L’incontro con i sindacati sulla manovra a Palazzo Chigi è fissato per oggi pomeriggio, 9 ottobre, in Sala Verde alle 16:30. Dalla timeline del governo però sembra difficile che si possa trattare di una seria interlocuzione e non ricalchi piuttosto il modus operandi cui ci ha abituato il governo Meloni che chiama i sindacati al tavolo per comunicare decisioni già prese. L’intento del governo sarebbe infatti quello di chiudere la manovra, insieme al Documento programmatico di bilancio, entro mercoledì 15 e la prossima riunione del consiglio dei ministri è fissata per lunedì 13. Tempi un po’ stretti per immaginare una trattativa.

Le proposte presentate dalla Cgil

MAURIZIO LANDINI, SEGRETARIO GENERALE CGIL
MAURIZIO LANDINI, SEGRETARIO GENERALE CGIL
MAURIZIO LANDINI, SEGRETARIO GENERALE CGIL (IMAGOECONOMICA)

La Cgil mercoledì in una conferenza stampa di Maurizio Landini ha indicato la sua ricetta per il Paese. L’obiettivo è quello di restituire potere d’acquisto a lavoratori e pensionati attraverso due leve, i salari e il fisco. I salari per il Quadrato rosso devono crescere e recuperare l’inflazione, sia agendo in sede di rinnovo, sia stanziando risorse in bilancio per quel che riguarda i contratti dei pubblici, sia detassando gli aumenti. Il secondo strumento per la Cgil è quello di una vera riforma fiscale che permetta un’equa redistribuzione. Tra le proposte illustrate da Landini che in queste ore hanno alzato la polemica politica c’è quella di un contributo di solidarietà da chiedere ai grandi patrimoni per creare un extra gettito di 26 miliardi di euro, conti alla mano di Corso Italia, da reinvestire sul welfare.

La riunione della maggioranza

LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI, GIANCARLO GIORGETTI MINISTRO ECONOMIA
LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI, GIANCARLO GIORGETTI MINISTRO ECONOMIA
LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI, GIANCARLO GIORGETTI MINISTRO ECONOMIA (IMAGOECONOMICA)

L’8 ottobre, mentre la Cgil annunciava le proprie proposte, i leader della maggioranza si sono riuniti per due ore. Al tavolo la premier Giorgia Meloni, i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, e il leader di Noi Moderati, Maurizio Lupi, insieme al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. A parole e a promesse il focus del governo si concentrerebbe su ceto medio, lavoro e famiglie.

In realtà le premesse concrete, dopo gli accordi internazionali, parlano un’altra lingua: economia di guerra e riarmo. E il generico intento del ministro Giorgetti di non tagliare sanità e welfare per onorare le intese e aumentare le spese per la difesa sembrano davvero scritte sull’acqua. Secondo i calcoli della Cgil portare gli investimenti sul riarmo dal 2 al 5% del Pil significa spendere 900 miliardi di euro in più per i prossimi dieci anni. Considerando che –  lo ha ricordato, non ultima, la Fondazione Gimbe in queste ore – non basta smettere di tagliare sulla sanità, ci vogliono soldi da investire, dove andrebbe a prenderli il governo? Considerando anche che da via XX Settembre si continua a parlare con prudenza di “uso accorto delle risorse e di sostenibilità dei conti”.

In uno scenario internazionale che assomiglia a un mare in tempesta, tra conflitti, rischi di fiammate inflattive e il grande iceberg dei dazi di Trump con cui tutti dovremo fare i conti, la strada è davvero stretta e le aspettative molto ridotte. L’idea paventata da Giorgetti di chiedere un contributo alle banche – “nessun istinto punitivo” si è affrettato a precisare – la dice lunga su quanto sia corta la coperta. Se il buongiorno si vede dal mattino…

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