Un viaggio cominciato durante le settimane del lockdown, confronti a distanza tra esperienze e associazioni diverse che poi hanno portato alla Prima Assemblea della Magnolia l’8 luglio del 2020. In piena pandemia donne diverse si sono incontrate e confrontate per ragionare su quanto stava accadendo. La pandemia non è solo una malattia dei corpi causata dal virus Sars Covid2, ha svelato anche una malattia sociale assai grave. Gli anni che abbiamo alle spalle hanno determinato – e il virus l’ha reso evidente – una crisi della cura, profondissima. Risultato: più ineguaglianze, più povertà non solo economica ma anche sociale e quindi democratica, più solitudini e più conflitti.

La risposta è appunto nella cura, delle persone e dell’ambiente (come già indicava la Cgil nel Piano del lavoro varato nel 2013), le donne singole, di associazioni, dei movimenti e delle istituzioni, partendo dalla constatazione che quella del Covid “è stata una crisi della cura, ma che il cambiamento non c’è”. Le partecipanti dell’Assemblea della Magnolia hanno elaborato un documento, “Noi siamo la cura”, con il quale denunciano che le donne sono le più penalizzate dalla pandemia.  Su di loro si è scaricato e si scarica il fardello della conciliazione tra necessità di accudimento di bimbi e bimbe, di anziani: di quanti non in grado di accudirsi da sé nei mesi della Dad e del “tutti in casa”. Contemporaneamente sono quelle che, molto più degli uomini, hanno perso il lavoro e riescono a trovarne ora un altro. In Italia, dove il tasso di occupazione femminile era assai basso già prima dell’arrivo del virus, le prime a perdere occupazione sono state loro.

Ma rivendicano che senza le donne non esiste ripresa e cambiamento. Hanno stilato un vero e proprio programma di cambiamento, per passare da “un mondo in cui tutto si misura per prestazioni a un mondo in cui diventano fondamentali le relazioni”. E Tull Quadze/Tulle le donne si sono date appuntamento finalmente in piazza, per far richiamare chi governa a confrontarsi con loro e con un altro modo di pensare la ripresa. Serve la voce delle donne per prendersi cura del mondo.

Un programma, dicevamo, urgente da realizzare: tanto più che in questo momento le risorse ci sono, sono quelle in arrivo dall’Europa ma che nel Pnrr vengono impiegate secondo le logiche del passato.

Le donne della Magnolia, allora, chiedono:

- che il welfare pubblico non sia residuale, che a ogni investimento di risorse europee corrisponda un necessario aumento di spesa corrente, per garantire che gli impegni, a partire da quello pur del tutto insufficiente per la costruzione di nuovi asili nidi, non restino soltanto sulla carta;

- che i servizi non debbano essere sostituiti dai bonus e dal modello di acquisto di prestazioni individuali nel mercato dei fondi assicurativi;

- che siano garantiti i livelli essenziali di assistenza per i servizi sociali;

- che gli ammortizzatori sociali garantiscano tutti i tipi e le forme di lavoro;

- che, indipendentemente dal lavoro, sia garantito un reddito che chiamiamo di dignità e autodeterminazione, per tutti, ma soprattutto per le donne, per uscire dalle situazioni di violenza;

- che, grazie al potenziamento del welfare e della PA (ambiti dove è prevalente l’occupazione femminile) siano realmente aumentati i posti di lavoro per le donne;

- che per ogni progetto e per tutte le politiche sia garantita - e governata da una rigorosa equa rappresentanza di genere – non solo una valutazione ex ante ma anche un monitoraggio ex post rispetto alla ricaduta in termini di occupazione femminile, di lavoro delle donne, sicuro e di qualità;

- che siano resi espliciti gli obiettivi del tasso di occupazione femminile– come aveva fatto l’Europa per il 2020; di quanto si vuole aumentare l’occupazione delle donne e entro quando?

- che sia sostenuto una grande piano nazionale contro la precarietà, modificando le attuali regole del mercato del lavoro, garantendo che a lavoro stabile corrisponda sempre una lavoratrice stabile, e non invece una lavoratrice a part time, con partita IVA o retribuita con voucher;

- che si controlli ogni forma di abuso per l’utilizzo del part-time come “obbligatorio” per le donne e dello smart working come strumento di flessibilità governata solo dall’impresa;

- che si garantiscano dignità, diritti, tempi di vita per tutte e tutti; - che vengano riconosciuti e finanziati i luoghi delle donne, perché luoghi politici femministi, di promozione di empowerment e di libertà femminile

A questi veri proprio punti programmatici se ne aggiunge un altro, emerso con forza dopo la vera e propria tragedia consumata in Afghanistan che vede le donne doppiamente colpite: “Per la prima volta da decenni ci saranno risorse da spendere, in un'Europa benestante e ingiusta – affermano le promotrici della manifestazione –. Non un euro per scelte di dominio e sfruttamento, non un euro per le armi. Tutte le risorse, tutte le nuove leggi, dal fisco al lavoro, dall’ambiente al welfare per curare il mondo, sanare le ingiustizie, restituire a chi ha perduto e sofferto”.

Secondo Susanna Camusso, responsabile politiche di genere della Cgil, l’appuntamento di sabato 25 settembre assume una rilevanza particolare perché “il mondo, il nostro Paese hanno mostrato tutte le loro fragilità e ingiustizie. Ognuna e ognuno vive grande incertezza e sa che tornare al passato, ‘alla normalità’ non è una risposta giusta; sarebbe riproporre diseguaglianza, discriminazione, incertezza. Per questo è essenziale esserci, prendere parola anche in piazza: il futuro senza cura di noi, del pianeta, del lavoro, della giustizia sociale sarà di nuovo il passato. Noi vogliamo la Rivoluzione della cura."

L’appuntamento, lo ricordiamo è alle 14.00 di sabato 25 settembre a Roma, a Piazza del Popolo, occorre essere in tante e tanti affinché la voce delle donne si alzi forte per prendersi cura del mondo.