Green Deal, addio? Non proprio, o meglio non ancora. Il Patto verde varato dalla presidente Von der Leyen nel 2019 per trasformare l'economia, l'energia, i trasporti e le industrie, garantire un futuro più sostenibile e raggiungere la neutralità climatica nel Vecchio continente entro il 2050, sta per essere affossato. Piano piano, norma dopo norma.

Le richieste del Consiglio europeo

Adesso è il turno Consiglio europeo, i capi di stato e di governo Ue riuniti a Bruxelles il 23 e 24 ottobre, che chiedono la revisione delle scelte precedenti, naturalmente al ribasso. La richiesta, contenuta nel documento finale del vertice, è stata accolta con favore dai leader dell’Unione, Meloni compresa. A quanto pare l’obiettivo finale del 2050 rimarrà ma è la strada per arrivarci che verrà corretta, con escamotage vari, come per esempio l’acquisto di crediti di carbonio da altre nazioni.

Rallentare la decarbonizzazione

L’obiettivo principale è infatti rallentare sulla decarbonizzazione in nome della competitività, leitmotive dell’Europa negli ultimi tempi. Il ragionamento è questo: le nostre aziende devono essere competitive nel mercato globale e perché lo siano bisogna togliere i paletti che l’Europa ha messo in ambito ambientale, sociale, dei diritti. In questo senso il Green Deal è considerato un intralcio. E il governo italiano è nettamente d’accordo.

L’attacco di Meloni

Dopo l’attacco all’“ambientalismo ideologico” già sferrato all’assemblea generale dell’Onu a New York, la premier Meloni ha definito “follie verdi” che danneggiano l’industria italiana ed europea la proposta di revisione della Commissione Ue alla legge europea per il clima. E ha dichiarato che l’Italia non avrebbe sostenuto l’emendamento alla legge europea per il clima con cui si intende fissare un nuovo obiettivo intermedio di taglio delle emissioni nette del 90 per cento entro il 2040 rispetto al livello del 1990, come step verso il target finale del 100 per cento al 2050.

Un capitolo importante di quanto oggi viene messo in discussione è dedicato all’automotive: una delle ipotesi sul tavolo, la possibilità o meno di considerare l’utilizzo dei biocarburanti, voluta da Italia e Germania, con Francia e Spagna contrarie. Una soluzione che renderebbe anche flessibili gli obiettivi di decarbonizzazione fissati nei prossimi anni e le relative multe.

La lettera-appello

“La richiesta congiunta dei governi italiano e tedesco alla Commissione europea, affinché sia rivista la normativa sulla riduzione delle emissioni per auto e van, rappresenta un atto inedito, per forza e gravità, mirato a smantellare il Green Deal – scrivono in una lettera-appello sette organizzazioni ambientaliste e sindacali italiane, tra cui Cgil Piemonte, in occasione del Consiglio europeo -. L’intento esplicito è di indebolire uno dei principali pilastri della politica industriale e climatica dell’Unione”.

“Ma non è indebolendo le regole, rallentando la transizione o rinunciando alla sfida dell’innovazione che l’Europa diventerà più competitiva – prosegue l’appello –. Non sarà spostando una data, quella del 2035, o rivedendo i regolamenti per renderli meno ambiziosi, che si risolverà alcun problema: né climatico, né occupazionale, né industriale. È esattamente il contrario: ogni passo indietro ci farà perdere tempo e terreno rispetto alle economie che stanno già costruendo il futuro, puntando sulle tecnologie pulite”.

Quale competitività?

Intanto il parlamento europeo in seduta plenaria l’altro giorno ha bloccato la revisione delle direttive sulla rendicontazione di sostenibilità e il dovere di diligenza nel campo dei diritti umani e della protezione dell’ambiente, un voto che ha indispettito i tedeschi.

“È una follia pensare che la competitività si giochi sull'arretratezza tecnologica e sulla dipendenza dalle fonti fossili che rende i prezzi dell’elettricità nell’Ue due volte e mezzo più alti rispetto agli Stati Uniti, e quelli del gas quasi quattro volte superiori, per non parlare dell'Italia che ha i prezzi dell'energia più alti d'Europa – commenta Christian Ferrari, segretario confederale Cgil -. È da irresponsabili smantellare nei fatti il Green Deal, rinunciando a un intervento ambizioso per contrastare il cambiamento climatico, la tutela dell'ambiente e della salute, il lavoro e uno sviluppo sostenibile e inclusivo e dirottare priorità, investimenti e riconversione verso il riarmo e la difesa. La Cgil si oppone a questa svolta negazionista e a questa deriva bellicista, anche con la manifestazione di domani per fermare il riarmo, e per una legge di bilancio che aumenti salari e pensioni, per l'ambiente, la sanità, la casa, la scuola e vere politiche industriali innovative e sostenibili”.