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Il 17 dicembre, presso la sede della Cgil Veneto a Mestre, è stata presentata la ricerca Ires Veneto “Integrazione socio-sanitaria: tra fragilità e vulnerabilità” curata da Barbara Bonvento e commissionata da Cgil Veneto, Fp Cgil e Spi Cgil Veneto. La ricerca indaga gli ambiti più esposti della fragilità e della vulnerabilità, dalla povertà alla marginalità sociale, dal disagio giovanile alla salute mentale fino alle dipendenze passando per minori, giovani, migranti, disabili e anziani non autosufficienti.
I dati: Il 7,4% dei veneti rinuncia alle cure
I dati restituiscono un quadro complesso: in Veneto fragilità e vulnerabilità si intrecciano e generano bisogni che richiedono risposte integrate. La povertà relativa riguarda il 7,7% della popolazione e il 7,4% rinuncia alle cure. Il 28,4% degli over 65 presenta limitazioni funzionali e il 3,8% della popolazione vive con disabilità gravi. Tra i giovani, il 10,5% è Neet, mentre quasi la metà degli anziani over 75, il 48,4%, vive solo. A queste fragilità si aggiungono 4.886 persone senza fissa dimora, di cui il 16,3% di origine straniera.
Sul fronte dei servizi, il Veneto dispone di 109 consultori familiari, uno ogni 44.500 abitanti, ben lontano dallo standard di uno ogni 20.000. I centri antiviolenza sono uno ogni 95.000 abitanti e le case rifugio appena 0,12 ogni 10.000. I servizi per le dipendenze a bassa soglia sono 0,5 ogni 100.000 abitanti, mentre la copertura dei servizi educativi per la prima infanzia si ferma al 26,8%, sotto il nuovo obiettivo del 45%. Per gli anziani, le strutture residenziali offrono 28 posti ogni mille over 65, mentre quelle semiresidenziali si fermano a 1,52 ogni mille.
Il report evidenzia una significativa disomogeneità territoriale nell’erogazione dei servizi, con zone in particolare sofferenza come il rodigino e il bellunese, e la stretta correlazione tra adeguatezza delle strutture, degli organici e delle risorse e qualità dei servizi e delle risposte ai crescenti bisogni della popolazione.
Il personale medico è insufficiente
Il personale è insufficiente: i pediatri sono 503, in calo rispetto agli anni precedenti, i medici di base 2.721, con una riduzione di 349 unità rispetto al 2020, e gli assistenti sociali 1.111, con solo il 33% delle Ulss che raggiunge i livelli essenziali. Gli educatori in Italia sono 94.800, ma il fabbisogno stimato dal Pnrr è di ulteriori 47.000. La spesa pro capite dei Comuni per famiglia e minori è di 12,46 euro, per gli anziani 711,36 euro, per la marginalità 13 euro, mentre quella per dipendenze è di 43 euro. La spesa socio-sanitaria complessiva è di 84 euro pro capite, con forti differenze tra Ulss. L’integrazione socio-sanitaria non è solo una questione di risorse, ma di coordinamento, prossimità e capacità di costruire reti solide tra istituzioni, comunità e servizi. È questa la strada per un welfare regionale che sappia affrontare le sfide della fragilità contemporanea.
“Il neo eletto presidente Stefani, durante la campagna elettorale, ha manifestato attenzione sui temi della sanità e del sociale promettendo universalità, prossimità e appropriatezza dei servizi – ha detto Paolo Righetti, dipartimento Welfare Cgil Veneto –. Lo sollecitiamo a essere coerente e mettere al centro della programmazione regionale il potenziamento degli strumenti di protezione sociale, del sistema sanitario e socio sanitario pubblico, il rafforzamento di tutta la filiera dell’assistenza territoriale e il miglioramento della qualità complessiva dei servizi e delle prestazioni. A tal fine servono risorse economiche, umane e professionali adeguate ai fabbisogni reali. Riteniamo inoltre fondamentale il ruolo di programmazione e gestione dei distretti e un forte coordinamento tra le strutture dell’assistenza territoriale, soprattutto per i territori più periferici e disagiati, per garantire a tutti e ovunque il diritto alla salute e all’assistenza e non costringere tanti a rinunciare alla prevenzione e alle cure, come purtroppo sta già accadendo. Il presidente e gli assessori competenti dimostrino di partire con il piede giusto riattivando immediatamente il tavolo di consultazione permanente con le organizzazioni sindacali confederali”.

























