per il personale della scuola che però si traducono un poco più che una mancia.
Ai problemi annosi - precarietà e basse retribuzioni - si aggiunge l’offensiva del ministro Valditara che punta a ridisegnare l’istruzione pubblica seguendo un’ideologia ben precisa che non è certo quella della pedagogia democratica e inclusiva.
Di tutto questo abbiamo conversato con Gianna Fracassi, segretaria generale della Flc Cgil. “L'anno che si sta aprendo per quanto ci riguarda si avvia sotto l'egida di iniziative e interventi che non condividiamo - ci dice la sindacalista -. L'obiettivo del ministro è chiaro, ed è quello di portare all'interno del sistema pubblico d'istruzione un'idea autoritaria e dirigista che contraddice libertà di insegnamento e autonomia scolastica. Come è evidente dalle cronache interviene infatti in maniera diretta su questioni di spettanza delle scuole. Pensa in questo modo da un lato di ripristinare una sorta di autorevolezza e rispetto della scuola, dall'altro intende proporre un modello pedagogico e culturale di destra".
Immagino tu ti riferisca innanzitutto alle Indicazioni nazionali...
Sì, partirei da qui. I contenuti delle Indicazioni nazionali per noi rappresentano un drastico ritorno al passato, a una scuola da libro Cuore. Ma penso anche all’ultimo intervento in cui si stabilisce quando e come si devono usare gli smartphone, tema peraltro già definito in tanti regolamenti d’istituto. In questo caso, tra l’altro, siamo in presenza della banalizzazione di una questione importante: un conto, infatti, è l'utilizzo degli smartphone in classe per farsi gli affari propri, cosa che già non si può fare, un altro è l'utilizzo dello strumento per motivi didattici. Ma l’elenco è lungo.
Puoi farci qualche altro esempio?
C’è il tema della partecipazione negli organi collegiali su cui pende un progetto di riforma attraverso quella delega in bianco che è il disegno di legge semplificazione. E ancora: il 4+2, cioè la filiera tecnologico-professionale, la riforma dell'istruzione tecnico-professionale, il liceo del made in Italy fino a tutta la partita della valutazione con gli interventi sulla condotta e il ripristino dei voti. Tutto questo preso insieme ci restituisce un'idea di scuola ottocentesca, del tutto inadeguata rispetto alla missione che l’istruzione pubblica dovrebbe svolgere in un contesto in profonda trasformazione in atto.
Sulla scuola pubblica da Rimini lo show di Valditara e Meloni ci ha mostrato ben altro…
È una prospettiva che non sembra stare proprio nelle loro corde. Anzi, dalle loro parole traspare chiaramente l’idea di una malintesa libertà di scelta educativa che dovrebbe giustificare di fatto l'impoverimento del sistema di istruzione pubblica per convogliare maggiori risorse verso il sistema privato.
L’ultima offensiva riguarda l’esame di Stato, che tornerà a essere di “maturità”. Cosa ne pensi?
I dettagli di cui leggiamo ci riportano indietro di decenni. Tutto sembra riportare a pratiche e approcci superati. La denominazione di “esame di maturità” è quella che la prova ha avuto a partire dal lontano 1923 e che non richiama all'acquisizione di un titolo, ma al passaggio da un’età adolescenziale a una più matura, con uno sguardo paternalistico verso studentesse e studenti. L'intervento delle prove Invalsi, il superamento del colloquio su quattro discipline e tutta l'impostazione autoritaria da bei tempi andati mostrano una lontananza siderale dall’elaborazione pedagogica più attuale.
Poi ovviamente ci sono le questioni annose, mai risolte finora, a cominciare dal precariato e dalle retribuzioni di lavoratrici e lavoratori che sono tra le più basse d’Europa…
I dati sui precari sanciscono la sconfitta e il fallimento di questo governo. Per l’anno passato avevano parlato di 200 mila supplenze, dai dati in nostro possesso risulta che, anche escludendo le supplenze temporanee e considerando quelle al 30 giugno e 31 agosto, è stata superata quota 300 mila. Su tutto ciò il ministro ovviamente non fa una piega e continua a riproporre i numeri delle immissioni in ruolo che sono assolutamente insufficienti. I dati parlano chiaro: da quando lui è ministro le supplenze sono aumentate.
Sugli stipendi Valditara ha annunciato lo stanziamento straordinario di 240 milioni di euro. Sono sufficienti?
Non scherziamo. Il ministro parla di 240 milioni di euro una tantum nel 2025 attraverso risorse non aggiuntive ma addirittura tagliando il fondo per il miglioramento dell’offerta formativa. Si tratta di risorse già finalizzate allo sviluppo dell’ordinamento contrattuale degli Ata mentre altre sono interne al ministero. Si tradurranno in 124 lordi per dipendente, 10,33 euro, sempre lordi, al mese e per un solo anno. Una miseria e con nessun effetto strutturale sugli stipendi.
Cosa chiedete allora?
Chiediamo che il ministro si dia da fare per trovare altre risorse per il rinnovo contrattuale. Quanto stanziato in legge di bilancio copre appena un terzo di quanto perso dai lavoratori con l’inflazione reale rispetto a quella programmata nel triennio contrattuale. Cosa che non fa, sperando che basti proporre dei palliativi. Da quello che lui chiama welfare aziendale, con piccoli sconti e convenzioni, fino a questa sorta di polizza assicurativa per studenti e lavoratori, il cui accordo però non abbiamo firmato.
Come mai?
Per due motivi. Il primo è che ancora una volta non si utilizzano risorse aggiuntive, ma si sottraggono soldi dal fondo di funzionamento delle scuole. Il secondo è che si esclude il personale precario con incarichi fino al 30 giugno (successivamente a questa intervista, è stato deciso di estendere la copertura anche ai supplementi con il risparmio derivato dal taglio di due commissari nel nuovo esame di maturità, ndr).
Pensi che questa insoddisfazione potrà portare a una mobilitazione?
Insieme a una vasta platea di associazioni riunite nel Tavolo per la scuola democratica stiamo promuovendo per il 18 ottobre iniziative in tutti i territori per dire no al revisionismo storico che è alla base delle indicazioni nazionali. Sottolineo che la Flc Cgil è l’unico sindacato presente.
E sul contratto?
Stiamo attendendo di comprendere le risorse che saranno effettivamente stanziate in legge di bilancio. Il quadro purtroppo è sotto gli occhi di tutti: aumento delle spese per il riarmo, obbligo di rispetto dei parametri europei, una crescita economica che l’Istat ha fissato allo 0,1%, dati allarmanti su produzione industriale e consumi. Sono tutti segnali di un Paese che sta andando indietro anziché crescere. Se tutto ciò si dovesse poi tradurre in Finanziaria con un attacco feroce al sistema pubblico con ulteriori tagli e mancanza di investimenti nei settori della conoscenza, è chiaro che metteremo in campo tutte le iniziative di mobilitazione necessarie. La nostra battaglia non è legata solo alla giusta difesa del lavoro, questo voglio sottolinearlo. In un quadro generale così cupo - non solo per le guerre, ma anche per la regressione in atto sul versante dei princìpi democratici - la scuola, l'università, la ricerca sono necessarie per rafforzare quei valori che sono alla base della nostra Costituzione.