“Questa è una manovra che depotenzia il sistema dei servizi pubblici nel suo complesso”. È fermo e lapidario il segretario generale Fp Cgil Federico Bozzanca nel commentare la legge di bilancio all’esame del Parlamento.

Un depotenziamento che deriva dalla riduzione del potere d’acquisto delle buste paga dei dipendenti pubblici, dalla penuria di investimenti per i rinnovi dei contratti, dai tagli agli enti locali, dalla mancanza di risorse per il piano di assunzioni di cui tanto si parla ma non si attua.

“In gioco c’è la possibilità di dare un futuro al Paese”, ha commentato il segretario generale Cgil Maurizio Landini intervenendo alla Assemblea generale della Confederazione dello scorso 7 novembre: “Il governo ha un disegno preciso, quello di ridurre i servizi pubblici per privatizzare i diritti dei cittadini e delle cittadine”.

Tagli, e ancora tagli

A leggere tutti gli articoli della legge di bilancio il disegno di Meloni e del suo governo appare chiaro: unico capitolo di investimento è la difesa e quindi il riarmo, e tutto il resto niente. E in questo niente c’è la riduzione di tutto ciò che è pubblico.

Basti pensare che la manovra prevede un taglio lineare nei confronti dei ministeri di ben sette miliardi in tre anni (è bene ricordare che l’intero ammontare della manovra è soltanto di 18,7 miliardi), che si sommano agli otto del triennio precedente. “Le stesse risorse – riprende Bozzanca – che vengono sottratte ai servizi pubblici, agli investimenti pubblici e, più in generale, a una valorizzazione seria e strutturale del lavoro”.

Poveri salari

Ancora: dove è la coerenza se la detassazione degli aumenti contrattuali per i redditi fino a 28 mila euro annui – parziale e limitata, ma comunque c’è – vale solo per i lavoratori e le lavoratrici privati ma non per quelli pubblici? Eppure, gli aumenti contrattuali imposti dal governo ai settori pubblici sono sotto il 6 per cento, ben 10 punti percentuali in meno della perdita di potere d’acquisto delle buste paga. Ed è bene ricordare che il salario medio della maggior parte dei dipendenti pubblici non supera quella soglia, ed è quindi basso.

Se non sono tagli, sono briciole

Ma non finisce qui. “L’intervento per ridurre all’1 per cento l’aliquota sostitutiva sui premi di produttività non viene estesa al settore pubblico, mentre si prevede per i pubblici una detassazione per il solo salario accessorio entro il limite annuo di 800 euro”, illustra uno studio della Fp Cgil.

“Quest’ultima – si legge ancotra – consentirà un risparmio per le lavoratrici e i lavoratori pubblici con reddito fino a 28 mila euro annui per ben 5,33 euro al mese, mentre per chi ha un reddito fino a 50 mila euro annui il risparmio sarà di 12 euro al mese”. Non si capisce se è una presa in giro, oppure no.

Salario e lavoro dignitoso

Le risorse servono anche per far crescere professionalmente il personale e per valorizzare le diverse competenze. Bozzanca ritiene la legge di bilancio “ampiamente insufficiente nel determinare un cambiamento positivo nelle dinamiche retributive e di valorizzazione professionale del pubblico impiego”.

Per il leader Fp vengono “confermati gli stanziamenti insufficienti delle risorse messe a disposizione dei rinnovi contrattuali determinati senza alcun confronto con le organizzazioni sindacali rappresentative e con il solo obiettivo di far quadrare i conti secondo le nuove regole di bilancio europee accettate dal governo italiano. In più non viene prevista alcuna clausola di salvaguardia per determinare la riapertura della trattativa con stanziamenti di risorse aggiuntive qualora l’inflazione dovesse essere maggiore di quella programmata nel medesimo triennio di riferimento”.

Comuni e Regioni

A influire sulla riduzione dei servizi pubblici sono anche i tagli agli enti locali che non consentono a sindaci e presidenti di Regione di assicurare ai propri cittadini i servizi di cui avrebbero diritto. Se ne sono lamentate le associazioni Anci, Upi e Conferenza delle Regioni in sede di audizione in Senato. Ma anche in questo caso il governo non ha battuto un colpo. “Questa è una manovra di austerità che ricava risorse dal sistema delle autonomie”, aggiunge Bozzanca: “Meno risorse al sistema delle autonomie significa complessivamente meno servizi ai cittadini”.

La salute? Dimenticata

È appena stato siglato il contratto per il comparto sanità, la Fp Cgil non lo ha firmato perché quella firma sancisce l’impoverimento programmato di infermieri, terapisti della riabilitazione e degli altri operatori e operatrici sanitari. Ma c’è di più: la manovra riduce il rapporto tra fondo sanitario e pil portandolo alla fine del triennio sotto il 6 per cento, mai è stato così basso.

E non solo si riducono le risorse a disposizione del Fondo sanitario, si prevede lo stanziamento per l’assunzione di solo 5mila infermieri, a fronte della necessità di ben oltre 60 mila assunzioni. Altro che piano straordinario di assunzioni di cui si sono perse le tracce.

La cartina di tornasole del disinvestimento

La controprova di quanto detto sta in alcuni numeri. La legge, ad esempio, impone che vi sia un consultorio familiare ogni 20 mila abitanti, mentre oggi (se va bene) se ne contano uno ogni 35 mila, con grandissime differenze territoriali. Ebbene, continua a mancare il rafforzamento della rete territoriale dei consultori familiari pubblici, insieme all’insufficienza delle risorse per assumere il personale che dovrebbe riempire le attività degli investimenti straordinari del Pnrr per la costruzione di asili nido.

Ed è opportuno ricordare che le revisioni del Piano hanno colpito proprio i servizi pubblici, dagli asili nido che hanno subìto il taglio di oltre 100 mila posti dai 264 mila inizialmente previsti, alle le case e gli ospedali di comunità, anch’essi tagliati e privati delle risorse necessarie per riempire di personale queste strutture.

Un paradosso pericoloso

Con i fondi del Pnrr si sono assunti 12 mila laureati in giurisprudenza per andare a costituire l’Ufficio per il processo, strumento ritenuto da tutti assai importante per lo snellimento e la riduzione dei tempi dei processi. Ebbene, in manovra non c’è un euro per la loro stabilizzazione.

E mentre si parla di riforma costituzionale della magistratura, che non porterà alcun vantaggio ai cittadini e per questo è opportuno votare “no” al referendum confermativo, si corre seriamente il rischio che 12 mila persone preziosissime da luglio 2026 vadano a casa, lasciando i tribunali in grandi difficoltà.

No all’economia di guerra

“Questa è una manovra che, per ragioni differenti dal passato, ha sposato nuovamente le politiche di austerity e che sta penalizzando fortemente tutti i nostri settori”, conclude il segretario generale Fp Cgil Bozzanca: “Una manovra che restringe ulteriormente il perimetro pubblico e imbocca la strada della privatizzazione dei servizi e della sanità. E si sta facendo tutto questo in nome della corsa al riarmo. Noi non ci stiamo, vogliamo che la manovra venga cambiata: lo grideremo a gran voce e a braccia incrociate con lo sciopero generale indetto dalla Cgil per il prossimo 12 dicembre”.

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