L’Europa non può abbandonare i profughi afghani al loro destino: se si impedisce alle persone di viaggiare per chiedere protezione, se non si organizzano corridoi umanitari, se non si tratta con il governo talebano e con quelli confinanti, di fatto si lasciano centinaia di migliaia di donne, bambini, intere famiglie in mano ai trafficanti.

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Afghanistan, l'Europa fa finta di niente

Il Consiglio straordinario dell'Ue partorisce conclusioni deludenti che confermano le politiche di difesa dei confini e scaricano le responsabilità dei profughi sui paesi confinanti. Massafra (Cgil): "Inaccettabile, servono scelte coraggiose e strutturali"
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L’appello a intervenire con urgenza per garantire il diritto di asilo a quanti sono in fuga dal Paese mediorientale arriva dal Tavolo asilo e immigrazione, una vasta cordata di organizzazioni ed enti in rappresentanza della società civile e del terzo settore, di cui fa parte anche la Cgil, che nel suo ultimo comitato direttivo ha respinto e condannato l’atteggiamento di chi sul tema generale dei migranti continua dare risposte considerate contrarie ai basilari principi civili e democratici e di solidarietà. In un documento del Tavolo sono riassunte proposte e di richieste rivolte alla Ue e all’Italia ad agire con urgenza e a non voltarsi dall’altra parte, nell’attesa che la situazione si risolva da sola.

“Siamo tutti responsabili di quanto sta accadendo in Afghanistan – afferma Giuseppe Massafra, segretario confederale Cgil intervenendo alla conferenza di presentazione delle proposte del Tavolo asilo -. Queste responsabilità hanno radici lontane. Sono dei governi occidentali, convinti di poter esportare la democrazia, dell’Europa, che oggi vuole esternalizzare i suoi confini. E delle istituzioni, che non vogliono farsi carico del problema dell’accoglienza, in questa come nelle tante emergenze che stiamo vivendo”.

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Afghanistan, crisi umanitaria permanente

I dati forniti da istituti di ricerca internazionali e Ong permettono di ricostruire le varie fasi di un'emergenza che ha radici lontane. Nel Paese 5 milioni di sfollati interni, 280mila vittime civili in 30 anni, 18 milioni e mezzo oggi senz'acqua, cibo o cure mediche. Più della metà sono bambini
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I numeri di questa tragedia annunciata sono noti: 5 milioni di sfollati interni negli ultimi 20 anni (dati Oim), a cui se ne sono aggiunti centinaia di migliaia nelle ultime settimane, 1.600 civili morti e 3.500 feriti nei primi sei mesi del 2021, quasi 11 milioni di cittadini in stato di grave crisi alimentare, senza accesso ad acqua e cibo sicuri, 700 mila richieste di asilo presentate all’Unione in questi dieci anni. Che cosa hanno fatto il Consiglio Ue dei ministri degli Interni per tutta risposta? Hanno escluso un impegno degli Stati membri ad accogliere i cittadini afghani in fuga, scaricando l'onere sui Paesi limitrofi.

“Occorre invece intervenire con la realizzazione di un ampio programma di trasferimenti e ricollocamenti degli afgani da attuarsi anche dai Paesi di transito, con un’iniziativa che garantisca l’equilibrio degli sforzi tra gli Stati – precisano i rappresentanti del Tavolo asilo -. Va fatto inoltre ogni sforzo per garantire una maggiore sicurezza ai 39 milioni di afghani rimasti, senza distinzione di genere, religione, etnia o orientamento politico, e per assicurare un’adeguata assistenza umanitaria alla popolazione, attraverso il supporto e il finanziamento dei progetti a tutela dei diritti umani, contribuendo in maniera efficace e coordinata alla risposta umanitaria globale”.

Tra le altre richieste, l’attuazione completa della direttiva 2011/55 per fornire tutela immediata e temporanea a quanti si trovano a dover lasciare il territorio, l’accesso all’Ue e alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale, la sospensione dei dinieghi, dei rimpatri e dei respingimenti, così come richiesto dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Per il Tavolo asilo anche l’Italia deve fare la sua parte. Come? Snellendo le procedure per il rilascio dei visti di ingresso: per esempio, per il ricongiungimento familiare basterebbe trasferire ai consolati italiani dei Paesi limitrofi le relative competenze, o anche si potrebbe favorire l’arrivo e l’accoglienza di studenti universitari, o ancora facendo rientrare cittadini titolati di permesso di soggiorno in Italia ma che sono bloccati lì per varie ragioni.

“Il governo dovrebbe intervenire attraverso provvedimenti che possano favorire il riconoscimento dello stato di profugo – conclude Massafra -. Ad Asti, solo per fare un esempio, si sta cercando di risolvere il problema di venti afghani che vorrebbero il ricongiungimento ma che non riescono a ottenere il visto. L’Italia chiede il passaporto ma molti cittadini afghani non ce l’hanno. Bisogna sburocratizzare le procedure, snellirle. E poi scegliere e attuare un modello di accoglienza che funziona, quello dell’accoglienza diffusa. La rete dei sindaci ha risposto all’emergenza in modo trasversale, in molti si sono detti disponibili, anche presidenti di Regione. Chiediamo al governo l’attivazione di questi processi e, in seconda battuta, di quelli di integrazione”.