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Una richiesta ufficiale al Comune di Solofra per convocare con urgenza un Consiglio comunale straordinario dedicato a legalità, sostenibilità ambientale e tutela del lavoro.
È l’appello congiunto firmato da Filctem Cgil Avellino e Benevento, Femca Cisl Campania Sud e Circolo Legambiente Valle Solofrana, che denuncia la gravità della situazione nel distretto conciario irpino. Una richiesta formale, ma anche un atto politico e morale: “Serve un confronto pubblico, trasparente e partecipato – scrivono – per restituire dignità al lavoro, all’ambiente e a una comunità che non può più convivere con l’illegalità normalizzata”.
Un territorio sotto osservazione
Da oltre un secolo Solofra lega il suo nome alla pelle conciata. Ma oggi quel marchio, simbolo di eccellenza artigiana e industriale, rischia di diventare sinonimo di degrado ambientale e crisi sociale. I dati dell’Istituto Superiore di Sanità, raccolti in collaborazione con la Procura di Avellino, collocano il Comune tra i tre territori più a rischio ambientale della provincia, insieme ad Avellino e Atripalda.
Solofra è nella classe di rischio più elevata: 6 su una scala di 6. Il motivo è un concentrato di fattori – contaminazione delle acque, emissioni industriali, discariche abusive – che rendono la Valle dell’Irno uno dei nodi più critici dell’Italia meridionale.
Secondo l’Atlante Ispra 2024, il fiume Sarno, che attraversa quest’area, resta tra i corsi d’acqua più inquinati d’Europa. A questo si sommano i dati del Registro Tumori dell’Asl di Avellino, al centro di uno studio epidemiologico che sarà completato nel 2026.
Frodi fiscali e usura, l’altra faccia del distretto
La crisi del distretto conciario non è solo ambientale. È anche economica e sociale. Le recenti operazioni della Guardia di Finanza e della Direzione Distrettuale Antimafia di Salerno hanno svelato un sistema di illegalità diffusa nel cuore produttivo della città.
A giugno 2025, sette arresti e diciannove misure cautelari hanno portato alla luce un giro di fatture false per oltre 60 milioni di euro. Pochi giorni fa, altri sedici fermi per usura ed estorsione aggravata dal metodo mafioso: tassi d’interesse fino al 12% mensile, minacce, clan camorristici attivi tra Avellino, Salerno e Napoli.
Non episodi isolati, ma la punta di un iceberg che ha corroso il tessuto economico e messo in ginocchio gli imprenditori onesti. “La concorrenza sleale e la criminalità economica – spiegano i promotori del documento – hanno alimentato precarietà, evasione e sfruttamento. Serve una rottura netta con il passato”.
Legalità, ambiente, lavoro: un nuovo patto per il futuro
Il documento congiunto firmato da Cgil, Cisl e Legambiente propone una serie di impegni concreti: la creazione di un Tavolo Distrettuale Permanente, la sottoscrizione di un Contratto di Filiera basato su tracciabilità e sostenibilità, e un Patto per la Legalità che coinvolga istituzioni, imprese e parti sociali.
Nel Patto si chiede la nascita di un Osservatorio interforze sul rischio di criminalità economica nelle filiere strategiche, insieme a controlli più severi e incentivi per le aziende che rispettano le regole. “Il lavoro non ha bisogno di scorciatoie – scrivono – ma di contratto, diritti, sicurezza e rispetto delle leggi”.
Un appello agli imprenditori e alle istituzioni
Il documento parla direttamente agli imprenditori onesti, invitandoli a essere protagonisti del cambiamento. “Fermiamo insieme la normalizzazione dell’illecito economico”, è l’invito. “Solo chi produce nel rispetto dell’ambiente e delle persone potrà garantire un futuro al distretto”.
Ai rappresentanti istituzionali, sindacati e ambientalisti chiedono una presa di posizione netta: “Avete una doppia responsabilità, come amministratori e come parte del sistema produttivo. Serve un impegno concreto per difendere il lavoro pulito e la reputazione del territorio”.
“Il tempo delle parole è finito”
Nel documento non manca la gratitudine nei confronti delle forze dell’ordine – Guardia di Finanza, Carabinieri, Polizia di Stato, Dia e Ispettorato del Lavoro – per non smettere di combattere contro un sistema criminale radicato sul territorio. Ma il messaggio finale è chiaro: non basta più reprimere, serve ricostruire.
“La pelle conciata a Solofra deve tornare a essere sinonimo di qualità, sostenibilità e giustizia. Abbiamo bisogno di un modello produttivo fondato su legalità, innovazione e giustizia sociale. Il tempo delle parole è finito: ora servono impegni misurabili e azioni condivise”.
Un monito, ma anche una proposta: rilanciare Solofra partendo da ciò che per troppo tempo è mancato – il coraggio della verità e la forza della collettività.


























